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Commentary
Dietro la "rabbia islamica"
21 settembre 2012

Un piromane ben addestrato ha appiccato la scintilla del Cairo usando come miccia il trailer di un film prodotto con la necessaria volgarità e blasfemia per far indignare anche il meno osservante dei musulmani e gettato in pasto a dei fanatici integralisti proprio nella ricorrenza dell'11 settembre.
Chi ha servito chi, in questo scambio di cortesie criminali?
Interessi apparentemente contrastanti o un’unica strategia?
Mentre la miccia iniziava a bruciare, a Bengasi, un commando terrorista ben preparato e armato, ha ucciso l’ambasciatore Chris Stevens e 3 suoi collaboratori, cioè i simboli viventi dell’America e del suo presidente, umiliando il più poderoso apparato di sicurezza del mondo.
Stessa mente pianificatrice?
Non lo so e rifuggo di norma dalle logiche complottiste.
Certo è che gli eventi del Cairo e di Bengasi hanno trovato un’esplosiva saldatura nell’immaginario delle masse islamiche che si pensava, superficialmente, avessero rimosso, con la forza politico-ideologica della Primavera araba, le ragioni profonde della “rabbia islamica” che ci ha raccontato Bernard Lewis e di quelle non meno incisive dell’attualità di questi ultimi anni.
In quel humus ancora vitale e intriso di grande criticità, la potenza della comunicazione globalizzante ha prodotto l’effetto dirompente che già si era osservato nel cosiddetto “effetto domino” della Primavera araba. Esaltando in maniera impressionante l'efficacia dei “ripetitori" installati nelle mo-schee e nelle piazze tunisine, sudanesi, yemenite, afghane, pakistane, ecc., che hanno finito per attirare anche delinquenti e mestatori di ogni genere.
Possiamo anche dire che la forza liberatrice di questa Primavera araba e il conseguente ancoraggio ai principi vitali dell’identità islamica, hanno ulteriormente accentuato i fattori costitutivi di quella rabbia alimentata dal peggioramento delle condizioni di sofferenza sociale ed economica, uno dei motori della Primavera stessa.
L'impressionante agitazione di massa che sta attraversando adesso il mondo islamico ha preso di mira gli Stati Uniti, rei dell’offesa a Maometto, ma attraverso la loro bandiera ha in realtà riacceso lo scontro islam-occidente, con l’insuperato rischio del clash of civilisation.
Di fronte a ciò bene ha fatto Obama a rispondere in modo fermo ma pacato, così da tenere sotto controllo l’emotività della sua opinione pubblica senza esacerbare quella del mondo islamico. E bene farà a mostrare comprensione – pur nel comprensibile allarme rosso – per quei governi che rifiutano i loro “servizi di sicurezza”.
Questa deriva sta assumendo un potenziale destabilizzante anche per i “vincitori” attuali della Pri-mavera araba, cioè quella dirigenza islamica “moderata”, la Fratellanza, di cui il neo presidente egiziano Morsi, è l’esempio più evidente.
A essa spetta infatti ora di trovare una risposta politica di equilibrio tra la necessaria condanna della blasfemia, ma anche degli atti di violenza e, a maggior ragione, di quelli terroristici, e l’indispensabile tutela dei cittadini dei loro attuali alleati nel mirino della protesta.
Risposta tutt’altro che agevole dato che su questa deriva soffiano le componenti più intransigenti ed estremizzanti dello stesso Islam, oramai in concorrenza aperta con i moderati per la cattura del con-senso popolare.
L’Arabia saudita ha dato un esempio di equilibrio, favorita anche dal controllo capillare che è in grado di esercitare al suo interno. Ha tempestivamente difeso il suo antiterrorismo e ha condannato la blasfemia con l’ineccepibile copertura del Gran Mufti. Apprezzamento dagli Usa.
E sornionamente attende, assieme agli altri regni del Golfo, di cogliere i frutti di questa deriva – di cui forse hanno qualche responsabilità, diretta o indiretta che sia – che appare comunque destinata a contribuire ad allargare ulteriormente quello spazio di influenza già propiziato dalla Primavera ara-ba.
L'Europa intanto sembra esercitarsi in un colpo d’ala al servizio dei suoi interessi attuali e strategici che ancora non riesce. Con buona pace di chi ricorda che manca all’appello anche una Primavera araba economica per il decollo sostenibile di quella politica.

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Islam Medio Oriente jihad salafiti
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