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Commentary

Finanza: politiche monetarie e climate change

Alessandro Gili
|
Alberto Rizzi
16 luglio 2021

Lo scorso 8 luglio, la Banca Centrale Europea ha presentato un piano di azione per includere gli effetti del cambiamento climatico nelle proprie strategie di politica monetaria. Si tratta della tappa più recente di un percorso iniziato nella Financial Stability Review di maggio 2019, quando per la prima volta la BCE iniziò a considerare i fattori climatici e ambientali nell’analisi del sistema finanziario dell’Eurozona. Un percorso proseguito con la creazione di Centro BCE per il Cambiamento Climatico, operativo da giugno 2021, per studiare nel dettaglio le implicazioni dei cambiamenti climatici e della transizione ecologica sulla finanza europea.

 

Cambiamenti climatici e rischi finanziari

Il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici hanno un impatto decisamente rilevante per tutte le attività economiche e il settore finanziario non fa certo eccezione. La crescente attenzione da parte delle banche centrali, e in particolare della BCE, verso le tematiche ambientali non deriva infatti solo dalla volontà di accompagnare la transizione ecologica del sistema economico, ma anche dalla necessità di monitorare i rischi per la stabilità finanziaria. I profili di rischio legati ai cambiamenti climatici e alla transazione ecologica sono molteplici e si possono dividere in due gruppi principali: rischi fisici e rischi di transizione.

I rischi fisici sono quelli direttamente legati all’aumento delle temperature terrestri e ai loro effetti. Questi includono, tra gli altri, gli eventi climatici estremi, come uragani o inondazioni, e la vulnerabilità di economie e aziende all’aumento del livello dei mari o all’inaridimento delle regioni in cui operano. Nella Financial Stability Review di maggio 2021, la Banca Centrale Europea ha stimato che i danni economici dovuti ai disastri naturali nel corso del 2019 sono equivalsi a circa l’1% del Pil delle Eurozona. Si tratta di un’entità notevole, soprattutto considerando come il surriscaldamento globale stia rendendo questi eventi sempre più frequenti, e dunque più elevati i danni futuri.

In aggiunta, le aziende colpite da questi eventi subiscono una perdita notevole di capitale, con effetti anche a lungo termine sulla produttività e la ricchezza prodotta. La distribuzione del rischio non uniforme, con aree geografiche maggiormente esposte, come l’Europa Meridionale, dove il 18% delle aziende presenta profili di rischio elevato o crescente a siccità, incendi o carenza di acqua. Questo causa un’esposizione dei sistemi bancari, soprattutto nelle regioni maggiormente vulnerabili: circa il 30% delle esposizioni di credito a enti non finanziari (NFCs) del sistema bancario dell’Eurozona è verso aziende che si trovano a rischio fisico elevato o crescente per almeno un fattore. Senza un’azione decisa di riduzione delle emissioni, questa esposizione è destinata a salire.

Un altro elemento significativo di rischio fisico riguarda i beni materiali usati come garanzia dei prestiti alle aziende: nel caso, infatti, di danni legati al clima che colpiscono queste aziende, anche i beni materiali dati in garanzia sono vulnerabili ad essi, venendo danneggiati. La BCE stima che i beni materiali corrispondano a circa il 50% delle garanzie di aziende esposte a rischio alto o crescente nell’eurozona, ma con ampie differenze settoriali. Nel settore immobiliare e in quello manifatturiero si registrano le esposizioni maggiori delle banche, con oltre i due terzi delle esposizioni coperte da garanzie materiali nel caso dell’HoReCa e delle costruzioni.

Se le polizze assicurative possono aiutare a mitigare gli effetti a livello macroeconomico dei rischi climatici fisici, la situazione dell’Eurozona a tal riguardo è tuttavia lontana dall’essere ottimale. Solo un terzo delle perdite economiche dovute a fattori climatici è infatti assicurato all’interno dell’Eurozona, con picchi del 12% in Paesi del Sud Europa, che sono però anche tra i più vulnerabili agli effetti del surriscaldamento globale. In una sorta di circolo vizioso purtroppo, questo divario è destinato ad aumentare: gli assicuratori chiederanno premi assicurativi maggiori per gli asset più esposti, rendendo così il costo dell’assicurazione troppo elevato per assicurare buoni livelli di copertura. Tuttavia, l’importanza di assicurare i beni materiali a livello macroeconomico è notevole: anche la Federal Reserve sottolinea come la mancanza di assicurazione dei beni dati in garanzia abbia ripercussioni gravi sull’economia locale, oltre a indebolire il sistema del credito.

Come emerge in questi giorni dopo l’introduzione del pacchetto “Fit for 55” della Commissione europea, i rischi di transizione sono invece quei fattori di rischio legati alla transizione ecologica delle economie, e alle modalità con cui essa viene portata avanti. Uno studio del Network for Greening the Financial System (NGFS), che riunisce le principali banche centrali al mondo (incluse la BCE e la FED), delinea infatti differenti scenari, con effetti più gravi per la stabilità finanziaria se la transizione venisse attuata in modo tardivo o non coordinato tra i vari Paesi. Scelte di policy non comunicate per tempo, o inattesi aumenti della carbon tax senza efficaci misure di sostegno per i settori più colpiti possono avere effetti destabilizzanti sui mercati finanziari. Le aziende ad alta intensità di emissioni di carbonio, con maggiori costi operativi e una riduzione dell’accesso al credito, oltre alla svalutazione dei beni materiali posseduti, sarebbero le più colpite, con gravi conseguenze per gli istituti finanziari che hanno investito nelle loro azioni.

Anche il livello di esposizione del sistema bancario europeo ai rischi di transizione è considerevole: il settore manifatturiero, uno dei più vulnerabili, rappresenta infatti il 20% del portafoglio di prestiti delle banche dell’Eurozona. Ancora più esposte sono invece le istituzioni finanziarie non bancarie, come i fondi di investimento, il cui 30% del portafoglio titoli è costituito da aziende ad alte emissioni. Monitorare accuratamente questi rischi, e indicare la strada per mitigarli alle autorità regolatrici nazionali e comunitarie, appare dunque un’azione fondamentale a tutela della stabilità finanziaria dell’Eurozona. Infine, un altro rischio finanziario, seppur minore, legato sempre alla transizione ecologica, è costituito dal greenwashing, ovvero la pratica di indicare come sostenibili anche prodotti finanziari che non lo sono. Diversi fondi ESG (Environmental, Social, Governance) in realtà investono in aziende altamente inquinanti, oppure azioni indicate come green dagli emettitori non finiscono necessariamente a finanziare progetti sostenibili. Questo fenomeno sta diventando grave se si considera la massiccia crescita degli investimenti ESG nel mercato finanziario europeo, e sottrae fondi alla transizione ecologica, impedendo che gli investitori si concentrino sui titoli veramente green.

 

Il piano della BCE

Per contenere tali rischi, ed evitare un’eccessiva esposizione ai pericoli climatici degli asset dell’Eurosistema, il piano d’azione presentato dalla Banca Centrale Europea prevede diversi elementi, che mirano a una maggiore integrazione delle considerazioni ambientali nelle scelte di politica monetaria.

Un passaggio imprescindibile è un aggiornamento dei modelli macroeconomici, per meglio valutare le implicazioni climatiche della politica monetaria e della sua cinghia di trasmissione all’economia reale. Francoforte punta quindi a sviluppare nuovi modelli di analisi per monitorare l’impatto ambientale delle sue scelte. Modelli che però necessitano anche di adeguati dati statistici per stimare i rischi climatici, costruendo nuovi indicatori che permettano di analizzare i prodotti finanziari verdi e l’impronta ecologica delle istituzioni che li emettono. La BCE punta anche a introdurre un sistema di requisiti di idoneità (disclosures) per ottenere il via libera agli acquisti di titoli o asset e poter presentare garanzie. Questa informativa per il settore privato costituirà la base per un trattamento differenziato, coerente con le politiche ambientali dell’Unione Europea.

Riconoscendo le difficoltà delle piccole e medie imprese nell’adeguarsi velocemente a tali requisiti, verrà mantenuto il principio di proporzionalità. Parallelamente alla disclosure, la BCE intende aumentare anche i suoi strumenti per poter analizzare in profondità i rischi climatici di titoli e garanzie presentate: per questo si punta a un incremento delle capacita di risk-assessment, con un focus specifico sul clima e, a partire dal 2022, a veri e propri stress test climatici sull’esposizione dei bilanci dell’Eurosistema agli effetti del surriscaldamento globale a dalla transizione ecologica. Tali verifiche puntano a valutare la resilienza di banche e istituzioni non finanziarie a diversi scenari climatici plausibili, con un’evoluzione che cambia a seconda delle scelte politiche adottate e alla rapidità con cui verrà portata avanti la transizione ecologica. La base di questi scenari è fornita da NGFS, che nel suo documento dello scorso giugno delinea sei differenti scenari, costruiti sulle variabili dell’innalzamento delle temperature e dell’intensità della transizione. Se nel modello Net Zero 2050, i rischi alla stabilità finanziaria saranno quasi unicamente quelli di transizione e l’innalzamento dei costi iniziali sarà più che compensato dai benefici di medio-termine, nel caso di uno scenario che mantenga le politiche attuali, i rischi di tipo fisico saranno preponderanti e i danni economici irreversibili. Anche la capacità di coordinare le politiche di transizione ecologica e di comunicarle adeguatamente agli operatori ecologici permette di ridurre significativamente i rischi.

 

Fig. 1 Scenari NGFS, che costituiranno la base per gli stress test BCE

 

Fonte: NGFS Climate Scenarios

 

Inoltre, le garanzie fornite dalle controparti nelle operazioni all’interno dell’Eurosistema saranno oggetto di un’attenta analisi, per controllarne la vulnerabilità ai rischi climatici, fisici e di transizione. Inoltre, la BCE condurrà un attento monitoraggio del mercato dei prodotti finanziari sostenibili, e si è dichiarata pronta a sostenerne l’innovazione, come nel caso dell’accettazione come garanzia di obbligazioni legate alla sostenibilità ambientale (sustainability-linked bond). Infine, gli acquisti delle attività societarie saranno scrutinati analizzandone i rischi legati al cambiamento climatico, oltre a un adeguamento dei criteri per gli acquisti delle obbligazioni che integri le considerazioni ambientali e gli obiettivi europei di sostenibilità. Verrà quindi incluso l’adeguamento, come soglia minima, alle misure comunitarie che recepiscono l’accordo di Parigi, ma l’ambizione della BCE sembra essere quella di andare anche oltre.

 

Efficacia della politica monetaria nella lotta cambiamento climatico

Le ambizioni di Francoforte sulla lotta al riscaldamento globale si scontrano però con gli strumenti limitati a disposizione di una Banca Centrale. Proprio a causa del ristretto mandato, e ancor più nel caso della BCE, il margine di azione rimane ridotto, tanto che le due principali leve di politica economica nella lotta al cambiamento climatico sono quella fiscale e quella finanziaria. Tuttavia, come evidenziato dal Fondo Monetario Internazionale già nel settembre 2019, le politiche monetarie possono fornire un importante supporto alla transizione ecologica. Da un lato, la regolazione dei tassi di interesse gioca comunque un ruolo chiave nell’assicurare la stabilità necessaria per perseguire una transizione ordinata, contribuendo ad attutire gli eventuali shock e le inevitabili trasformazione dei mercati. L’adozione di criteri ESG negli acquisti di titoli su larga scala e l’adattamento dei requisiti sulle garanzie, entrambi presenti nel piano della BCE, possono dare un ulteriore impulso alla transizione, indirizzando il mercato nella direzione della finanza sostenibile.

Azioni più dirette possono includere l’acquisto diretto di titoli sovrani green e programmi selettivi sulle obbligazioni aziendali, approfittando del più ampio pacchetto di strumenti a disposizione grazie al Quantitative Easing (QE). Si tratterebbe di azioni dall’ampio potenziale, soprattutto in termini di segnale ai mercati, ma anche di natura comunque più arbitraria, con il rischio di uscire dai confini del mandato di una Banca Centrale. Un esempio più indiretto, e quindi meno controverso, attuato già dalla BCE è la partecipazione al fondo della Bank for International Settlements (BIS) di investimenti in tecnologie green e energia rinnovabile, un programma di green bonds specificatamente dedicato alle banche centrali. Il sistema, che prevede un fondo denominato in euro e uno in dollari, ammonta in totale a circa 2 miliardi di dollari, con una prospettiva di crescita nei prossimi anni.

Sul tema dei green bonds, la BCE lavora in stretto coordinamento con la Commissione europea, che lo scorso 6 luglio ha annunciato una proposta per l’adozione di uno standard sui titoli sostenibili (EUGBS). Grazie a questo sistema, gli emettitori di titoli avranno a disposizione uno strumento trasparente e ben definito per informare gli investitori sull’effettiva sostenibilità dei prodotti offerti. In tal modo, oltre a combattere il fenomeno del greenwashing, si apre la strada per la creazione di una nuova asset class, fornendo un modello per i mercati finanziari globali, nel pieno rispetto dei criteri previsti dalla Tassonomia UE per le attività sostenibili. Inoltre, all’interno del pacchetto “Fit for 55”, la Commissione prevede di finanziare il 30% del budget di Next Generation EU con l’emissione di green bonds.

 

Se anche la politica monetaria da sola può al massimo sostenere una transizione ecologica che dipende in ultima istanza dalle scelte di policy dei governi, il ruolo delle banche centrali nella lotta il cambiamento climatico resta in ogni caso di grande rilievo. Il piano di azione della BCE, anche a fronte della reticenza della Federal Reserve sul tema, può permettere a Francoforte di diventare la portabandiera della lotta al cambiamento climatico da parte delle istituzioni monetarie, spingendo a un loro maggiore attivismo sul fronte ambientale.

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EU GREEN DEAL

AUTORI

Alessandro Gili
ISPI
Alberto Rizzi
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