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"Egitto: il percorso travagliato verso la democrazia" Tre domande all'Amb. Antonio Badini

06 Dicembre 2012

Dopo il recente decreto che ha posto le decisioni del presidente al di sopra di ogni esame giudiziario e la nuova Costituzione approvata dalla Assemblea Costituente che prevede la sharia come fonte giuridica principale, il presidente egiziano Morsi è nella bufera. Riserve sull’atteggiamento assunto dal presidente vengono sollevate dai manifestanti negli scontri in piazza e dai suoi consiglieri personali che rimettono in massa l’incarico. Secondo Lei Morsi potrebbe fare retromarcia o tirerà dritto mantenendo la linea dura?

 

In Egitto è attualmente in corso una trasformazione profonda  con una forza che nessuno poteva prevedere. I nuovi attori della scenario politico sono adesso alla ricerca di spazi di potere che, a causa dell’esperienza precedente, non conoscevano. I Fratelli Musulmani non li conoscevano ma neanche la Corte Suprema li aveva ben presenti quando ha sciolto il Parlamento con considerazioni irrilevanti. Anche Morsi non ha il senso del potere a causa della situazioni politica precedente e sta ora giocando le sue carte alla ricerca del suo spazio di potere nel nuovo Egitto. Inoltre, i confini delle forze politiche non sono ancora delineati: per esempio del variegato gruppo che costituisce l’opposizione si conoscono i leader principali ma non sono chiari i programmi, nessuno li conosce davvero. 

 

L’Egitto è dinanzi ad un bivio: prima esistevano il Presidente e i militari che decidevano su tutto, oggi invece sembrano esserci più voci eterogenee negli apparati politici egiziani. Siamo dinanzi ad un’effettiva transizione democratica, seppur difficile come spesso accade in tali processi, o il Paese sembra destinato a sprofondare nuovamente nel caos?

 

Come ho scritto nel mio libro, l’Egitto si avvia verso un futuro democratico. Il percorso sarà lungo e travagliato ma l’esito è certo. La storia insegna che l’Egitto tende verso la stabilità, certo ci posso essere delle ondate di instabilità ma poi queste rientrano. I valori della rivoluzione sono quelli di piazza Tahrir e sono saldi. Ma quando si è alla ricerca di un nuovo equilibrio politico si possono commettere passi falsi. E sono stati commessi passi falsi da entrambe le parti. Per esempio, un passo falso della Corte Costituzionale è stato quello di aver sciolto il Parlamento per considerazioni che in Italia sarebbero considerate irrilevanti. A questo è seguito l’eccesso delle decisioni di Morsi in queste settimane, ma ciò è normale quando un paese è alla ricerca di un nuovo equilibrio. 

 

Bisogna ricordare che c’è già stato un piccolo passo indietro del presidente attraverso il suo Vice Mahmoud Mekki che ha aperto al dialogo con l’opposizione. L’opposizione però non ha accettato perché vuole vedere se ci saranno altri passi indietro. Ciò è normale quando si è ancora in una fase di transizione e assestamento. Va ricordato che la democrazia nasce dalla società. Attualmente nella società egiziana il sistema di pesi e contrappesi non è ancora definito: non sono chiari i ruoli, i poteri o, per esempio, il seguito che hanno i partiti. I media parlano molto delle manifestazioni di questi giorni ma nessuno fa un’analisi delle proteste, di chi scende in piazza. Per quello che sappiamo potrebbero benissimo essere degli infiltrati.

 

Dopo il successo diplomatico di Gaza, il credito internazionale di Morsi era cresciuto notevolmente ma alla luce delle recenti decisioni interne, in molti (Ue, Usa, Fmi), pur richiamandosi alla moderazione, sembrerebbero avere dei ripensamenti sulle ultime scelte del Presidente. Secondo Lei questi avvenimenti potrebbero ridisegnare nel breve periodo la parabola politica di Morsi?

 

Morsi ha un grande senso tattico ed è un uomo molto pragmatico quando occorre. Per esempio, il presidente egiziano ha dimostrato grande maestria diplomatica raggiungendo una tregua tra Hamas e Israele attraverso la mediazione e anche con sacrifici nel proprio campo. Morsi resterà per rappresentare le forze importanti  per un Egitto che deve essere radicato nel mondo musulmano. In questo senso, l’Egitto si sta riposizionando rispetto ai tempi di Mubarak, quando era un nulla pieno di soldi, nel quale c’era una ristretta elite agiata e ricca  mentre la maggioranza della popolazione moriva di fame. Nel nuovo Egitto, i Fratelli Musulmani avranno sicuramente un ruolo importante, e questo è un dato positivo visto la collocazione e le aspirazioni geopolitiche del paese. 

 

 

*L’Ambasciatore Antonio Badini è stato Ambasciatore d’Italia in Egitto (2003-2007). E’ autore di "Verso un Egitto democratico"  Fazi editore.

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