La costituzione nigeriana del 1999 limita a due, ciascuno di quattro anni, il numero di mandati elettivi alla presidenza del paese. In occasione della tornata elettorale del 2023, per la prima volta dal 2007, gli oltre 96 milioni di nigeriani registrati al voto non avranno la possibilità di scegliere un presidente in carica dal momento che Muhammadu Buhari sarà dimissionario dopo otto anni alla testa del paese. Sono diciotto i candidati in lizza per guidare la nazione più popolosa dell'Africa che dall'inizio della campagna elettorale, lo scorso 28 settembre, stanno provando a convincere gli elettori di avere le risposte necessarie per affrontare le sfide economiche e il diffuso senso di incertezza del paese.
La corsa presidenziale è destinata ad essere animata e contesa da più di due protagonisti principali, con Peter Obi e Rabiu Musa Kwankwaso, entrambi ex governatori di stato, pronti a sfidare con determinazione il candidato del partito al governo, Bola Ahmed Tinubu, e il candidato perenne ovvero l’ex vicepresidente, Atiku Abubakar. Esistono alte probabilità che i contendenti debbano andare al ballottaggio che scatta quando nessun candidato alla presidenza riesce ad assicurarsi la maggioranza dei voti al primo turno, con almeno il 25% dei voti in due terzi degli Stati nigeriani. Questa sarebbe una prima assoluta per la Quarta Repubblica nigeriana.
A che punto è la commissione elettorale?
Il successo di qualsiasi processo elettorale dipende dalla credibilità, dalla trasparenza e dall'efficienza delle parti che gestiscono, regolano e garantiscono il processo. L’istituzione della INEC, la commissione elettorale nazionale indipendente, ha sicuramente migliorato in maniera sostanziale lo svolgimento delle elezioni a partire dal nadir elettorale del 2007, prima sotto la direzione di Attahiru Jega (2011-2015), e successivamente sotto l'attuale presidente, Mahmood Yakubu. Il voto del 2023 sarà la prima elezione generale a essere condotta ai sensi della legge elettorale del 2022. Fra le altre cose, le nuove disposizioni prevedono un sistema di doppio accreditamento e una piattaforma per la visualizzazione dei risultati, tecnologia che, a detta di molti, renderà più difficile ogni tentativo di manipolazione elettorale, migliorando la credibilità dell’intero processo.
Ma ogni tecnologia ha i suoi limiti e l'INEC dovrà attuare una significativa operazione logistica per garantire la distribuzione di materiali e personale nelle oltre 176.000 sezioni elettorali di tutto il paese. A questo si aggiunge che la macchina organizzativa è sotto incredibile pressione a causa di continui attacchi alle strutture dell’INEC stessa: sei incidenti registrati nei soli mesi di novembre e dicembre e 50 dalla conclusione delle elezioni generali del 2019, fra cui incendi agli uffici, furti di costose attrezzature e, recentemente, la distruzione di tessere elettorali.
Quale sarà l’effetto di questo stato di incertezza?
Una situazione di grande incertezza affligge le sei zone geopolitiche che compongono la Nigeria. A partire dall'insurrezione di Boko Haram nella zona nord-orientale del paese, il banditismo nell’area a nord-ovest che, dopo il 2019, è cresciuto in maniera significativa, gli agitatori separatisti che nel sud-est continuano a rappresentare una minaccia ed infine gli scontri e i rapimenti degli allevatori che sono sempre più diffusi in tutto il paese. Un tale livello di insicurezza ha imposto il dispiegamento di forze militari in tutti i 36 Stati della Nigeria, eccetto uno.
Prima ancora di preoccuparsi dello svolgimento della consultazione elettorale, la INEC dovrà assicurarsi di poter accedere ad un numero significativo di seggi elettorali nel nord-ovest e nel sud-est del paese, una variabile che potrebbe avere implicazioni sulla validità stessa del risultato elettorale. Stessa valenza avrebbero gli sforzi per portare le urne alla popolazione dei campi per sfollati interni (IDP), una realtà per oltre 2 milioni di nigeriani. Sebbene l'INEC disponga di un quadro giuridico per il voto degli sfollati interni, introdotto prima della consultazione del 2019, esso risulta applicabile solo in caso la condizione di IDP sia stata ufficialmente dichiarata. Nessun governatore nella zona nord-occidentale del paese lo ha finora fatto.
Chi voterà? E secondo quali modalità?
L'affluenza sarà un fattore determinante nella tornata elettorale del 2023, sebbene al momento difficile da stimare. Poco meno del 35% dei nigeriani aventi diritto di voto ha scelto di farlo nel 2019 e, probabilmente, nel 2023 una partecipazione di questa portata favorirebbe i candidati dell’establishment Atiku e Tinubu. Obi, il cui movimento politico ha generato un notevole interesse raccogliendo un importante sostegno online, in particolare fra i giovani nigeriani, proverà a convincere il numero più alto possibile di elettori di età compresa tra i 18 e i 35 anni che rappresentano il 71% dei 12 milioni di nuovi iscritti. Una maggiore affluenza probabilmente potrebbe favorire le possibilità di Obi di capovolgere l’attuale establishment.
Tuttavia, per gran parte degli elettori che si recheranno alle urne il prossimo febbraio, la decisione non sarà presa sul merito delle proposte dei candidati. Religione, etnia e il fenomeno del voto di scambio rimangono fattori critici nella politica elettorale nigeriana. Il 2023 sarà la prima volta, dal 1979, in cui i tre candidati si troveranno a rappresentare le tre etnie dominanti della Nigeria: Hausa/Fulani (Atiku), Igbo (Obi) e Yoruba (Tinubu). Anche l’inclinazione religiosa dei candidati, e del candidato alla vicepresidenza, faranno da ago della bilancia, in particolare dopo la decisione del partito di governo di presentarsi al voto con due candidati di fede musulmana in contrapposizione alla tradizionale scelta di proporre una coppia bilanciata con un candidato cristiano e uno musulmano. Tutto questo aumenta la probabilità che i voti verranno espressi secondo linee di natura religiosa ed etnica cosa che potenzialmente riduce la probabilità che un vincitore possa emergere già al primo turno. Il sistema elettorale nigeriano stabilisce infatti che un candidato presidenziale, per essere dichiarato vincitore, oltre ad assicurarsi più del 50% del totale dei voti, debba ottenere almeno un quarto dei voti in due terzi degli stati.
Molto più che una semplice consultazione presidenziale
Oltre che per la presidenza del paese, con la convocazione alle urne che si terrà fra febbraio e marzo del prossimo anno, i nigeriani sono chiamati ad eleggere 28 governatori statali, 109 senatori, 360 membri della Camera dei Rappresentanti e oltre 990 altri rappresentanti della Camera dei Deputati. La maggiore mobilitazione fra le diverse etnie e gruppi religiosi aumenta la possibilità che il risultato del voto nel 2023 possa non essere così netto. In uno scenario di questo tipo, il partito del presidente eletto potrebbe non raggiungere la maggioranza assoluta in una delle due camere dell'Assemblea nazionale né aggiudicarsi il maggior numero di governatori statali. Situazione senza precedenti per la nascente democrazia nigeriana.