DATAVIRUS: Vaccini, quei due mesi persi dall’Italia | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

DATAVIRUS: Vaccini, Italia al bivio

Matteo Villa
19 marzo 2021

 

La strategia vaccinale italiana dipende molto dalle consegne future dei singoli fornitori. Ma l’Europa alla fine dell’anno scorso ha fatto una scommessa, puntando per la prima parte dell’anno soprattutto sui vaccini prodotti da Pfizer e da AstraZeneca, e anche il successo del nuovo piano vaccinale italiano dipenderà da consegne puntuali e rispettate da parte delle due case farmaceutiche. Ma com’è andata fino ad ora sul piano delle consegne? E cosa ci dice del futuro più prossimo della campagna vaccinale in Italia?

Innanzitutto, il grafico in apertura ci dà una buona notizia: le consegne del vaccino Pfizer sono in linea con le aspettative, ed è possibile che entro fine mese arrivino quasi tutte le dosi inizialmente previste dal piano vaccinale italiano. Considerato il contesto si tratta di un grande successo, anche alla luce del taglio che sembrava prospettarsi a gennaio. Probabilmente ci ha salvato anche la possibilità per Pfizer di ridurre del 20% le fiale (non dosi) consegnate da fine gennaio, dopo che era stato chiarito che dalle fiale consegnate si sarebbe potuta estrarre una sesta dose rispetto alle cinque previste.

Purtroppo, il grafico in alto ci dà anche diverse cattive notizie. Innanzitutto, ci dice che dei quattro vaccini previsti in consegna nel primo trimestre (per un totale di 19 milioni di dosi) quello sviluppato dalla tedesca CureVac è rimasto a zero. Un taglio “automatico” di 2 milioni di dosi, ovvero dell’11% del totale previsto. D’altronde non avrebbe potuto che essere così, dal momento che la rolling review per l’approvazione del farmaco da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) è cominciata solo il 12 febbraio e che ormai non ci si attende che il vaccino arrivi in Italia prima del secondo semestre del 2021.

Ma sul banco degli imputati si trova soprattutto il vaccino sviluppato da AstraZeneca. Le consegne ricevute dall’Italia sinora ammontano infatti a meno di 2,5 milioni di dosi, ovvero solo il 31% delle 8 milioni di dosi che il piano vaccinale di inizio gennaio prevedeva che l’Italia avrebbe ricevuto entro fine trimestre. E, malgrado manchino ancora quasi due settimane prima del termine del trimestre, se il trend dell’ultimo mese dovesse proseguire inalterato potremmo forse giungere a 3,5 milioni di vaccini consegnati dalla casa farmaceutica entro fine marzo. Si tratterebbe comunque di un taglio del 55% rispetto alle forniture inizialmente previste.

Quella del vaccino AstraZeneca è stata una storia travagliata sin dagli esordi. I trial avevano fornito risultati inizialmente discordanti: da un lato, il vaccino sembrava proteggere dall’infezione più con una dose e mezza che con due dosi; dall’altro, dai trial non era chiaro se il vaccino sarebbe stato efficace proprio per la classe di età più a rischio dall’infezione, ovvero gli over-65. Malgrado a fine gennaio nel concedere l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata l’EMA lo avesse raccomandato per tutte le classi d’età, l’Italia ha inizialmente limitato l’uso del vaccino AstraZeneca ai soli under-55. Meno di un mese dopo, il 22 febbraio, il Ministero della Salute ha alzato l’asticella fino ai 65 anni di età. E solo due settimane più tardi, l’8 marzo, lo stesso Ministero ha infine dato il via libera al suo utilizzo per gli over-65.

Infine, come sappiamo, negli ultimi dieci giorni una serie di paesi europei ha sospeso la somministrazione del vaccino per timore che ci fosse una correlazione tra le iniezioni ed episodi di trombosi verificatisi nei giorni successivi, finché proprio ieri l’EMA ha nuovamente dichiarato che il vaccino è ritenuto sicuro e che i benefici della vaccinazione sono superiori ai rischi.

Nel frattempo, mentre l’Europa torna rapidamente a somministrare il vaccino sospeso, dall’India giunge la notizia che ci sarà un ritardo nella consegna di 5 milioni di vaccino AstraZeneca al Regno Unito. Nazionalismo a cascata, con il governo di New Delhi che chiede all’indiano Serum Institute di anticipare le consegne nazionali, causando ritardi nella pur rapidissima campagna vaccinale britannica, e amplificando i rischi che la contesa tra Londra e Bruxelles si accenda ulteriormente. Già perché nel frattempo, se in Italia sono giunte solo 2,5 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca, è perché l’intera UE a 27 ne ha ricevute meno di 15, praticamente pari a quelle ricevute dal solo Regno Unito. Il che significa che, pro capite, i britannici avrebbero ricevuto 6 dosi per ogni dose che è stata consegnata su suolo europeo.

E così, mentre la Presidente della Commissione europea minaccia di imporre controlli alle esportazioni o, addirittura, di requisire le fabbriche che producono il vaccino AstraZeneca in Belgio, per l’Italia si avvicina la necessità di rivedere la propria strategia vaccinale. Nel primo trimestre abbiamo ricevuto solo 9,6 milioni di dosi rispetto alle 19,2 milioni previste. Con le ultime consegne potremmo salire intorno agli 11,8 milioni, un taglio di quasi il 40% rispetto a quanto preventivato. E, viste le nuvole che si approssimano all’orizzonte, rischiamo di avere meno dosi più a lungo.

Questo significa scegliere. O ci concentriamo sin da subito sulle persone a rischio – per classe d’età e patologie pregresse –, oppure ci rassegniamo a dover trascorrere un periodo più lungo con un gran numero di persone fragili ancora suscettibili di contrarre la malattia. Tutto considerato, non sembra difficile immaginare quale delle due alternative sia quella preferibile.

Contenuti correlati: 
Global Watch Coronavirus: Speciale Geoeconomia n.48

Ti potrebbero interessare anche:

The Future of Urban Mobility After Covid19
Tobia Zevi
ISPI
How the Pandemic Changed Urban Mobility Worldwide
Tobia Zevi
ISPI
,
Chiara Gesmundo
ISPI
Cina: zero Covid, zero petrolio?
Cina: i costi della guerra (a Omicron)
L'impennata energetica dopo i lockdown
Dopo 2 anni di pandemia, l'Africa è ancora senza vaccini

Tags

coronavirus datavirus
Versione stampabile
 
EU GREEN DEAL

AUTORI

Matteo Villa
ISPI

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157