DATAVIRUS: la curva rallenta, ma di quanto?
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CoVid-19
DATAVIRUS: Attenti: la ”immunità di gregge” è lontana
Matteo Villa
27 novembre 2020

 

Un italiano su dieci ha avuto COVID-19, ma meno di un quarto di queste persone lo ha saputo nel corso dell’infezione perché risultato positivo al tampone. È ciò che scopriamo dopo aver aggiornato le nostre stime sul tasso di prevalenza di COVID-19 in Italia da inizio epidemia, ovvero su quante persone entrate in contatto con il virus SARS-CoV-2 si sono poi probabilmente infettate. Molte di loro non avranno avuto sintomi riconoscibili, o saranno state paucisintomatiche. Alcune di loro, pur sintomatiche, avranno scelto di non sottoporsi a un test molecolare. Altre ancora non avranno avuto l’occasione di sottoporsi al test nei momenti di maggiore difficoltà per il sistema sanitario italiano.

 

Fatto sta che, secondo stime che abbiamo aggiornato a lunedì 23 novembre (tenendo conto anche della distribuzione per età delle persone infettatesi nel corso del tempo), da inizio epidemia a oggi circa 6,2 milioni di italiani hanno o hanno avuto COVID-19: il 10,2% della popolazione. Ovviamente sarebbe scorretto fare una semplice stima puntuale: l’intervallo di confidenza del 95% della nostra stima varia da un minimo di 4,5 milioni (7,5% della popolazione) a un massimo di 7,2 milioni (11,9%).

 

Questo intervallo può essere confrontato con il numero ufficiale di persone risultate positive al nuovo coronavirus in Italia lo scorso 23 novembre, che ammontava a poco più di 1,4 milioni. Insomma, solo tra il 20% e il 31% delle persone positive (con una stima centrale del 23%) ha saputo di aver contratto l’infezione; tre su quattro hanno al più potuto sospettarlo, e in molti casi non se ne saranno neppure accorte, diventando vettori asintomatici ma non necessariamente non contagiosi.

 

Un secondo dato che emerge osservando la stima su tutta Italia è che, proprio questa settimana, il numero di persone che avrebbero contratto l’infezione nel corso della prima ondata (entro il 31 luglio 2020) e quello di chi lo avrebbe contratto nel corso della seconda ondata (dal 1° agosto in avanti) sarebbe quasi identico: in entrambi i casi si tratterebbe di circa 3,1 milioni di persone, circa il 5% della popolazione italiana.

 

Livelli di prevalenza intorno al 10% indicano che, malgrado due violente ondate di infezioni sul territorio italiano, siamo ancora molto lontani da una possibile “immunità di gregge”, o anche semplicemente da un rallentamento della capacità infettiva del virus grazie a un numero sufficientemente elevato di persone immuni nella popolazione generale. Il dato va peraltro affiancato all’osservazione che sono ormai trascorsi circa otto mesi dal picco delle infezioni della prima ondata (fine marzo), e che gli anticorpi al nuovo coronavirus – così come quelli di molti altri coronavirus – sembrano decadere piuttosto rapidamente, rendendo molto difficile capire se e quanto una persona esposta all’infezione nella prima parte del 2020 possa considerarsi ancora immune oggi, in particolare in casi di infezione asintomatica o paucisintomatica.

 

In ogni caso, per parlare di possibili immunità o anche solo per capire come si sia evoluta l’infezione sul territorio italiano è bene osservare anche la distribuzione regionale dell’epidemia. È ciò che fa la figura in alto, riportando i livelli di prevalenza probabili del nuovo coronavirus per ciascuna delle 21 Regioni e Province autonome italiane: il pallino è la stima puntuale, mentre la linea verticale rappresenta l’intervallo di confidenza del 95%. Il grafico rappresenta due dati: la proporzione di persone che vive in una Regione e che si è probabilmente infettata dall’inizio dell’epidemia (in blu), e quella che invece si sarebbe infettata nel corso della seconda ondata (in arancione). Ovviamente, stiamo supponendo che nessuna persona infettatasi nel corso della prima ondata si sia poi reinfettata nel corso della seconda.

 

Possiamo notare una serie di cose interessanti. Innanzitutto, guardando i dati in blu da inizio pandemia, si può constatare come solo in due Regioni italiane si sarebbe infettata più di una persona su cinque. Si tratta di Valle d’Aosta e Lombardia: nel primo caso la stima puntuale è che da inizio epidemia si sia infettato ben il 28% della popolazione regionale, mentre nel caso lombardo ci si fermerebbe al 22%. In sette Regioni o Province autonome su 21, la migliore stima di prevalenza supera il 10%, e in altri cinque casi la stima è di poco inferiore.

 

Ci sono poi altre 9 Regioni italiane, tutte situate nel Centro-Sud Italia, in cui la prevalenza si aggirerebbe intorno al 5% della popolazione. Come si può notare dalla vicinanza tra i pallini in blu e quelli in arancione, queste 10 Regioni con tassi di prevalenza intorno al 5% sono anche quelle che erano state meno toccate dall’infezione nel corso della prima ondata, grazie al lockdown nazionale. Al contrario, è interessante notare come le Marche, e in second’ordine l’Emilia-Romagna e Trento, tre Regioni e Province autonome che erano state fortemente coinvolte nella prima ondata di contagi, siano state “risparmiate” dalla seconda ondata in misura maggiore rispetto ad altre Regioni (il pallino arancione è più basso rispetto ai loro “vicini” a destra e a sinistra).

 

In conclusione, al termine di due ondate che hanno messo in profonda crisi il sistema sanitario nazionale – saturando le terapie intensive del Nord Italia nel corso della prima ondata, e oggi portando vicine alla saturazione terapie intensive e reparti ordinari di molte Regioni – solo il 10% degli italiani ha incontrato il virus in quantità sufficiente da infettarsi. Il rischio è che un allentamento delle restrizioni in queste settimane, altamente probabile per evitare ulteriori danni all’economia del Paese, consenta al virus di tornare a circolare in maniera sostenuta e molto rapidamente, incontrando scarsa “resistenza” da parte della piccola quota di popolazione probabilmente immune (tra il 5% e il 10% degli italiani, a seconda della durata supposta dell’immunità acquisita).

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Matteo Villa
ISPI Research Fellow Europa e Governance globale

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