Strano a dirsi, in Italia le cose non stanno andando così male. È vero, le vaccinazioni procedono a rilento, con forniture tagliate che a oggi non permettono all’Italia di superare la quota del 2,5% degli abitanti cui sia stata somministrata almeno la prima dose (circa l’1,5% è stato pienamente vaccinato, richiamo compreso). E sì, è vero, il numero di decessi quotidiano di positivi a SARS-CoV-2 continua a essere molto più alto rispetto alle previsioni che avremmo potuto fare nella seconda metà di dicembre scorso, con una media settimanale ferma sopra quota 400 (giovedì eravamo a 409) anziché i previsti 150 decessi al giorno.
Ma la curva dei decessi sembra continuare la sua lenta discesa, e quella dei nuovi casi plausibili (stimata settimanalmente da ISPI includendo anche i casi di infezione non rilevata) sembra essersi stabilizzata intorno alle 250.000 infezioni alla settimana. Un numero elevato, ma non in crescita, come potevamo temere accadesse e come è nei fatti accaduto nel Regno Unito, in Irlanda, in Spagna e in Portogallo. Va tutto bene, dunque? Non proprio, anzi, qualche nuvola si approssima all’orizzonte e ci obbliga a mantenere molto alta la guardia.
Cosa ha permesso all’Italia di abbassare la circolazione virale rispetto ad altri Paesi? Molto probabilmente una delle ragioni va ricercata nella bassa prevalenza delle varianti del virus più trasmissibili, come la famosa variante inglese (B.1.1.7), quella sudafricana (B.1.351) e quella brasiliana (P.1). L’incredibile rapidità con la quale le infezioni sono riprese nel Regno Unito, non appena Downing Street ha allentato le restrizioni, ha dimostrato quanto siano pericolose le mutazioni che aumentano la trasmissibilità delle infezioni.
Ma, oltre a questo, c’è da riconoscere che al momento le misure di contenimento adottate in Italia sembrano stare avendo l’effetto desiderato, ovvero quello di rallentare in maniera efficace la circolazione virale.
Il grafico qui in alto mostra l’effetto delle misure di contenimento sulla mobilità generale in Italia, misurata come la variazione della frequenza con cui le persone si sono recate alle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico in Italia. Come si può facilmente notare, il lockdown nazionale aveva ridotto la mobilità in Italia di oltre l’80% rispetto allo stesso periodo del 2019. I livelli di mobilità sono poi rapidamente risaliti con l’allentamento del lockdown stesso e l’arrivo della bella stagione, anche se non hanno mai recuperato gli interi livelli perduti, assestandosi al massimo intorno a un -20%. Ciò che a noi interessa, tuttavia, è cosa sia successo nel corso della seconda ondata. Di nuovo, è ben visibile l’effetto delle misure di contenimento adottate in Italia con il DPCM del 24 ottobre e poi più compiutamente con l’istituzione delle cosiddette “zone colorate” il 3 novembre.
A metà novembre, con l’ingresso in zona rossa di ben 7 Regioni e Province italiane su 21, la mobilità in Italia si era ridotta di circa il 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche in questo caso, sebbene in maniera più graduale, l’effetto sulla trasmissione virale e di qui sui decessi è stato netto: dopo aver toccato il picco settimanale (739) a inizio dicembre, il numero di decessi ha cominciato a scendere più o meno alla stessa velocità della prima ondata. Tuttavia, il rapido rilassamento delle misure già dal 6 dicembre (nessuna Regione in zona rossa, 12 in zona gialla) e poi più decisamente il 13 dicembre (16 Regioni in zona gialla) aveva provocato un “miniboom” prenatalizio nella mobilità degli italiani, fortunatamente compensato dal calo fatto registrare a Natale e Capodanno grazie all’istituzione delle zone rosse. Di qui, molto probabilmente, la brusca frenata nel rallentamento dei decessi, che si sono assestati su un plateau molto elevato per diverse settimane.
In conclusione, il forte legame che continua a sussistere tra la mobilità degli italiani e la circolazione virale ci dice due cose. La prima è una buona notizia: la stretta di Natale sembra essere stata provvidenziale a evitare il precipitare della situazione nella prima parte di gennaio. La seconda, invece, deve servire da monito: verso la fine di gennaio la mobilità degli italiani è tornata a crescere, sembra rapidamente. I dati si fermano al 31 gennaio, proprio il giorno prima di quello in cui, il 1° febbraio, le Regioni in zona rossa scendevano da due a zero mentre quelle in zona gialla da 5 a ben 17 (mentre solo 4 rimanevano in zona arancione). Il rischio davanti a noi, dunque, è molto chiaro: quello che, come accaduto a dicembre, un rapido aumento della mobilità degli italiani possa compromettere tutti i progressi che abbiamo fatto negli ultimi due mesi.