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Daily focus
Filippine: le conseguenze del tifone Goni
02 novembre 2020

Almeno 16 morti nella peggior tempesta del 2020. La capitale Manila sembra aver scongiurato il peggio, ma sono centinaia di migliaia gli evacuati. Un’operazione resa ancor più complicata a causa dell’epidemia da Covid.

Nel fine settimana, le Filippine sono state colpite da Goni, il più devastante tifone dall’inizio dell’anno. I media riportano di almeno 16 morti e di circa 350mila evacuati. All’alba di domenica, Goni – che nelle Filippine chiamano Rolly – ha toccato terra sull’isola orientale di Catanduanes. I venti a 225 km/h e le raffiche di vento che hanno raggiunto i 320 km/h hanno scoperchiato i tetti delle case, abbattuto alberi e distrutto linee elettriche, tagliando ogni collegamento con la cittadina di Virac, nel sud dell’isola, dove vivono circa 70mila persone. Colpita anche Luzon, l’isola più grande del paese e su cui sorge la capitale Manila, dove però si registrano meno danni: chiuso per precauzione l’aeroporto internazionale ed evacuati alcuni quartieri popolari. Le Filippine vengono colpite ogni anno da tifoni e forti tempeste, ma Goni è il più forte dal 2013, quando il paese venne colpito dal ciclone Haiyan/Yolanda, che uccise più di 6mila persone. Questo tifone avviene mentre le Filippine sono alle prese con l’epidemia da coronavirus, che rende più complicato prendersi cura delle persone evacuate e di quelle sfollate. Al momento pare che l’intensità della tempesta si stia abbassando, e ci si interroga sul collegamento tra questo tipo di fenomeni e il cambiamento climatico.

 

Un fenomeno ciclico?

L’arcipelago delle Filippine è costantemente colpito da tempeste, tifoni e cicloni. Sono almeno diciotto dall’inizio dell’anno, e l’ultimo era stato Molave, la settimana scorsa, che ha ucciso 22 persone. Goni viene registrato comunque come il tifone più devastante del 2020 e si teme che il conto delle vittime sia destinato a salire: si stima che molte persone siano rimaste sepolte dal fango o dai detriti provocati da venti e alluvioni. Nonostante il paese sia preparato ad affrontare cataclismi come questo, le autorità – complice la pandemia da coronavirus – sono state prese alla sprovvista. La protezione civile locale e la Croce Rossa si stanno prendendo cura degli evacuati, per i quali sono state allestite delle tende speciali che garantiscono anche il distanziamento interpersonale previsto dai protocolli sanitari. “Le persone colpite da Goni si stavano ancora riprendendo dai 3 cicloni che hanno colpito il paese ad ottobre,” afferma Robert Kaufman, rappresentante della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale.

 

Cosa c’entra il cambiamento climatico?

Secondo gli scienziati, il fenomeno dei cicloni tropicali è strettamente correlato al cambiamento climatico. In particolare, la scienza concorda nel rapportare la maggiore intensità delle tempeste e dei tifoni all’aumento della temperatura del pianeta. Infatti, gli uragani sono motori che estraggono energia termica dagli oceani convertendola in energia cinetica sotto forma di vento. In altre parole, più aumenta la temperatura del mare e più forti saranno i tifoni e gli uragani. Secondo il Geophysical Fluid Dynamics Laboratory, con il riscaldamento del globo di 2° C, le probabilità che tifoni e uragani aumentino d’intensità (cioè quelli di categoria 4 o 5 – come Goni – ovvero le più alte) crescono fino al 10%. E anche le piogge che accompagnano questi fenomeni atmosferici dovrebbero essere più intense, approssimativamente del 10-15%. Secondo la maggior parte degli scienziati che hanno redatto il rapporto “Tropical Cyclones and Climate Change Assessment: Part I. Detection and Attribution” il cambiamento climatico provocato dall’uomo è corresponsabile di questa maggiore intensità.

Rischio instabilità?

Nel breve e medio periodo, invece, il rischio maggiore è per la tenuta economica e sociale del paese. L’epidemia da coronavirus – che ad oggi ha registrato oltre 380mila casi, con più di 7mila morti – ha già ampiamente impegnato gli sforzi delle autorità sanitarie dell’arcipelago e la sua economia ne ha fortemente risentito: secondo l’Asian Development Bank, nel 2020 la contrazione economica del paese è stata del 7,3%. Un’ulteriore recessione economica potrebbe avere effetti deleteri per le regioni più povere del paese. E in particolare per il Bangsamoro, regione autonoma a maggioranza musulmana, la più povera del paese, che ha recentemente registrato una recrudescenza degli scontri a sfondo etnico, con l’apice del doppio attentato terroristico di agosto sull’isola di Sulu. Non è quindi da escludere che i gruppi più radicali sfruttino il contesto di crisi per aumentare lo scontro con le autorità centrali.

 

Il commento

Di Giulia Sciorati, ISPI Asia Centre

Oltre all'impatto economico del tifone Goni, che andrà a sommarsi al lascito della pandemia, un ulteriore fattore di rischio di cui tenere conto è la radicalizzazione. Le Filippine hanno infatti una popolazione musulmana di circa sei milioni e mezzo di persone e, durante l'estate, ci sono stati alcuni episodi di terrorismo. Lo tsunami del 2004 si era dimostrato un fattore scatenante per l'estremismo religioso nelle Maldive, poiché interpretato dalla popolazione come una "punizione" per un presunto allontanamento dalla corretta pratica dell'Islam. Diversi maldiviani da allora sono parte di milizie pakistane. Il rischio è quindi che la storia possa ripetersi oggi nelle aree a maggioranza musulmana nelle Filippine, in particolare la regione autonoma di Bangsamoro nel Mindanao musulmano.

 

***

A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)

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