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Commentary

Elezioni in Camerun: un voto per uscire dalla crisi?

Josef Kučera
07 febbraio 2020

Il 9 febbraio i cittadini del Camerun saranno chiamati al voto per eleggere un nuovo parlamento. Benché la situazione attuale nel paese sia solitamente descritta come il prodotto di una linea di frattura tra le regioni anglofone e quelle francofone, la totale mancanza di fiducia nei confronti del governo da parte delle giovani generazioni gioca un ruolo altrettanto cruciale. Nel paese centrafricano, più del 60% della popolazione ha meno di 25 anni. L’assenza di opportunità si è tradotta nello scoppio di insurrezioni in corso nelle due regioni anglofone da più di tre anni. Attraverso il lancio di un “dialogo nazionale” e l’organizzazione di elezioni legislative – previste per il prossimo 9 febbraio – il governo ha compiuto passi importanti allo scopo di mitigare le tensioni esistenti. Il congresso di dialogo nazionale ha avuto luogo agli inizi di ottobre 2019 a Yaoundé, ottenendo risultati significativi. Tra gli obiettivi della conferenza, la ricerca di soluzioni stabili alla crisi nel paese, a fronte della percezione di marginalizzazione da parte delle comunità anglofone.

La compresenza di due diversi sistemi giuridici, culturali e linguistici trova origine nel 1961, quando l’ex Camerun britannico fu riunito alla Repubblica del Camerun dando vita alla Repubblica Federale, rimasta in vita fino al 1972, quando il Camerun sarebbe diventato uno stato unitario a tutti gli effetti. Nel 1984, il paese assunse la denominazione ufficiale di Repubblica del Camerun. Secondo il governo, il cambio di nome avrebbe rappresentato un modo per promuovere l’unità e l’indivisibilità del paese. Tuttavia, alcuni gruppi anglofoni utilizzarono tale circostanza come pretesto per chiedere l’autodeterminazione, poiché, dal loro punto di vista, la denominazione di “Repubblica del Camerun” richiamava quella del Camerun francofono, prima che l’ex Camerun britannico integrasse la federazione. Non è una sorpresa, di conseguenza, che tra le più rilevanti questioni all’ordine del giorno per il processo di dialogo nazionale vi sia quella relativa al nome del paese.

L’inizio dell’instabilità in corso risale all’ottobre del 2016, quando il Cameroon Anglophone Civil Society Consortium (CACSC) diede avvio a una mobilitazione, opponendosi alla nomina di giudici e notai francofoni nei territori anglofoni, percepita come una minaccia potenziale al sistema di common law vigente in quelle regioni, nonché al tentativo da parte del governo di armonizzazione dei sistemi educativi in lingua francese e inglese in vigore nel paese. Lo sciopero di avvocati e insegnanti fu supportato dalle manifestazioni di protesta organizzate in diverse città anglofone. La risposta di Yaoundé vide il dispiegamento di forze di sicurezza nelle regioni di Sud-Ovest e Nord-Ovest per calmare la situazione. Nonostante il tentativo del primo ministro Philemon Yang, originario della regione anglofona di Nord-Ovest, di coinvolgere il CACSC in un processo negoziale, i rappresentanti di quest’ultimo rifiutarono la proposta del governo.

Le tensioni tra i manifestanti e le forze di sicurezza si intensificarono nel gennaio del 2017, e portarono a una messa al bando del CACSC e all’arresto dei suoi leader. La situazione fu alimentata ulteriormente dai social media, che mostrarono la brutalità delle forze di sicurezza del governo. La reazione dell’esecutivo condusse a una serie di shutdown di internet. Il primo durò 93 giorni, da gennaio ad aprile 2017. Il secondo fu lanciato nell’ottobre del 2017 dopo ulteriori proteste, allo scopo di ostacolare la comunicazione tra i membri della diaspora e i separatisti armati nel paese.

L’auto-proclamazione della Repubblica Federale di Ambazonia su iniziativa di una parte dei membri della diaspora, nell’ottobre del 2017, causò un’ulteriore escalation del conflitto. La narrativa veicolata dai separatisti ritraeva l’esercito camerunense come una forza di occupazione sul territorio dell’Ambazonia. Alcuni gruppi di insorti nella zona – gli Amba Boys – presero le armi contro le forze di governo, prendendo di mira funzionari ed edifici governativi, inclusi insegnanti e istituzioni scolastiche. Human Rights Watch accreditava tra 5 e 20 il numero di gruppi armati operanti nelle regioni anglofone. Nel frattempo, la diaspora iniziava a proporre elementi di statualità dell’Ambazonia, introducendo ad esempio una propria bandiera e una valuta virtuale, l’Ambacoin. Pur avendo ricevuto attenzione dai media globali, la Repubblica Federale di Ambazonia non ottenne però alcun riconoscimento da parte della comunità internazionale.

In un rapporto pubblicato nel luglio del 2018, Human Rights Watch accusava sia le forze di sicurezza del Camerun che i combattenti separatisti di gravi violazioni dei diritti umani sulle popolazioni civili in entrambe le regioni anglofone. Allo stesso tempo, la BBC trasmetteva le immagini dei soldati governativi in divisa nera appartenenti alle unità di intervento rapido (BIR, Rapid Intervention Battalion) intenti a bruciare villaggi, nonostante il governo negasse il coinvolgimento dei suoi soldati nei crimini. Nel maggio del 2019, International Crisis Group stimava in 1.850 morti e 530.000 sfollati interni il bilancio del conflitto.

Attualmente, il governo di Yaoundé è consapevole della gravità della situazione nelle regioni anglofone. Le elezioni legislative configurano uno degli step previsti dal processo di dialogo nazionale per un miglioramento della situazione nel paese. Alcuni candidati delle opposizioni istituzionali, tra cui i membri del Social Democratic Front (SDF), hanno tuttavia rinunciato a correre in ragione delle precarie condizioni di sicurezza: diversi esponenti dell’SDF sono stati infatti aggrediti da ribelli separatisti. Benché storicamente il supporto per le SDF venisse proprio dalle regioni anglofone, nel quadro dell’attuale crisi i candidati del partito non sono percepiti come radicali abbastanza da parte dei separatisti, e sono fatti oggetto di attacchi per questa ragione.

Alcune delle misure per garantire il miglioramento della situazione economica nel paese e nelle regioni occidentali sono state assunte dal governo ancora prima dell’inizio del processo di dialogo nazionale. Tra queste, l’adozione di un decreto che ha proclamato le due regioni anglofone – e l’Estremo Nord, afflitto dalle attività terroristiche di Boko Haram – “zones économiques sinistrées”, esentando imprenditori e contribuenti nelle regioni colpite dal pagamento delle tasse per i successivi tre anni. La questione, ad ogni modo, è se questo atto sarà sufficiente allo scopo, dal momento che le perdite economiche attese, a causa del conflitto, hanno raggiunto i 269 miliardi di franchi CFA (circa 410 milioni di euro), secondo le stime della GICAM (Groupe inter-patronal du Cameroun).

Nell’attuale scenario, che vede elementi radicali mossi dal solo scopo di realizzare la secessione dei territori anglofoni dal resto del paese, un rapido miglioramento della situazione sul breve termine sembra improbabile.

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Africa Camerun
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AUTORI

Josef Kučera
University of Ostrava and Association for International Affairs

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