L’Europa è tornata al livello prepandemico di attività economica. Ma la ripresa è accompagnata da nuove sfide.
L'economia dell'Unione Europea ha avuto un vigoroso rimbalzo nella primavera del 2021 e ha continuato a cavalcare l'onda delle riaperture durante l'estate. L'UE nel suo insieme è tornata al livello prepandemico di attività economica e occupazione nel terzo trimestre del 2021; inoltre, entro il 2023 si prevede che possa tornare a quella via di produzione costante che l'economia avrebbe dovuto seguire prima della pandemia, imboccando un percorso espansivo.
Questo risultato straordinario, soprattutto se raffrontato con la lentezza della ripresa dalla crisi finanziaria globale, è un'innegabile convalida della risposta politica forte e ben coordinata che è stata messa in atto dai governi nazionali europei e dalle istituzioni dell'UE.
La prevista fase fortemente espansiva che ci si prospetta è tuttavia gravata da persistenti incertezze e nuove sfide che stanno mettendo a dura prova i nervi dei decisori politici.
Dopo diversi anni in cui l'inflazione è stata bassissima, la forte ripresa dell'attività economica è accompagnata da una rapida ripresa inflazionistica, di entità superiore alle aspettative. Si tratta in una certa misura di una risposta meccanica al venir meno delle forze deflazionistiche che hanno tenuto bassa l'inflazione durante le prime fasi della crisi.
La pandemia da coronavirus, come ha ammonito fin dall'inizio la Commissione europea, ha rappresentato un vero e proprio shock sia per l'offerta sia per la domanda. La combinazione di misure di sostegno al lavoro e al reddito e di misure di contenimento che hanno limitato le opportunità di consumo si è tradotta inevitabilmente in importanti cambiamenti nei modelli di consumo. Oltre a passare dai servizi ai beni, il consumo si è anche spostato all'interno di queste ampie categorie: il tempo libero e l'ospitalità sono crollati, i servizi di consegna a domicilio sono esplosi, la domanda di automobili è precipitata, mentre l'elettronica di consumo ha accelerato. L'aumento della domanda di alcuni beni è stato tale che l'offerta ha faticato a tenere il passo, lasciando dietro di sé rotte di spedizione interrotte, tensioni nelle catene di approvvigionamento e carenza di materie prime, che gravano sui tempi di produzione e consegna e si sommano alle pressioni reflazionistiche di cui sopra.
Anche i prezzi dell'energia hanno avuto un forte rimbalzo dai livelli minimi della pandemia, ma negli ultimi mesi sono aumentati ben al di sopra dei livelli pre-pandemia. Dopo il collasso dell'inizio della primavera dello scorso anno, i prezzi del petrolio si stanno ora stabilizzando a un livello relativamente alto poiché l'improvviso aumento della domanda è associato a shock idiosincratici che hanno temporaneamente ridotto la produzione. Anche i prezzi globali del gas naturale si sono ripresi dopo le pressioni ribassiste nella primavera del 2020, ma negli ultimi mesi hanno registrato aumenti senza precedenti. In Europa il prezzo all'ingrosso del gas è aumentato in misura ancora superiore rispetto ad altri hub regionali, a causa della riduzione delle scorte dopo un inverno freddo, della scarsa offerta dalla Russia e della straordinaria debolezza della produzione eolica e idroelettrica. Le scarse forniture di gas naturale liquefatto (Gnl) spedibile in un contesto di crescita della domanda da parte dell'Asia hanno esacerbato le pressioni sui prezzi. A loro volta, l'aumento dei prezzi del gas si è esteso ai mercati all'ingrosso dell'energia elettrica.
Con un'inflazione che sfiora il 5% e un'inflazione energetica a quasi il 30% a novembre 2021, i cittadini europei sono preoccupati, e non a torto. Dopo quasi due anni di lotta con la pandemia, ora hanno motivo di temere che gli aumenti dei prezzi riducano il potere d'acquisto del loro reddito e dei risparmi accumulati. La paura dell'inflazione si associa al riscontro sempre maggiore che non abbiamo ancora voltato la pagina della pandemia. Le nuove ondate di casi e l'emergere di nuove preoccupanti varianti stanno offuscando le prospettive economiche prolungando alcune delle misure restrittive che sono state imposte in modo discontinuo negli ultimi due anni.
Inoltre, alcuni decisori politici sono sempre più irrequieti poiché lo spettro della stagflazione sta nuovamente rialzando la testa, dopo un lungo periodo di dormienza.
A mio avviso, queste paure sono esagerate. Il mondo in cui viviamo oggi è molto diverso dal mondo della fine degli anni 'Settanta, quando l'indicizzazione diffusa di salari e prezzi, i mercati oligopolistici, il protezionismo commerciale e la fornitura anelastica di combustibili fossili erano il contesto ideale per amplificare, propagare e prolungare gli shock da prezzi. Vanno tenute presenti tre considerazioni.
In primo luogo, non bisogna fare confusione tra aggiustamenti dei livelli dei prezzi e pressioni inflazionistiche che hanno in sé le premesse per avverarsi. Un ritorno a un livello di attività economica normale implica necessariamente un ritorno alla normalità dei prezzi, anche se, a breve, ciò implica tassi di aumento più alti della norma. A queste pressioni reflazionistiche si sommano le difficoltà legate alle interruzioni nella logistica globale, all'inflazione nel settore dell'energia o agli squilibri tra domanda e offerta. Anche se non è affatto escluso che il prezzo di alcuni beni e servizi alla fine si stabilizzi su livelli più elevati, è difficile capire come queste interruzioni possano causare continue pressioni sui prezzi.
In secondo luogo, la volatilità dei prezzi non deve essere confusa con l'inflazione. Attualmente i prezzi del petrolio sono ancora al di sotto dei picchi raggiunti nel decennio precedente, mentre gli attuali aumenti del prezzo del gas e dell'elettricità fanno seguito a un lungo periodo di rialzi estremamente contenuti. I contratti futures suggeriscono che nel 2022 ci sarà una parziale normalizzazione del loro aumento verso la fine del 2021. Questa volatilità è destinata ad aumentare ulteriormente in futuro, a causa dell'imprevedibilità della fornitura di energia da fonti rinnovabili. Ciò potrebbe richiedere una riorganizzazione dei mercati e delle pratiche contrattuali in modo che le famiglie siano tutelate dall'eccessiva volatilità dei prezzi, ma in contesto di calo della domanda di combustibili fossili e di espansione delle fonti di energia rinnovabili a basso costo, non ci sono affatto le condizioni per un continuo accumulo di pressioni inflazionistiche nel settore energetico.
In terzo luogo, nel contesto attuale, solo una piccola frazione dei salari è indicizzata all'inflazione e una quota non trascurabile della forza lavoro è ancora supportata da programmi di sostegno al lavoro, il che lascia poco spazio a rivendicazioni salariali eccessive. I recenti aumenti salariali negoziati sono stati infatti contenuti, segno che i sindacati potrebbero dare la priorità a fattori non salariali, come la sicurezza del lavoro. Con la progressiva contrazione del mercato del lavoro, la crescita dei salari dovrebbe aumentare, ma gli aumenti salariali saranno accompagnati da aumenti di produttività compensativi.
Finora, gli operatori economici sembrano concordare nel ritenere le pressioni inflazionistiche quasi sempre transitorie. Le aspettative di inflazione sono ancorate all'obiettivo e ben al di sotto dei valori attuali, mentre i rendimenti sovrani si sono mossi a malapena.
In breve, prendendo in prestito la caratterizzazione di Fabio Panetta[1], stiamo vivendo un'inflazione buona (legata al rimbalzo molto forte dell'attività economica) e una cattiva (dovuta a strozzature dal lato dell'offerta), ma non una brutta inflazione (che si verifica quando supera il target, disancorando le aspettative inflazionistiche e mettendo radici).
Il rischio principale, in questo frangente, è che i politici reagiscano in modo eccessivo alle pressioni inflazionistiche che dovrebbero rimanere transitorie, sebbene stiano durando più del previsto. Una stretta monetaria prematura e un consolidamento fiscale affrettato potrebbero risultare ben poco efficaci nel mettere un freno all'inflazione, riportando l'economia in recessione.
Invece, i responsabili politici dovrebbero ancorare ulteriormente le aspettative impegnandosi in strategie chiare a medio termine. È fondamentale che ci sia un'attuazione credibile del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nell'ambito di Next Generation UE. Saranno importanti una guida lungimirante e una strategia fiscale credibile a medio termine. Nella fase acuta della crisi pandemica, era giusto dare prova di prontezza e agilità. La completa convalescenza richiederà mano ferma e pazienza.
Come ho sostenuto in un recente articolo[2], la politica fiscale dovrebbe soddisfare i requisiti delle “tre T”: il sostegno fiscale dovrebbe essere tempestivo, targhettizzato e temporaneo, mentre le riforme strutturali, come indicato nei Pnrr, dovrebbero essere fattibili, lungimiranti ed eque (Feasible, Forward-looking, Fair). A questo si sommano le “tre P” di Draghi per la politica monetaria, che dovrebbe essere paziente, persistente e prudente[3] (Draghi, 2019). Sebbene tutte queste raccomandazioni siano state formulate poco prima dello scoppio della pandemia, mantengono tuttora la loro validità. Insieme, queste lettere formano l'acronimo Tfp, perfetta sintesi della situazione difficile in cui si trovano le politiche dell'Europa anche nel mondo post-Covid.
Note
[1] F. Panetta (2021), “Una politica monetaria paziente in una ripresa burrascosa”, discorso a Sciences Po, 24 novembre, Parigi.
[2] Ripubblicato in M. Buti (2021), The Man Inside (BUP), capitolo 38.
[3] M. Draghi (2019), « Twenty years of the ECB’s monetary policy”, ECB Forum on Central Banking, Sintra, 18 giugno.