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Morto l'ex presidente

Emirati Arabi Uniti: la non-successione di Khalifa bin Zayed

Eleonora Ardemagni
15 maggio 2022

La successione al vertice degli Emirati Arabi Uniti (EAU) era, nei fatti, già una realtà da quasi dieci anni. Ecco perché la scomparsa a 73 anni di Khalifa bin Zayed Al Nahyan, emiro di Abu Dhabi e presidente degli EAU, non avrà ripercussioni sulla politica interna emiratina, né sulla postura internazionale degli Emirati. Dopo il malore cerebrale che lo colpì nel 2014, le chiavi della politica emiratina erano, informalmente, già passate nelle mani del fratellastro, l’oggi 61enne Mohammed bin Zayed, principe ereditario di Abu Dhabi e vice comandante delle forze armate degli EAU.

Il 4 maggio, il Consiglio Supremo Federale, l’organo che riunisce gli emiri dei sette emirati della federazione degli EAU (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ras Al Khaimah, Ajman, Umm Al Quwain e Fujairah), ha ufficialmente eletto Mohammed bin Zayed come nuovo presidente. Se la presidenza di Khalifa bin Zayed si è caratterizzata per il consolidamento dello Stato emiratino, la quasi-presidenza di Mohammed bin Zayed – che adesso diventa ufficiale – si è fin qui distinta per le ambiziose scelte strategiche, soprattutto in politica estera e di difesa.

Per gli Emirati, la transizione di potere non poteva essere più morbida. Invece, il protrarsi della crisi internazionale innescata dall’invasione russa dell’Ucraina potrebbe avere effetti assai più rilevanti sugli Emirati Arabi. Perché gli EAU, alfieri del commercio, del network come modello di pensiero e poi di agire politico, della connettività, non hanno che da perdere in un mondo dominato – almeno nel medio periodo – da conflittualità, blocchi contrapposti e sanzioni. E in cui la globalizzazione arretra.

Chi era Khalifa bin Zayed: il presidente del consolidamento ′made in Abu Dhabi`

Khalifa bin Zayed è l’uomo che ha consolidato la struttura federale degli EAU: una federazione di sette emirati unica nel Medio Oriente. Ne è stato il secondo, riservato presidente, subentrando nel 2004 al carismatico padre, il “fondatore della Nazione” Shaykh Zayed Al Nahyan. Ben prima della salita al potere, anche Khalifa affiancò il padre, da principe ereditario, negli anni della malattia, svolgendo numerosi incarichi governativi. Ciò che poi il destino ha voluto si ripetesse fra lui e il fratellastro Mohammed.

Diplomato all’accademia militare britannica di Sandhurst (come gran parte dell’élite reale del Golfo), Khalifa bin Zayed supervisionò la costruzione delle forze armate emiratine, a partire dal loro primo nucleo, l’Abu Dhabi Defence Force. Con cautela e gradualità, il presidente aprì le istituzioni ai cittadini: nel 2005, Khalifa bin Zayed annunciò che metà dei membri del Consiglio Nazionale Federale, organo consultivo, sarebbe stata eletta ogni quattro anni, tramite delegati. La prima elezione si tenne nel 2006.

Soprattutto, la presidenza di Khalifa bin Zayed ha sancito l’egemonia di Abu Dhabi nella federazione. Un processo agevolato anche dai problemi finanziari di Dubai, l’emirato commerciale che – a differenza di Abu Dhabi – aveva sempre guardato agli EAU come a una federazione di primus inter pares, non a un consesso dalla vocazione gerarchica. Quando nel 2008 la crisi del settore immobiliare mise in profonda crisi il debito di Dubai, fu l’emirato di Abu Dhabi a farsi carico del vicino, con un cospicuo piano di salvataggio. Per gli Al Maktoum, la famiglia regnante di Dubai, finì allora il tentativo di controbilanciare lo strapotere di Abu Dhabi (che ospita il 90% dei giacimenti petroliferi), coalizzandosi con gli emirati più piccoli: solo nel 1997, Dubai aveva accettato di integrare le proprie strutture militari nelle forze armate federali. Da quel momento in poi, il governo federale degli EAU è diventato, sempre più, centralizzato poiché ′Abu Dhabi-centrico`.

Chi è (e dove va) Mohammed bin Zayed: Il (già) presidente dalle ambizioni globali

Anche Mohammed bin Zayed, il terzo figlio del “fondatore della Nazione”, si è diplomato a Sandhurst ricoprendo, in più, ruoli operativi nelle forze armate emiratine. Dal 2014, egli è stato il motore dell’ascesa regionale degli Emirati Arabi, il leader che in ogni viaggio, incontro e dichiarazione, ha alimentato la retorica ambiziosa del paese, modellando una “Vision 2071”.

Così, mentre Mohammed bin Rashid Al Maktoum, l’emiro di Dubai che è anche primo ministro nonché vicepresidente degli EAU, si occupava della politica strettamente governativa, Mohammed bin Zayed costruiva l’immagine del paese ′globale` in cerca di primati. Gli Emirati del primo astronauta arabo nello spazio e della sonda verso Marte, della prima centrale nucleare araba, del Louvre Abu Dhabi e dell’arte come vettore del potere, di Expo e della tolleranza tra fedi anche come strumento d’influenza, dello stato-Nazione come modello e dell’identità nazionale.

La leadership degli Emirati si è spesso distinta per la capacità di coniugare, con rapidità, visione di lungo periodo e pragmatismo, anche spregiudicato: Mohammed bin Zayed ne è la sintesi. Da principe ereditario, egli ha contribuito, dopo il 2011, a polarizzare la politica mediorientale: contro i Fratelli Musulmani, il Qatar, la Turchia e l’Iran, boots on the ground in Yemen contro gli houthi, sponsor di Khalifa Haftar in Libia. Ma dal 2019, proprio Mohammed bin Zayed è stato il primo a inaugurare la de-escalation regionale (Iran, Siria, Qatar, Turchia) quando l’economia è tornata il perno della politica estera degli Emirati, divenuti ormai protagonisti geostrategici.

Il modello economico degli EAU alla prova del mondo post-Ucraina

Gli Emirati Arabi di Mohammed bin Zayed non hanno avuto – e non avranno – tabù in tema di alleanze regionali e internazionali. I fatti lo testimoniano: la firma degli Accordi di Abramo con Israele nel 2020, la sottile competizione – priva della passata riverenza – con l’Arabia Saudita del “quasi-re” Mohammed bin Salman, la ′partnership specialissima` con gli Stati Uniti (che valse agli EAU il soprannome di “Piccola Sparta” del Golfo) e poi l’ostentata liaison con la Cina, fino agli stretti rapporti economici con la Russia, anche dopo l’aggressione dell’Ucraina.

Quando il multipolarismo ha preso forma, Mohammed bin Zayed è stato il primo, nel Golfo, ad accorgersene, provando a sfruttarne le possibilità. Ma dopo l’Ucraina, il modello di ′alleanze a network` prosperato con la globalizzazione e con la diversificazione post-oil rischia di schiudere meno opportunità (es. partnership parallele; business multidirezionale; infrastrutture), per generare, invece, più cortocircuiti politici (es. deterioramento della relazione con gli USA, forse sanzioni secondarie). Come coniugare, d’ora in avanti, modello economico e posizionamento geopolitico: è questo l’interrogativo, fondamentale, che il nuovo presidente degli Emirati sarà chiamato a risolvere.

 

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ISPI Senior Advisor

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AUTORI

Eleonora Ardemagni
ISPI Associate research fellow

Nella foto: il presidente francese Emmanuel Macron in visita negli Emirati Arabi Uniti per i funerali dell'ex presidente Khalifa bin Zayed Al Nahyan

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