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Il mondo che verrà: 10 domande per il 2021
Debito: una leggerezza insostenibile?
Jean-Claude Trichet
28 Dicembre 2020

Stiamo vivendo un momento senza precedenti. Meno di un anno fa la pandemia ha scatenato la peggiore crisi economica e finanziaria di sempre. Alla fine del 2020 il mondo si trova in una posizione di forte indebitamento. La mia comprensione dei problemi del debito si basa sull’esperienza personale.

Negli anni '80 e all'inizio degli anni '90, in qualità di presidente del Club di Parigi, mi sono trovato a gestire la crisi latinoamericana, quella del debito polacco, egiziano e sovietico. Ero presidente della Banca Centrale Europea quando è scoppiata la grande crisi finanziaria tra il 2007 e il 2011. In queste crisi ho riconosciuto uno schema: la presenza di tre episodi.

Episodio 1: prima del manifestarsi della crisi, l'atmosfera era di euforia. Un esempio emblematico dell'episodio 1 è stata la “Grande Moderazione”, accompagnata da un largo consenso sull'efficienza dei mercati finanziari in ogni circostanza. Un periodo segnato dalla convinzione che i cicli economici fossero stati eliminati, di benevola negligenza nei confronti del rapido accumulo del debito pubblico e privato.

L'episodio 2 inizia con lo scoppio della crisi finanziaria: Messico nell’agosto 1982 e Lehman Brothers nel settembre 2008. Nel giro di pochi giorni, l'analisi finanziaria tradizionale mostra una brusca inversione di tendenza. L’eccesso di debito pubblico e privato è riconosciuto come la causa principale della crisi. Hyman Minsky e la sua ipotesi di instabilità finanziaria, ignorati fino a poco prima della crisi, diventano di gran moda. Agli attori economici e agli operatori di mercato si raccomanda di prestare attenzione ai rischi associati a un uso eccessivo della leva finanziaria. La comunità internazionale si focalizza, giustamente, sulla prudenza finanziaria, ma le tentazioni del debito permangono. Non è facile creare una solida e persistente cultura di gestione del rischio nel settore privato. I governi sono sul punto di cedere nuovamente alla tentazione di emettere altro debito per finanziarsi. Nel giro di poco tempo, l'episodio 3 è pronto ad iniziare.

Nell'episodio 3, il ricordo della crisi sta progressivamente svanendo. Gli "spiriti animali" keynesiani tornano alla ribalta ed è impossibile resistere all’accattivante richiamo della leva finanziaria. La resistenza è tanto più difficile poiché le raccomandazioni di molti economisti tornano a fare riferimento all'episodio 1. Tra l’ultima grande crisi finanziaria e l’arrivo della pandemia torna in voga una nuova argomentazione, l'ipotesi, cioè, che i tassi d'interesse reali e nominali resteranno estremamente bassi molto a lungo e che quindi si potrà aggiungere un alto livello di leva a quella esistente, a prescindere dal punto di partenza dell'indebitamento.

La pandemia arriva sul finale del terzo episodio della grande crisi finanziaria. Vista in una prospettiva globale, la questione già estremamente complessa del debito durante la pandemia assume una triplice forma.

In primo luogo, nei dieci anni precedenti, il debito pubblico e privato in essere è aumentato in modo rilevante. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, a partire dalla grande crisi finanziaria il debito globale è aumentato di circa il 30%, passando dal 195% del PIL al 225% nel 2019. L'Istituto della finanza internazionale (IIF), utilizzando una metodologia diversa riscontra, per lo stesso periodo, un aumento del debito di circa il 20% del PIL mondiale, dal 300% al 320%.

In secondo luogo, grazie alle risposte estremamente tempestive e coraggiose delle banche centrali e dei governi, la maggior parte delle economie ha evitato un'immediata e drammatica depressione. Le banche centrali, i governi e i parlamenti devono essere ringraziati per le azioni rapide e imprescindibili che hanno messo in atto.  Il prezzo da pagare è stato, tuttavia, un ulteriore e inaudito livello di debito nel contesto della recessione globale del 2020. Secondo l’Istituto della finanza internazionale, l’effetto combinato di un forte aumento del numeratore (debito globale), di una diminuzione del denominatore (PIL globale) e la presenza delle condizioni di stress generate dalla recessione potrebbe portare ad un balzo in avanti del debito, che passerebbe dal 320% dello scorso anno al 365% del 2020.

In terzo luogo, contrariamente a quanto osservato nella crisi precedente, l'insorgenza della pandemia non ha richiesto il passaggio a un "episodio 2", ossia a un'inversione di rotta da parte dell'analisi finanziaria tradizionale con il conseguente riconoscimento che l’eccesso di debito fosse insostenibile. La ragione è semplice, la crisi pandemica è completamente esogena, è un problema puramente sanitario. La causa immediata delle nostre attuali e forti difficoltà non è una crisi del sistema finanziario. Questo spiega perché molti economisti restano dell'opinione che tassi di interesse molto bassi e politiche monetarie molto accomodanti per un periodo di tempo molto lungo possano non solo consentirci di far fronte all'attuale debito, ma forse anche aiutarci a finanziare ulteriormente la spesa pubblica ed eventuali disavanzi.

Per essere chiari, io penso che ciò sia del tutto errato. La convinzione che la questione del debito possa essere progressivamente diluita nel tempo, grazie a politiche monetarie e finanziarie straordinariamente accomodanti presenti e future, è un'illusione. Anche prima della pandemia, era chiaro che le economie avanzate presentavano una modalità di funzionamento insostenibile nel lungo periodo. Attraverso coraggiose riforme strutturali, queste economie si sono trovate a correggere la propria traiettoria, provvedere a un riassetto della produttività, incrementare il potenziale di crescita, fare i conti con un aumento dell’inflazione e convivere con tassi di interesse reali e nominali più alti. Ciò è ancora più vero in presenza della pandemia.

Detto questo, quali sarebbero le principali raccomandazioni nelle attuali circostanze? Ne vedo tre.

In primo luogo, la comunità internazionale non può permettersi di essere divisa come negli ultimi quattro anni, una cooperazione globale attiva, determinata e fiduciosa è essenziale. Senza una sana governance globale, soprattutto all'interno del G20, presieduto dall'Italia nel 2021, non sarà possibile risolvere il problema del debito globale.

In secondo luogo, la prima priorità a livello globale è quella di aiutare le numerose economie vulnerabili dei paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi a basso reddito (LIC). Le raccomandazioni del recente rapporto del G30 [1] sono molto pertinenti, in particolare: la delibera da parte del FMI su due nuove allocazioni di diritti speciali di prelievo (DSP) da 500 miliardi di dollari; la capacità della Banca Mondiale di estendere la propria capacità concessoria; la gestione tempestiva del debito dei LIC da parte dei creditori sulla base di conferimenti comparabili.

In terzo luogo, le economie avanzate hanno una responsabilità particolare.  Sono riuscite a fare bene, per sé e per l'economia globale, a contrastare la crisi in modo vigoroso ed efficace. Dovrebbero amministrare il proprio debito in modo responsabile, mediante una sana gestione sia in ambito pubblico che privato, con l'obiettivo di ridurne l’entità come percentuale del PIL, in modo graduale ma costante.  Solo così i risparmiatori globali, gli investitori e gli operatori di mercato potranno mantenere la fiducia anche in un periodo caratterizzato da un livello assoluto di debito molto elevato. D'altra parte, sarebbe un disastro annunciato se le economie avanzate pensassero di ricorrere al finanziamento monetario permanente di un debito pubblico in costante espansione o sperassero nella sua cancellazione da parte delle banche centrali. Un indebitamento senza limiti, non basato sul merito creditizio e sulla fiducia valutaria è già fallito in partenza. La fiducia del resto del mondo non è garantita a prescindere dal comportamento delle economie avanzate.

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Franco Bruni
Vice Presidente ISPI

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Geoeconomia Europa
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AUTORI

Jean-Claude Trichet
President 2003-2011, European Central Bank

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