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Daily focus

Egitto: Patrick Zaky e vecchi fantasmi

12 febbraio 2020

Si moltiplicano gli appelli per chiedere la liberazione di Patrick Zaky, attivista egiziano e studente all’Università di Bologna, arrestato la scorsa settimana al Cairo. La sua vicenda ricorda quella di Giulio Regeni e le sistematiche violazioni dei diritti umani in Egitto.

 

La vicenda Patrick Zaky scuote le coscienze e risveglia fantasmi che fanno paura. Lo studente e attivista egiziano, in Italia per seguire un master all’Università di Bologna, è stato arrestato lo scorso 7 febbraio all’aeroporto del Cairo, dove era appena atterrato con un volo proveniente dal nostro paese. Dopo averlo preso in consegna e interrogato, la polizia lo ha condotto alla procura di Mansoura dove è tuttora in stato di fermo, e dove gli sono stati contestati i reati di "istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione". Secondo gli avvocati della sua famiglia, Zaky è stato arrestato in seguito a un ordine di cattura spiccato nel 2019 ma mai notificato. In detenzione, lo studente sarebbe stato oggetto di pestaggi e torture, tra cui l'elettroshock. A distanza di quattro anni dalla sparizione, tortura e uccisione di Giulio Regeni, l’Italia si trova  nuovamente alle prese con la brutalità del governo di Abdelfattah al-Sisi e di un paese con cui i rapporti – soprattutto economici – sono enormi.

 

Chi è Patrick Zaky?

Attivista e ricercatore egiziano di 27 anni, da settembre Patrick George Zaky frequenta un master internazionale in Studi di genere all'università di Bologna ed è attivista presso l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr). Il giovane era partito da Bologna per trascorrere un breve periodo di vacanza nella sua città natale, Mansoura, circa 120 chilometri a nord del Cairo. Ed è proprio all’aeroporto della capitale egiziana che il ragazzo viene preso in custodia dalla polizia e ‘scompare’ per 24 ore. Riapparirà il giorno dopo alla procura di Mansoura dove gli vengono contestati diversi reati.

 

Di cosa è accusato?

“Patrick è stato picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato in merito al suo lavoro e al suo attivismo. I legali ci hanno assicurato che sul corpo mostra segni visibili delle violenze”, riferisce l'Eipr, l'ong per cui il ricercatore egiziano collabora. "Stamane - prosegue il racconto dell'ong - Patrick è apparso davanti alla procura di Mansoura, dove i pubblici ministeri gli hanno contestato i reati di "istigazione a proteste e propaganda di terrorismo sul proprio profilo Facebook". Secondo quanto riferito dai suoi avvocati al quotidiano La Repubblica, durante gli interrogatori, “gli chiedevano dei suoi legami con l'Italia e con i parenti di Giulio Regeni".

 

Uno Stato di paura?

A documentare l’efficiente macchina della repressione, attiva in Egitto contro ogni forma di dissenso, è un recente rapporto di Amnesty International intitolato “Stato permanente di eccezione”.  I numeri riportati nel rapporto parlano di continue violazioni dei diritti umani – motivate dall’allerta contro il terrorismo e dallo stato di emergenza (ininterrotto dal 2017) – di cui a pagare le spese sono attivisti, giornalisti, e anche semplici cittadini. Arresti e detenzioni arbitrarie che durano mesi, talvolta anni, senza che si giunga mai a un processo. 

 

 

 

Cosa fa l’Italia?

Nelle interviste a Repubblica e il Corriere, il ministro degli Esteri italiano assicura che “stiamo attivando tutti i soggetti per conoscere che cosa è successo" e che l’Italia “vuole seguire tutte le fasi del processo a Zaky”. Luigi Di Maio ha ribadito che come per il caso Regeni, “di cui vogliamo che i colpevoli siano individuati e puniti”, anche per il caso dello studente egiziano “ciò sarà possibile solo avendo un ambasciatore lì”. La questione riporta in primo piano le contraddizioni delle relazioni con un paese ormai tristemente noto per le sistematiche violazioni dei diritti umani. Oltre all’Eni, e alla partita sul gas nel Mediterraneo Orientale si aggiungono circa 130 aziende italiane che operano in Egitto e producono 2,5 miliardi di dollari, oltre ad importanti commesse militari. Dalla morte di Giulio Regeni ad oggi, l’Italia e l’Egitto hanno visto aumentare il loro giro d’affari, nonostante – sulla carta – siano schierati su fronti contrapposti nel vicino scenario libico.  

 

Intervento europeo?

Proprio l'attenzione richiamata dall'Italia ha innescato l'attenzione del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae), l'organismo che gestisce le relazioni diplomatiche dell'Ue con i paesi al di fuori dell'Unione, guidato dall'Alto rappresentante Josep Borrell. Interpellato dai giornalisti a Bruxelles, il portavoce Peter Stano ha spiegato che il Seae è "al corrente del caso" di Zaky e lo sta "valutando" con la sua delegazione Ue al Cairo. L'Unione europea, ha assicurato, "sta cercando di stabilire tutti i fatti, e se sarà necessaria un'iniziativa, sosterrà in pieno le autorità italiane".

 

Ore cruciali?

La prossima data cruciale per la vicenda di Patrick Zaky è il 22 febbraio. In quella data infatti, scadono i 15 giorni della prima ordinanza di detenzione e si terrà quindi a Mansoura un'udienza per decidere se rinviare a giudizio il ricercatore, se prorogare di altri 15 giorni la detenzione o nel caso più favorevole predisporne il rilascio. Se decideranno invece di mandarlo a processo con le accuse di istigazione alle proteste e propaganda di terrorismo rischia dai 13 ai 25 anni di carcere. Intanto, la vicenda continua a mobilitare l’opinione pubblica italiana. La scorsa notte, in via Salaria a Roma, a pochi passi dall’Ambasciata d’Egitto, è apparso uno strencil della street artist Laika: è ritratto Giulio Regeni che abbraccia Zaky e lo rassicura dicendogli: “Stavolta andrà tutto bene”.

 

Il Commento

di Ugo Tramballi

“La vicenda di Patrick Zaky riapre per noi italiani una ferita aperta, quella di Giulio Regeni e della sua barbara uccisione, rimasta impunita. Ci ricorda inoltre che sono migliaia i giovani egiziani che subiscono torture senza che l’Italia, o altri paesi europei, facciano poi nulla per impedirlo. Eppure tra il non fare nulla e il dichiarare guerra all’Egitto, la diplomazia ha numerose frecce all’arco di cui disporre. La prima regola, per avere una politica estera credibile, è quella di essere coerenti con l’immagine che si vuole dare di sé”.

 

Photo Credits @Laika_mcmliv /Instagram

 

***

A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)

 

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