Il 21 maggio si tiene l’“Election Day” che deciderà la guida del governo federale australiano per i prossimi tre anni. Circa sei milioni di australiani, sui ventisette milioni di aventi diritto, hanno già espresso il proprio voto negli stati e nei territori del Commonwealth per posta, per telefono o approfittando dell’“early voting” che si è aperto il 9 maggio scorso per alcune categorie di elettori. Alle consultazioni vi sono in palio i 151 seggi della Camera dei Rappresentanti e quaranta dei settantasei scranni del Senato federale.
La contesa elettorale vede sfidarsi i leader dei due principali partiti politici: da una parte, il Primo Ministro uscente e leader della Coalizione liberal-nazionale, Scott Morrison; dall’altra, il capo dell’opposizione laburista Anthony Albanese.
Sebbene gli ultimi sondaggi indichino che i laburisti dovrebbero ottenere i settantasei seggi necessari a formare un governo di maggioranza, non serve andare troppo lontano con la memoria per ricordare che, alle ultime elezioni, proprio Morrison fu protagonista di un autentico “miracolo” che gettò in imbarazzo gran parte dei sondaggisti che davano per sicura l’affermazione dei laburisti di Bill Shorten.
Al netto dellafallibilità delle proiezioni, il rischio che nessuno dei due principali partiti possa formare un governo di maggioranza pare concreto per la concorrenza esercitata dai partiti minoritari e dai candidati indipendenti.
A contendersi i seggi chiave, soprattutto nelle aree regionali del continente, ci sono i Verdi, il movimento One Nation della senatrice Pauline Hanson e il controverso United Australia Party di Clive Palmer, considerato il Trump del Paese Down Under.
Tuttavia, i grattacapi dei partiti maggioritari potrebbero provenire dai candidati indipendenti, che negli ultimi anni sono stati in grado di guadagnare l’interesse popolare: i casi della ex sciatrice Zali Steggall e il medico Kerryn Phelps hanno mostrato quanto sia importante per gli elettori rispondere efficacemente a tematiche sensibili quali il cambiamento climatico e il diritto alla salute.
Le aree rurali e il carbone decisivi
Se è vero che gran parte dell’elettorato è concentrato nelle grandi città costiere come Brisbane, Sydney e Melbourne, è nell’Australia rurale che la Coalizione ha la sua roccaforte.
Tuttavia, è ancora viva nell’immaginario comune l’infelice frase di Morrison – “I don’t hold a hose, mate” – pronunciata nel 2019 al suo rientro dalle vacanze alle Hawai’i mentre nello stato del New South Wales una serie di incendi fuori controllo devastarono centinaia di migliaia di ettari di terreno.
La siccità che ha favorito lo sviluppo di questi incendi è legata a un tema che in Australia rimane cruciale ed è oggetto di forte dibattito a Canberra da oltre vent’anni. Nessun governo è da allora riuscito a far approvare in Parlamento uno schema legislativo condiviso di riduzione delle emissioni di gas serra.
Gran parte di queste emissioni proviene dalla generazione di energia delle centrali elettriche a combustione fossile, in particolare il carbone: prevedere una legislazione restringente significherebbe perdere l’appoggio elettorale delle circoscrizioni regionali, controllate dall’alleato di governo dei Liberali, i Nazionali.
Nei seggi contesi di Bass (Tasmania), Chisholm (Victoria), Wentworth (New South Wales), Boothby (South Australia) e Higgins (Victoria), le ultime rilevazioni indicano che il margine di vantaggio della Coalizione è risicato, compreso tra lo 0,4 e il 2,6%.
I principali partiti federali hanno concentrato il cuore della loro promesse elettorali negli stati del New South Wales e del Queensland, quest’ultimo determinante nel 2018 per la vittoria della Coalizione.
La versione australiana del Guardian ha valutato la fattibilità finanziaria delle promesse elettorali provenienti dai due partiti e ha curiosamente indicato le volte in cui i due contendenti avessero visitato i collegi elettorali. La divisione elettorale di Leichhardt, che sorge nel Queensland, è stata visitata quattro volte dal Premier uscente, segno che la sua riconferma si gioca ancora nello stato della Gold Coast.
Il voto al Parlamento federale è strutturato su un sistema complesso chiamato “preferential voting”: sulla base di una lista di candidati, l’elettore deve riportare un ordine di preferenza, apponendo un numero accanto ai nominativi di coloro che si candidano per il seggio.Il voto al primo della lista è conteggiato solo se egli raggiunge la maggioranza all’interno del collegio. In caso contrario, i candidati che hanno ottenuto un minor numero di voti sono eliminati, e i loro voti, di conseguenza, sono ripartiti tra il resto dei candidati della lista, finché un candidato non otterrà il 50%+1.
Se, da un lato, un sistema maggioritario di questo tipo consente al candidato di rappresentare la circoscrizione nel seggio con una maggioranza schiacciante, dall’altro potrebbe capitare che risulti vincitore un candidato che non ha il pieno sostegno di gran parte dell’elettorato.
Le frecce all’arco del governo
Il governo uscente può puntare su uno stato di salute dell’economia molto positivo, malgrado la presenza di diversi elementi, come le chiusure interne dovute alla pandemia da COVID-19, l’impatto delle diverse varianti del virus sull’economia o le distorsioni alle catene globali del valore.
L’anno scorso la crescita del PIL si è attestata al 4,2%, la disoccupazione leggermente sopra il 4% e un bilancio federale in deficit di 134 miliardi di dollari australiani, in gran parte utilizzati per interventi su sanità ed economia.
Il piano di vaccinazioni, seppur partito con gravi ritardi, è andato avanti raggiungendo ottimi risultati. Il 95% della popolazione ha ricevuto almeno due dosi. Nelle comunità aborigene, invece, la percentuale supera di poco l’81%.
L’aumento dei prezzi delle case ha però generato povertà e ha contribuito in maniera determinante all’aumento delle diseguaglianze nella società australiana. Il tasso di inflazione si attesta a quasi il 2,5% e i prezzi degli immobili in Australia sono aumentati senza però un contestuale incremento dei salari. Come indica una recente ricerca del Grattan Institute, nelle principali città del Paese l’aumento dei prezzi delle case non consente ai cittadini di età compresa tra i 25 e i 44 anni di acquistare una casa di proprietà. Quando possibile, gran parte del proprio reddito è destinato al mutuo della casa.
Sulla base di queste considerazioni, come l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’indice dei prezzi al consumo dovuto al conflitto russo in Ucraina, nonché le ultime restrizioni sanitarie in alcune aree della Cina, la Riserva federale ha deciso di innalzare i tassi di interesse da 0,25 a 0,35 punti base. Ciò andrà certamente a modificare i piani di sviluppo e le riforme che i due candidati hanno promesso in queste settimane di campagna elettorale.
La Cina al centro della campagna elettorale
Quanto alla politica estera, la campagna elettorale ha visto come protagonista la Cina.
In particolare, due notizie si sono inserite pesantemente nel dibattito, già di per sé infuocato, delle relazioni che Canberra dovrebbe portare avanti con Pechino. Una nave spia cinese è stata avvistata dalle Forze di Difesa australiane in acque internazionali, a poche miglia marine di distanza dalle coste del Western Australia. Un fatto senza precedenti, che si collega al COVID-19 e agli scandali legati ad imprenditori cinesi che avrebbero finanziato alcuni senatori o deputati australiani e considerati dai servizi di intelligence australiani come spie al soldo del Partito comunista cinese.
Vi è poi stata la firma del controverso patto di sicurezza siglato dalla Repubblica Popolare Cinese con le Isole Salomone. Sebbene un testo ufficiale non sia stato ancora pubblicato, l’Australia teme che le navi della Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione possano operare indisturbate nel Mar dei Coralli, il “giardino di casa” dell’Australia. Peraltro, il Premier Mannasseh Sogavare ha dichiarato che l’Australia non è titolata ad affermare la segretezza del patto, visto che il suo governo è venuto a sapere dell’accordo AUKUS solo sui giornali.
Principale partner commerciale dell’Australia anche nel 2021, la Cina rimane una questione dibattuto sia a livello politico sia accademico.
La “China policy” è uno degli aspetti fondamentali della politica estera australiana, eppure i due principali candidati hanno preferito glissare su come intendano rapportarsi a Pechino da qui ai prossimi anni. Nella visione della Senatrice Penny Wong, Ministro “ombra” degli Affari Esteri, un governo laburista non farà “alcun passo indietro” con la Cina e non fonderà la sicurezza nazionale su presupposti ideologici e politici, come fatto da Morrison nei suoi anni al governo.
Se queste dichiarazioni segnano un cambio di rotta rispetto a quanto fatto dal governo uscente, appare poco chiaro in che modo i laburisti intendano approcciarsi alla Cina, visto che non è stata resa pubblica alcuna strategia specifica. Rimane comunque obiettivo comune tra la Coalizione e i laburisti quello di rinsaldare ulteriormente i rapporti con gli Stati Uniti, il principale garante della sicurezza della “fortezza” australiana.
Si ripeterà il miracolo del 2018? Una vittoria di Morrison non è da scartare, così come la possibilità di trovarsi di fronte a una prospettiva di governi di minoranza, già sperimentati nel recente passato. Questa elezione darà la misura dello stato di salute dei due principali partiti e determinerà il futuro dell’Australia nei prossimi tre anni.