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Africa

“End SARS”: in Nigeria cresce la protesta contro la polizia

22 ottobre 2020

Da settimane in Nigeria si protesta contro la SARS, reparto speciale della polizia accusata di brutalità e violenze. Una protesta che riguarda soprattutto i giovani del paese più popoloso dell’Africa, e che è stata repressa nel sangue negli ultimi giorni.

End police brutality in Nigeria – “Fermate la brutalità della polizia in Nigeria” – è il messaggio con cui il calciatore del Napoli Victor Osimhen ha celebrato sabato scorso il suo primo gol in Italia, emulato in serata dal collega e connazionale del Crotone Calcio Simeon “Simy” Nwankwo. Un messaggio di solidarietà con le migliaia di manifestanti che dallo scorso 7 ottobre stanno protestando nelle principali città della Nigeria contro le forze dell’ordine, e in particolare contro la Special Anti-Robbery Squad (SARS), unità speciale della polizia nigeriana accusata di abuso di potere e violazioni di diritti umani. La violenta escalation di repressione da parte delle autorità ha raggiunto il suo culmine lo scorso 20 ottobre, quando le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco sui manifestanti riuniti al casello di Lekki, nello stato di Lagos, a sfidare il coprifuoco indetto dal governatore, Babajide Santo-Olu. Il bilancio dell’attacco – secondo alcuni premeditato, in un’area dove le telecamere di sorveglianza erano state disattivate alcune ore prima – è stato grave. Amnesty International ha parlato di 12 morti e diversi feriti a Lekki e Alausa, mentre il governo ha ammesso di un’unica possibile vittima degli scontri. Negli ultimi due giorni, la situazione è diventata ancora più esplosiva in diverse città. Secondo la stessa organizzazione, sarebbero 56 le vittime dall’inizio delle proteste in tutto il paese.

Le accuse rivolte al corpo speciale di polizia riguardano condotte che vanno avanti almeno dal 2017, anno in cui nacquero i primi movimenti “EndSARS”. La settimana scorsa il presidente nigeriano Muhammadu Buhari avrebbe accolto la richiesta dei manifestanti – la cui composizione è trasversale, organizzata a livello federale e include diverse attiviste femministe – di smantellare la SARS, procedendo a riformare le forze dell’ordine del paese, ma lo scetticismo della piazza ha fatto sì che le manifestazioni proseguissero, prima di essere duramente sedate. 

 

Una protesta nuova?

La Special Anti-Robbery Squad venne istituita nel 1992 come unità del Dipartimento di Intelligence e Investigazione Criminale della Nigeria. Si tratta di un corpo di polizia che agisce a volto coperto contro crimini quali rapine a mano armata e rapimenti. Nel corso degli anni, SARS è stata accusata di esecuzioni extragiudiziali, arresti e detenzioni immotivati, oltre che vessazioni sessuali a danno di donne nigeriane. Amnesty International monitora l’operato di SARS da anni e la considera responsabile di diversi abusi a danno dei detenuti. A maggio di quest’anno ha diffuso un rapporto che documenta le torture subite da almeno 82 persone rinchiuse nei centri di detenzione SARS tra gennaio 2017 e maggio 2020. Si tratta di giovani di età tra i 18 e 35 anni, per lo più appartenenti ai gruppi più vulnerabili della società nigeriana, vittime di esecuzioni, tortura e sevizia.
Le fattispecie documentate dall’organizzazione internazionale sono note da tempo in Nigeria e nel 2017 una petizione per l’abolizione di SARS raggiunse il parlamento di Abuja, con il sostegno di un movimento di protesta pacifico nelle principali città del paese che ebbe eco sui social grazie all’hashtag #EndSARS.
La protesta è rinata lo scorso 7 ottobre, dopo la diffusione di un video che testimonia l’omicidio di un ragazzo.

Un ruolo di particolare importanza nelle proteste è stato giocato dalle donne. In particolare, la Feminist Coalition – ong di recente formazione che si batte per la parità di genere in Nigeria – avrebbe raccolto quasi 100mila euro per sostenere alcuni costi della protesta, come maschere, cibo, acqua e i ticket ospedalieri per i manifestanti feriti.

Solidarietà dallo sport e dallo spettacolo?

Le proteste in Nigeria contro la brutalità della polizia hanno ricevuto il supporto di molte celebrità sportive e della musica, facendo arrivare #EndSARS tra i temi più dibattuti su Twitter e non solo. Oltre ai già citati Osimhen e Simy, anche altri calciatori hanno espresso solidarietà con i giovani nigeriani in protesta: tra questi l’attaccante del Manchester United Marcus Rashford o il tedesco Mesut Ozil. Dal mondo della musica, l’appello contro la violenza della polizia è stato sostenuto dai cantanti nigeriani Davido e Wizkid, e anche dal rapper statunitense Kanye West. E forse è proprio grazie all’eco ricevuta, anche grazie alle numerosissime diaspore nigeriane in giro per il mondo, che, l’11 ottobre, il presidente Buhari ha dichiarato che avrebbe smantellato SARS – cosa già successa in passato – istituendo una nuova unità, la Special Weapons and Tactics (SWAT). Ma per i manifestanti si tratta solo di un cambio di nome, e la protesta è proseguita.

 

E ora cosa vuole la piazza?

Sono cinque le richieste della piazza al presidente Buhari: il rilascio immediato di tutti i manifestanti arrestati; giustizia per tutte le persone vittime della brutalità della polizia così come una compensazione per le loro famiglie; la creazione di un organo che indaghi su tutte le denunce a carico della polizia; un esame psicologico di tutti gli ex membri di SARS prima che questi assumano nuovi incarichi di polizia; un aumento dei salari dei poliziotti, affinché proteggano i cittadini e le loro proprietà; è però difficile immaginare quale esito possa avere la protesta che sta attraversando il paese, investendo direttamente il potere di Abuja, in una situazione che sembra farsi sempre più tesa e pericolosa. Se numerose voci si sono levate a condannare la repressione delle forze di polizia e dell’esercito, non ultima quella del presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, persino dagli Stati Uniti importanti personalità politiche, da Hillary Clinton all’attuale candidato alla presidenza Joe Biden, hanno fatto pervenire al governo di Abuja la richiesta di mettere fine alle violenze contro i manifestanti.

 

Il commento

Di Giovanni Carbone, Head Programma Africa, ISPI

I giovani della Nigeria hanno preteso il centro della scena. In un paese con oltre 100 milioni di under 20 – su 200 milioni di abitanti – la loro voce si sta facendo sentire. È la generazione che ha poca o nessuna memoria della dittatura, e in molti chiedono di eradicare definitivamente il ricorso alla violenza, ancora troppo diffuso nel paese e nel modo in cui è governato. È una gioventù che mostra grande capacità di utilizzare i nuovi media, anche per coordinare le mobilitazioni attuali. E porta alla luce tutta la distanza dal presidente Muhammadu Buhari, forse non corrotto, ma certo anziano e troppo poco dinamico per il passo di chi vuole fare accelerare il paese.

 

***

A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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