Decapitato docente a Parigi: cosa sappiamo dell’attentato
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Terrorismo

Decapitazione a Parigi: cosa sappiamo dell’attentatore ceceno

Matteo Pugliese
16 ottobre 2020

Venerdì 16 ottobre poco prima delle 17 il diciottenne ceceno Abdoulakh Abouyezidvich ha ucciso e decapitato un insegnante a Conflans-Sainte-Honorine, nella regione a nord di Parigi. Secondo le ricostruzioni, all’arrivo della polizia l’assassino ha sparato agli agenti con una pistola ad aria compressa, poi li ha aggrediti con un coltello gridando “Allah Akbar” ed è stato ucciso. Sul corpo del terrorista è stato rinvenuto un documento d’identità russo e un secondo coltello. I genitori, il nonno e il fratello minorenne dell’attentatore sono stati sottoposti a fermo dalla procura antiterrorismo di Parigi, che indaga per attentato insieme all’intelligence interna DGSI.

Il docente assassinato si chiamava Samuel Paty, aveva 47 anni e un figlio. Paty insegnava storia, geografia ed educazione civica alla scuola Bois de l’Aulne, in una regione dei sobborghi della capitale con un forte tasso d’immigrazione e radicalizzazione. Il 7 ottobre Paty aveva mostrato delle caricature del profeta Maometto nel corso sulla libertà di espressione, alcuni alunni di fede islamica avevano riferito il fatto alle famiglie che si erano indignate, chiedendo il licenziamento del docente. In particolare, un padre di origine marocchina molto religioso aveva pubblicato ben 8 post sul suo profilo Facebook, esortando le altre famiglie a intervenire contro il docente, definito “malato” e “delinquente”. Dopo l’attentato è stato posto in custodia cautelare anche lui, mentre la procura ha scoperto che la sua sorellastra aveva raggiunto lo Stato Islamico in Siria nel 2014. Secondo esperti francesi, questi appelli ad agire avrebbero involontariamente incitato il terrorista a passare all’azione.

L’attentatore non era noto all’antiterrorismo o ai servizi segreti, non era nella lista “fiche S” delle persone monitorate per radicalizzazione. Si tratta del russo-ceceno Abdoulakh Abouyezidvitch nato a Mosca nel 2002, che aveva ottenuto un permesso di soggiorno per 10 anni nel marzo 2020. Aveva dei piccoli precedenti per delinquenza comune e avrebbe fatto parte di una banda di Éragny in cui vi era anche un individuo fiche S. Immediatamente dopo l’omicidio di Paty, il terrorista ha twittato una foto della testa della vittima con il testo: “A Macron, capo degli infedeli, ho giustiziato uno dei tuoi cani infernali che ha osato sminuire Maometto”. Gli investigatori che hanno analizzato il telefono hanno scoperto che aveva già preparato il testo del tweet nel Bloc notes a mezzogiorno, mentre la macabra fotografia è stata scattata alle 16:57.

Dall’analisi del suo account Twitter (ora sospeso) emergono dettagli interessanti sul profilo del terrorista. Il nome scelto era “Al Ansar”, che richiama la tradizione coranica dei primi sostenitori del profeta, mentre il nickname @tchetchene_270 conferma l’etnia dell’utente. L’account è stato creato solo a giugno 2020, ma da allora è stato molto attivo con oltre 400 tweet, pur avendo solo un centinaio di followers. Tutti i tweet sono di natura religiosa radicale ed emerge una visione salafita intransigente.

L’8 settembre, su Twitter il terrorista commentò ironicamente la condanna da parte degli sciiti delle vignette sul profeta, che definì spregiativamente “rafiditi”. Inizialmente la sua descrizione del profilo recitava: “Pas de femme en mention ni DM”, chiedendo cioè alle donne di non entrare in contatto con lui via social. I post sono tutti a sfondo religioso con toni polemici e aggressivi. Elementi che confermano la radicalizzazione estrema del giovane ceceno. Dall’1 di ottobre sostituì la frase del profilo con una in arabo: “Apparteniamo ad Allah e a lui ritorneremo”, usata dagli jihadisti pronti al martirio, perciò prima che scoppiasse il caso delle caricature a scuola.

Si tratta del settimo attentato terroristico a sfondo islamista radicale del 2020 in Francia. Il precedente risale al 25 settembre, quando un richiedente asilo pakistano aveva accoltellato delle persone davanti all’ex redazione di Charlie Hebdo. La radicalizzazione della comunità cecena in Europa e in Francia preoccupa al pari di quella di origine araba e mediorientale. A gennaio, la polizia tedesca ha arrestato alcuni ceceni sospettati di pianificare un attentato, mentre a dicembre 2019 fu l’Austria ad arrestare altri tre ceceni accusati di preparare un attacco contro i mercatini di natale a Vienna. In Francia, la comunità caucasica è salita agli onori della cronaca per i gravi disordini e violenze che a giugno si sono verificati a Digione. Nella cittadina francese numerosi immigrati ceceni armati di fucili hanno organizzato una spedizione punitiva contro una gang rivale, provocando feriti gravi e il caos.

Numerosi jihadisti condannati stanno terminando di scontare la pena in Francia e potrebbero costituire un’ulteriore minaccia alla sicurezza nazionale. Sullo sfondo della lotta al terrorismo resta la campagna annunciata dal presidente Macron contro il “separatismo islamista”, per combattere l’integralismo religioso e la creazione di una società parallela nella Repubblica, che fa dei valori di laicità e libertà di espressione punti irrinunciabili della vita pubblica.

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AUTORI

Matteo Pugliese
ISPI Associate Research Fellow

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