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Commentary

Food security: la svolta per salvare Terra ed economia

Nicoletta Batini
09 luglio 2021

In autunno le Nazioni Unite convocheranno a New York il Food Systems Summit, la quinta conferenza sull'alimentazione dalle Nazioni Unite dal 1992, preceduta a luglio da un pre-vertice a Roma. Mentre le precedenti conferenze si sono concentrate su fame e malnutrizione, il raduno di quest'anno ha un'agenda molto più ampia e ambiziosa: vuole stabilire una percorso per cambiare radicalmente il modo in cui produciamo, trasformiamo e consumiamo il cibo.

 

L’evoluzione dei sistemi alimentari

Guardando alla storia della loro evoluzione, è difficile capire perché gli attuali sistemi alimentari siano sotto attacco. Per i primi esseri umani, la vita non era un picnic: 1,8 milioni di anni fa, i nostri antenati mangiavano la felce delle paludi per rifornirsi di proteine oltre a crostacei, lumache e molluschi. Le carcasse abbandonate dai carnivori più feroci erano considerate una prelibatezza. Dopo che l'agricoltura si diffuse ampiamente circa 7.000 anni fa, alimentarsi divenne più semplice. Ma per secoli, l'agricoltura è stata caratterizzata da una bassa produttività, e dominata da piccole fattorie a conduzione familiare che allevavano un mix di colture e bestiame.

La musica è cambiata bruscamente intorno al 1950. Desiderose di scrollarsi di dosso i traumi dell'insicurezza alimentare della Seconda Guerra Mondiale, le nazioni sviluppate iniziarono da quel momento a versare ingenti somme di denaro nelle tasche degli agricoltori per favorire l'adozione di macchinari, fertilizzanti sintetici, erbicidi, pesticidi, fungicidi e sistemi di manipolazione genetica spesso ispirati da applicazioni chimiche e pratiche militari del recente conflitto. I raccolti si moltiplicarono e i prezzi del cibo crollarono: la Terra perse la guerra e fu trasformata con successo in un gigantesco ed economico distributore automatico di cibo.

 

I problemi sul tavolo

Col senno di poi, interferire nei processi naturali per produrre cibo industrialmente è stato ingegnoso ma non intelligente. Le politiche volte ad aumentare la produzione di carne, latticini e uova, alla fine hanno portato alla pressoché completa sostituzione della fauna selvatica naturale del Pianeta con animali d'allevamento (oggi il congiunto degli esseri umani e degli animali d’allevamento rappresenta il 96% dei mammiferi terrestri). Per far sì che ciò accadesse, però, interi ecosistemi sono stati portati sull'orlo del collasso biologico attraverso la deforestazione, il degrado del suolo, l'eccessivo pompaggio di falde acquifere non rinnovabili, e la progressiva contaminazione dei corsi d'acqua e degli oceani. Disastri ambientali comparabili sono stati perpetrati nei mari, dai quali ogni anno estraiamo migliaia di miliardi di pesci con l’aiuto di tecnología sonar e di reti metalliche a strascico lunghe fino a centinaia di metri.

Con un numero ormai oltre dieci volte più grande della popolazione umana, gli animali terrestri da allevamento (che emettono gas serra ultra potenti, come metano e diossido di azoto) sono ora così tanti che, anche se domani smettessimo di bruciare combustibili fossili - un'impossibilità -, le emissioni alimentari da sole ci spingerebbero 2-3 volte oltre il nostro obiettivo di contenere a 1,5°C l’aumento della temperatura globale tra il livello pre-industriale e il 2100, e ci farebbero quasi mancare anche l’obiettivo climatico meno stringente del 2°C. Allo stesso tempo, gli allevamenti intensivi e la nostra costante interferenza con la fauna selvatica per il cibo hanno portato a un'escalation di zoonosi emergenti e stanno rendendo gli antibiotici inefficaci.

Purtroppo la distruzione del Pianeta per produrre cibo non riesce neppure a sfamarci. I sistemi alimentari odierni, fortemente sovvenzionati con soldi pubblici dai governi dei Paesi sviluppati ed emergenti al fine di potenziare la produzione di prodotti animali, lasciano miliardi di persone, tipicamente quelle con redditi più bassi ma non solo, cronicamente malnutrite e le fanno ammalare di obesità, diabete, cancro e malattie cardiovascolari che compromettono il sistema immunitario. Indipendentemente dall’eta’, la stragrande maggioranza delle persone decedute a causa del COVID-19 soffriva di una o più di queste patologie.

 

Le conseguenze economiche

Il costo umano del fallimento dei sistemi alimentari moderni si somma a costi economici enormi perché i malati cronici hanno più difficoltà a trovare e mantenere un lavoro e, quando ne hanno uno, sono meno produttivi a causa delle assenze per malattia, oltre ad andare generalmente in pensione anticipatamente, con conseguente perdita di reddito e aumento del debito pubblico e privato. Allo stesso tempo, i sistemi alimentari non sono né inclusivi né dalla parte dei piccoli coltivatori o proprietari terrieri perché la produzione è fortemente concentrata, globalizzata e finanziarizzata, con pochi attori dominanti che gestiscono l'intero mercato mondiale di sementi, cereali e bestiame. La preoccupazione è che le mega-aziende agroalimentari globali siano diventate troppo grandi per nutrire l'umanità in modo sostenibile, troppo grandi per operare in condizioni eque con altri attori del sistema alimentare e troppo grandi per fornire i tipi di innovazione di cui abbiamo bisogno.

 

La temperatura sale e la situazione si aggrava

Malauguratamente, questi problemi sono destinati a peggiorare man mano che l'offerta di cibo diminuisce a causa dell'aumento delle temperatura atmosferiche globali, la crescente scarsità di acqua (80% della quale è usata in agricoltura e in particolare per allevare bestiame) e la continua perdita di biodiversità; e man mano che la domanda di cibo s’impenna a causa della crescita della popolazione mondiale e dei cambiamenti nelle diete dei Paesi emergenti che stanno diventando sempre più cariche di proteine e grassi animali. Riflettendo su queste tendenze di fondo, non sorprende che sia l'UN Food Price Index che il Global Farmland Index abbiano entrambi registrato una fortissima accelerazione dagli anni 2000.

 

Le misure necessarie

La buona notizia è che non è troppo tardi per riparare i nostri sistemi alimentari ed evitare una catastrofe umanitaria e planetaria. Nel libro The Economics of Sustainable Food: Smart Policies for People and Planet, curato da chi scrive, si presenta per la prima volta un toolkit completo di politiche economiche e riforme strutturali per guidare la trasformazione del sistema alimentare in Paesi a diversi livelli di reddito. Vengono descritti nel dettaglio tre cambiamenti che, adattati ai singoli Paesi, possono risolvere il problema.

In primo luogo, è necessaria una transizione verso diete sane e sostenibili da un punto di vista ambientale. Questo richiede che riorientiamo i sussidi agricoli di modo che sostengano l’offerta di proteine alternative a quelle animali, invece che sostenere gli allevamenti industriali e i coltivi usati per alimentare il bestiame. Spostare le abitudini alimentari richiede anche misure che indirizzino le pratiche di approvvigionamento pubblico (per esempio mense pubbliche e scolastiche), i programmi di istruzione scolastica e universitaria, la regolamentazione del marketing alimentare, e i sistemi sanitari verso scelte dietetiche migliori. Le imposte sui cibi meno salutari, come le tasse sull’anidride carbonica per i combustibili fossili, possono aiutare a riflettere il vero costo di questi alimenti sui loro cartellini dei prezzi. In secondo luogo, l'agricoltura deve diventare rigenerativa. Ciò comporta il sostegno del governo per l'agricoltura e la maricoltura sostenibili; livellare il campo di gioco finanziario e normativo per le piccole attività agricole policolturali rispetto alle grandi aziende agricole intensive; e l'istituzione di pratiche di approvvigionamento collettivo che sostengano l’offerta di alimenti di provenienza locale e regionale. Terzo, dobbiamo ridurre l'impronta ecologica dell'agricoltura e della pesca e potenziare i servizi degli ecosistemi naturali che sono essenziali per continuare a produrre il nostro cibo. Ciò richiede politiche per allineare rapidamente le normative nazionali con le recenti proposte della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD) volte a proteggere e rivitalizzare immediatamente la natura. Sono inoltre necessarie misure per sradicare il commercio di animali selvatici per il consumo umano e la medicina tradizionale che stanno contribuendo all'estinzione di specie faunistiche chiave, minacciando interi ecosistemi e creando le condizioni per nuove pandemie.

I sistemi alimentari sono al crocevia della salute umana, animale, economica e ambientale. Riformarli offre un'opportunità unica per investire nella trasformazione necessaria per nutrire tutti - incluse le generazioni future - in modo sufficiente e sano; rigenerare l’ambiente;  consentire il fiorire delle economie e delle comunità locali depresse dalla crisi. Dando priorità alle riforme del sistema alimentare nei nostri piani di ripresa, possiamo non solo ridare energia all'economia globale, ma anche dare un forte impulso agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030 e all’agenda dell'accordo di Parigi sul clima.

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AUTORI

Nicoletta Batini
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