Europa: quanto mi costi? | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MED2019MED2019

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MED2019MED2019
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • Sicurezza energetica
    • America Latina
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • Sicurezza energetica
    • America Latina
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
  • ANALISTI
Unione Europea
Europa: quanto mi costi?
19 settembre 2019

Pochi mesi dopo le elezioni europee e a poco più di un mese da Brexit, l’Unione europea è un tema sempre presente e spesso divisivo nel dibattito pubblico. Tra euroscettici e difensori dell’integrazione europea, anche in Italia la domanda fondamentale riguarda i costi e i benefici dall’appartenenza all’Ue. Quanto costa far parte dell’Unione e quali sono i benefici? L’Italia ne ha guadagnato o ci ha perso?

 

Possiamo iniziare a rispondere alla domanda facendoci un’idea di quanto l’Italia “paga” per far parte dell’UE. Per farlo, possiamo analizzare l’ammontare di contributi che Roma versa ogni anno al bilancio comune dell’Unione. Insieme ad altri nove Stati membri, l’Italia rientra tra i “contributori netti” al bilancio dell’Ue: significa che la quantità di contributi versati a Bruxelles supera le risorse che tornano nel Paese sotto forma di progetti e investimenti finanziati dall’Ue. Tra i contributori netti, di cui fanno parte le economie più sviluppate e avanzate dell’Unione, l’Italia è al quarto posto in valore assoluto dietro Germania, Regno Unito e Francia. Se i contributi vengono parametrati alla popolazione, invece, l’Italia è il Paese con la spesa pro capite più bassa tra i dieci contributori. Tra il 2014 e il 2017, il contributo netto medio versato dall’Italia all’Ue è stato di €3,5 miliardi; su una popolazione di 60,5 milioni di abitanti, fanno €58 all’anno per ciascun italiano.

Per una spesa di €58 annui, cosa guadagna l’Italia dal fare parte dell’Unione europea? Rispondere non è semplice, dato che molti dei benefici sono beni “immateriali” o difficilmente quantificabili in termini monetari. Certamente, appartenere all’Unione europea significa contribuire alla forza di uno degli attori di primo piano sulla scena internazionale: l’Ue è la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti; conclude circa il 15% degli scambi commerciali a livello globale; è il secondo più grande investitore in spesa militare al mondo (oltre $280 miliardi all’anno nel 2018) dopo gli USA ($648 miliardi); l’Unione europea, inoltre, ospita il 32% dei siti patrimonio UNESCO al mondo e anche per questo è la prima destinazione al mondo di flussi turistici internazionali (500 milioni all’anno, 40% del totale globale); nell’Ue, infine, 22 Paesi membri su 28 hanno abolito i controlli alle frontiere, con la creazione dell’area Schengen.

Rimane ovviamente difficile smentire l’argomento per cui molti dei risultati raggiunti dagli Stati membri dell’Ue non sarebbero dovuti all’appartenenza all’Unione ma dipenderebbero invece da altri fattori storici, o sarebbero comunque possibili anche al di fuori delle istituzioni comunitarie. Molti studi hanno provato a stimare l’impatto che una storia recente senza Unione europea avrebbe avuto per il commercio nel continente e il benessere economico dei suoi abitanti, ma il dibattito è ancora aperto. Certo è che le vicende recenti del Regno Unito hanno messo in evidenza le difficoltà che un Paese incontrerebbe oggi nel cercare di sganciarsi da un insieme di istituzioni, leggi e pratiche che permeano ormai la vita quotidiana di milioni di persone nel mondo.

Ti potrebbero interessare anche:

Elezioni UK: Johnson pigliatutto?
Matteo Villa
ISPI Research Fellow
,
Antonio Villafranca
Co-Head, ISPI Centre on Europe and Global Governance
La sicurezza energetica dell’Italia passa dall’Ucraina
Nicolò Sartori
Head, programma "Energia, clima e risorse", IAI
Italia: la dipendenza energetica dalla Russia e la partita europea
Difesa: missioni internazionali come strumento di politica estera
Michele Nones
Vicepresidente, IAI
,
Ester Sabatino
Research Fellow, IAI
Agenda digitale europea: le tre priorità dell’Italia
Samuele Dominioni
ISPI, Research Fellow, Osservatorio Cybersecurity
Ue/Italia: il Mes, l’agenda europea e l’interesse italiano
Franco Bruni
Vice Presidente ISPI e Co-Head, Osservatorio Europa e Governance Globale

Tags

Europa brexit

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157