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ENERGIA

ElettroStati: nuova dipendenza?

Massimo Lombardini
04 novembre 2022

Gli idrocarburi sono stati la linfa vitale dello sviluppo economico degli ultimi cento anni. Il conflitto in Ucraina ha però confermato per l’ennesima volta la dipendenza delle economie europee dagli stessi e, per ritrovare shock energetici comparabili a quelli degli ultimi mesi, bisogna ritornare agli anni ‘70 quando il petrolio passò da 3 a più di 40 dollari al barile. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, in seguito alla riduzione delle forniture di gas russo, l’Unione europea ha dovuto approvvigionarsi da altri fornitori contribuendo a un’impennata dei prezzi del gas che in alcuni giorni sono addirittura decuplicati rispetto all’inizio del 2021.

Fra le misure indicate dell’Unione europea per ridurre la dipendenza dal gas russo, che nel 2021 ha fornito il 45% del nostro import, è stato proposto, inter alia, un massiccio incremento del contributo di fonti rinnovabili.

 

Energie rinnovabili: un po’ di storia

Nel 2008 l'Unione europea si era data l’obiettivo di fornire un contributo del 20% di fonti rinnovabili al nostro mix energetico entro il 2020. Anche se i dati del 2020 devono essere presi con cautela per gli effetti della pandemia sulle nostre economie e sui consumi energetici, l’obiettivo è stato raggiunto, e addirittura superato, con un contribuito delle rinnovabili pari al 22%. Obiettivi più ambiziosi erano stati posti per il decennio successivo e nel 2018 era stato approvato un obiettivo di 32% di rinnovabili da raggiungere entro il 2030. 

Nel 2019 la nuova Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen, ha lanciato il Green Deal Europeo con obbiettivi energetici e climatici ancora più ambiziosi. Il Green Deal ha quindi richiesto una profonda revisione delle politiche energetiche e climatiche dell’Unione europea contenuta in gran parte nel pacchetto Fit for 55 detto anche Green Package del 14 luglio 2021. In particolare, il Fit for 55 includeva la revisione della Direttiva sulle rinnovabili che aumenta il contributo di tali fonti ai nostri consumi dal 32 al 40% entro il 2030.  Nel marzo 2022, nell’ambito delle misure proposte da REPowerEU, per ridurre la dipendenza dell’Unione europea dal gas russo, l’obiettivo per le rinnovabili al 2030 è stato ulteriormente innalzato al 45%.

Le fonti rinnovabili hanno innegabili pregi, contribuendo a ridurre le nostre emissioni di gas a effetto serra, diminuendo le importazioni di combustibili fossili da Paesi terzi, aumentando di conseguenza la nostra sicurezza energetica. Bisogna però interrogarsi sulla credibilità di obiettivi per le rinnovabili che aumentano ogni due anni e che prevedono di più che raddoppiare il loro contributo dal 22 al 45% in meno di un decennio. Infine, è lecito domandarsi se la transizione da idrocarburi verso le rinnovabili non si traduca in un passaggio dalla dipendenza da fornitori di idrocarburi a una dipendenza nei confronti di nuovi fornitori che potremmo definire “elettroStati”.

 

Dai petroStati agli elettroStati: nuova dipendenza?

Negli anni ‘70, il potere dei petroStati si poteva ricondurre alle politiche di controllo della produzione di petrolio da parte dell’OPEC, un oligopolio che controllava circa la metà della produzione mondiale di greggio. A tutt’oggi l’OPEC+, un accordo fra l’OPEC e altri produttori guidati dalla Russia, controlla circa la metà della produzione petrolifera globale.

Il margine di manovra dell’OPEC+ è però ridotto dal fatto che l’accordo include 23 Paesi con interessi variegati e con aspettative diverse sul prezzo del petrolio. Inoltre, dopo gli shock petroliferi del 1970, i Paesi importatori di petrolio (Unione europea e membri dell’Agenzia Internazionale dell’Energia) si sono dotati di un sistema di riserve strategiche di petrolio che arrivano a coprire 90 giorni di importazioni. Tali scorte sono già state utilizzate in caso di interruzioni di approvvigionamenti di petrolio contribuendo a limitare la volatilità dei prezzi dello stesso.

Per il gas la congiuntura è più critica in quanto non esistono scorte strategiche a livello europeo anche se alcuni Paesi virtuosi come l‘Italia dispongono di tali riserve. Inoltre, non abbiamo di fronte un variegato oligopolio come l’OPEC+, ma la Russia che non esita a utilizzare spregiudicatamente le sue risorse energetiche per perseguire i suoi obiettivi geopolitici. La criticità è aggravata dal fatto che il gas, al contrario del petrolio, viaggia in prevalenza in gasdotti che creano un legame quasi inscindibile fra fornitori e consumatori. Questo è il motivo per cui la sostituzione degli approvvigionamenti di gas russo si sta rivelando così complessa e costosa.

Considerando adesso la potenziale criticità delle fonti rinnovabili possiamo dire, senza dubbio, che la Cina gioca in questo settore un ruolo preponderante. La Cina produce circa il 45% delle turbine eoliche, il 70% dei pannelli solari e delle batterie e il 60% delle terre rare, elementi fondamentali dell’industria delle rinnovabili. Naturalmente la realtà è più variegata. Per esempio, il Sud Africa controlla più del’80% della produzione di iridio e altri Paesi hanno un ruolo preponderante nella produzione di alcune terre rare. Tuttavia, globalmente la Cina è indubbiamente il player più importante del mercato in questo settore e si può aneddoticamente ricordare che già nel 1992 Deng Xiaoping aveva predetto: “Il Medio Oriente ha il petrolio, noi i metalli rari”.

C’è dunque da domandarsi se la transizione energetica, con il connesso aumento delle rinnovabili, non ci esponga al rischio di rimpiazzare un inaffidabile fornitore di gas come la Russia con un quasi monopolista delle rinnovabili come la Cina.

 

Come mitigare la nostra dipendenza dall’elettroStato cinese

Anche se molti se lo augurano, la transizione energetica non avverrà repentinamente. Come definito dall’Agenzia Internazionale per le Rinnovabili, “la transizione è una trasformazione del settore energetico [...] fino alla neutralità carbonica da raggiungere nel 2050”. L’Unione europea ha quindi davanti a sé quasi tre decenni per attrezzarsi e competere in un mondo dove le rinnovabili avranno un ruolo sempre più rilevante.

In primo luogo, bisogna rimpatriare almeno in parte le produzioni della filiera rinnovabile, il cosidetto reshoring. Questo fenomeno sta già avvenendo: la società svedese Northwolt sta completando tre gigafactories con l’obiettivo per il 2030 di produrre, 150 GWh di batterie che potrebbero alimentare 2 milioni di auto elettriche. In Italia, il progetto TANGO (iTAliAN pv GigafactOry) porterà la fabbrica di pannelli fotovoltaici di Enel Green Power a Catania ad aumentare di 15 volte la capacità di produzione fino a 3.000 MW/anno.

In secondo luogo, è necessario applicare il concetto di economia circolare alla filiera delle rinnovabili, concependo delle produzioni che spingano al massimo sul riuso e il riciclo degli elementi della filiera, in particolare le terre rare.

In terzo luogo, si dovrebbe, se necessario, stabilire delle scorte strategiche europee di elementi fondamentali della filiera rinnovabile sul modello delle scorte strategiche di petrolio. Tali scorte costituirebbero una salvaguardia in caso di rotture degli approvvigionamenti da fornitori che volessero abusare della loro posizione dominante.

C’è infine un ruolo per la diplomazia: nei nostri rapporti con l’elettroStato cinese dovremmo adottare un approccio europeo. Un recente non-paper dell’Unione europea avverte che la Cina sta diventando un concorrente sempre più agguerrito in vari settori tecnologici. Il documento raccomanda che gli Stati europei abbiano un approccio coerente e coordinato nei confronti di Pechino. Anche se non specificatamente menzionato nel non-paper, si potrebbe cogliere nello stesso una velata critica al viaggio del Cancelliere Scholz in Cina. Alcuni analisti hanno fatto un parallelo fra il tentativo fallito della Germania di porsi come interlocutore preferenziale della Russia nel trading di gas e l’imminente viaggio del Cancelliere tedesco a Pechino, aggiungendo che gli Stati dovrebbero imparare dai propri errori.

 

Verso una filiera europea delle rinnovabili?

L’Unione europea ha stabilito un obiettivo di neutralità carbonica al 2050 e ciò richiederà un aumento massiccio delle rinnovabili. Dobbiamo quindi evitare che tale aumento rimpiazzi la dipendenza da produttori di idrocarburi con una dipendenza da elettroStati.

A tal fine sarà necessario rimpatriare, almeno in parte, la filiera delle rinnovabili dando la massima priorità a una manifattura circolare che ci consenta di riciclare e riutilizzare i componenti strategici della filiera stessa.

Se necessario, si potrebbe considerare la creazione di scorte strategiche europee di alcuni elementi critici sul modello delle scorte strategiche per il petrolio. Infine, sarebbe opportuno coordinare a livello europeo le relazioni con i nuovi elettroStati, evitando iniziative unilaterali che possano indebolire e dividere l’Unione europea, sia a livello politico che industriale.

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