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Commentary

Elezioni europee: partiti del no, bomba a orologeria?

23 maggio 2014

Partiamo dal presupposto che probabilmente non ci saranno grandi sommovimenti. L’ultima proiezione di Pollwatch2014 assegna 217 seggi ai popolari e 201 ai socialisti, numeri più che sufficienti per continuare la "grande coalizione" che ha avuto sempre un ruolo importante nel Parlamento per raggiungere i 376 voti necessari, ad esempio, per modificare le proposte di legge, adottare il quadro finanziario o eleggere il presidente della Commissione. Dove basta una maggioranza semplice, i liberali offriranno la tradizionale sponda con i loro 59 seggi previsti. Non mancherà inoltre il contributo selettivo dei verdi (stimati a 44 seggi) e della sinistra unitaria (53 seggi). In passato, questi gruppi hanno votato frequentemente assieme ai socialisti (nota a latere: se queste previsioni saranno confermate, l’elezione del presidente della Commissione sarà complicata. Siccome nessun gruppo avrà la maggioranza assoluta e l’appoggio di formazioni euroscettiche sarà improbabile, i socialisti saranno disposti ad appoggiare Juncker o, viceversa, i popolari ad appoggiare Schulz, o si dovrà trovare un altro candidato?).

Sebbene non si possa prevedere chi, fra socialisti e popolari, sarà il gruppo più numeroso, il loro predominio non è in dubbio, nonostante l’ottima performance attesa dalle formazioni euroscettiche in Finlandia, Francia, Grecia, Italia e Olanda (oltre ai tradizionali britannici e danesi). Gli indipendentisti di Nigel Farage attrarranno gli elettori dei conservatori britannici (che rischiano di non riuscire a formare un loro gruppo se non avranno rappresentanti da sette stati). Mentre il gruppo dei partiti di estrema destra, che include il Front National, il PVV olandese e la Lega Nord, forse raggiungerà i 39 seggi. Si potranno formare quindi tre gruppi alla destra dei popolari (in tutto, il 15 per cento del Parlamento).

C’è poi l’incognita rappresentata dai nuovi partiti, in particolare il Movimento Cinque Stelle che secondo le stime porterà 19 parlamentari a Strasburgo. La dinamica partitica all'interno del Parlamento è caratterizzata da un'iniziale frammentazione post-elettorale, seguita da un consolidamento. La frammentazione è dovuta alla natura delle elezioni europee - slegate (finora) dalla scelta di un esecutivo, basate su sistemi elettorali proporzionali e condizionate dalla politica nazionale. Quando poi i parlamentari raggiungono Strasburgo, unirsi a un gruppo parlamentare è importante perché i gruppi hanno un ruolo centrale nell’assegnazione delle presidenze degli organi parlamentari e delle relazioni delle proposte di legge. Se vorranno fare la differenza i parlamentari pentastellati dovranno scegliersi compagni di viaggio da altri sei stati. Non sarà una scelta facile perché bisognerà negoziare con le altre delegazioni italiane associate ai partiti europei oppure scegliere gruppi dominati dai conservatori o dagli euroscettici britannici (nutro forti dubbi, ma secondo alcuni, unirsi al gruppo di Farage è l’opzione più probabile). L’alternativa è far parte dell'inefficace assembramento dei non iscritti. Infine c’è l’incognita rappresentata dal 35 per cento degli elettori europei che non hanno ancora deciso se e come votare, ma la maggior parte non parteciperà al voto.

Le previsioni indicano che le forze critiche all’Unione Europea, dall’estrema destra, all’estrema sinistra, agli euroscettici duri e puri, passeranno dal 16 ad almeno il 23 per cento dei seggi dell’assemblea di Strasburgo. Come già in questa legislatura, questi partiti sono ben lungi dal formare un unico gruppo parlamentare perché tale associazione comporterebbe notevoli danni d’immagine o, più concretamente, perché non condividono le stesse posizioni sulle questioni concrete su cui si dovranno confrontare, come il cambiamento climatico, la regolamentazione dei mercati, la sicurezza alimentare o i diritti dei cittadini. Proposte radicali come gli eurobond o l’assegno di disoccupazione europeo sono fumo negli occhi per gli euroscettici (e per alcuni partiti pro-europei), ma potranno essere apprezzate dal Movimento 5 Stelle e dal gruppo della Sinistra Unita (a prescindere dagli enormi ostacoli politici e istituzionali). 

Certo, un’ottima performance di questi partiti influenzerà l’operato dei governi e, quindi, del Consiglio, ma a questo punto è opportuno ricordare i limiti del Parlamento Europeo. Alle elezioni europee si eleggono i membri della seconda camera legislativa del sistema bicamerale dell’Unione Europea, un po’ come le elezioni della Camera dei Rappresentanti del Congresso statunitense. Il Parlamento ha importanti prerogative legislative, finanziarie, elettive e di controllo, ma queste sono condivise con le altre istituzioni, specialmente con il Consiglio Europeo e il Consiglio dei Ministri. È una maggioranza qualificata del Consiglio Europeo, ad esempio, che propone al Parlamento il candidato alla carica di presidente della Commissione; l’adozione del quadro finanziario necessita l’unanimità nel Consiglio dei ministri e le proposte di legge la maggioranza qualificata (almeno in caso di procedura ordinaria).

In altre parole, il Parlamento non può non tener conto dei rapporti con il Consiglio e la Commissione. In alcuni casi può fare ben poco, come sul tema della revisione dei trattati, dove il Parlamento viene consultato, presenta progetti e offre il suo assenso (in casi marginali). Questa è una questione importante, specialmente alla luce delle posizioni critiche nei confronti del Meccanismo Europeo di Stabilità e del Fiscal Compact. Il MES è stato possibile dopo una rapida modifica dei trattati in essere, dove il Parlamento è stato solo consultato. Mentre il Fiscal Compact è stato adottato all’esterno dei trattati europei a causa dell’opposizione britannica, l’assemblea di Strasburgo quindi non gode di nessun potere formale. Per riformare il patto di stabilità e crescita invece, dove il Parlamento è co-legislatore, l’ondata euroscettica dovrà convincere la Commissione, che ha fortemente accresciuto i suoi poteri nella riforma del novembre 2011, e i governi nazionali. Anche in un fantasioso scenario di una maggioranza euroscettica compatta che si oppone a queste misure, non si andrà molto lontano, tenuto conto che un buon numero di governi europei ne sono invece solidi sostenitori. Le armi dell’euroscetticismo, se mai queste forze riusciranno a fare blocco, sono molto spuntate.

Fabio Franchino, Università degli Studi di Milano
 
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Europa Elezioni Unione Europea euroscetticismo Parlamento europeo
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