Il conflitto in corso in Ucraina e il suo impatto sulle forniture e sui prezzi dell’energia ha riportato al centro del dibattito pubblico europeo il tema della diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Dipendente da Mosca per oltre il 45% delle importazioni di gas naturale e per il 40% del proprio fabbisogno (pari a 155 miliardi di metri cubi annuali), l’UE si interroga su come sostituire le importazioni russe con quelle di altri Paesi. Si è quindi cominciato a speculare su un possibile aumento delle importazioni dai Paesi del Nord Africa, in primis l’Algeria.
Nel 2021 l’Algeria ha esportato in Europa circa 55 miliardi di metri cubi di gas naturale, risultando il terzo fornitore, con una quota dell’11,6% dell’import extra-UE. La guerra russo-ucraina si ripercuote sul Paese in una pluralità di modi. Se sul piano politico si è registrato un allineamento su posizioni di neutralità, sul piano economico Algeri si trova ad affrontare una situazione ambivalente, in un contesto già fiaccato dalle conseguenze della pandemia. Se l’aumento del prezzo del grano e, più in generale, la dinamica inflattiva in corso, rischiano di avere un impatto sulla ripresa economica, il Paese beneficia dell’aumento dei prezzi del petrolio e del gas e punta a un aumento delle esportazioni.
Se fino a pochi mesi fa il contesto macroeconomico faceva presagire delle conseguenze sulla stabilità del Paese, la crisi energetica in corso può invece rivelarsi un fattore cruciale per la tenuta e il rafforzamento del sistema. Ad esportazioni stabili, l’aumento dei prezzi del greggio registrato nel 2021 (con una media di 71 dollari al barile) aveva già contribuito a un aumento dei proventi delle esportazioni di 14,5 miliardi di dollari. Considerando l’attuale impennata dei prezzi, dovuta al conflitto in Ucraina, che ha raggiunto i 130 dollari al barile, si immagina un ulteriore beneficio per le finanze dello Stato, nonostante le fragilità strutturali del settore degli idrocarburi algerino rischino di limitarne la portata.
Fragilità strutturali e nuovi investimenti
Il settore energetico rappresenta il cardine del sistema socioeconomico algerino. Nel 2019 il settore degli idrocarburi ha rappresentato il 20% del Pil, il 40% delle entrate fiscali e il 94% dei proventi delle esportazioni.
La rendita che ne deriva è il cuore del contratto sociale del Paese, diga alle velleità di trasformazione politica e istituzionale. Le elargizioni pubbliche derivabili dallo sfruttamento delle risorse naturali hanno permesso all’Algeria di “resistere” all’ondata rivoluzionaria del 2011 e di superare le fasi critiche del crollo del prezzo del petrolio nel 2014 e lo scoppio della pandemia di Covid-19, che avevano comportato un aumento del deficit fiscale, una riduzione delle riserve valutarie e un congelamento dei piani di sviluppo.
Con gli attuali prezzi del greggio il Presidente della Repubblica, Abdelmadjid Tebboune, ha potuto annunciare il congelamento dei previsti aumenti delle tasse e l’incremento dei sussidi alla disoccupazione. Si può anche immaginare che la riduzione dei sussidi ai beni di prima necessità paventata nella legge di bilancio 2022 possa essere definitivamente accantonata: la legge infatti era stata formulata prevedendo un prezzo medio di 45 dollari al barile.
I benefici della crisi energetica attuale non devono però nascondere le fragilità strutturali del settore energetico algerino, che rischiano di tornare a galla nell’eventualità in cui i prezzi di petrolio e gas dovessero ridursi, basti pensare che il Paese ha uno dei fiscal break-even oil price più alti dell’intera regione, pari a circa 116 dollari al barile.
Nonostante la sua crucialità, infatti, nel corso degli ultimi decenni il settore è andato deteriorandosi a causa della mancanza di investimenti pubblici e privati nelle attività di esplorazione ed estrazione, nonché nella realizzazione di nuovi progetti e nella manutenzione delle infrastrutture, in un contesto di forte crescita demografica e di incremento della domanda interna di energia.
Tutto questo ha comportato negli anni una significativa riduzione della produttività e un crollo delle esportazioni (passate da 65 miliardi di metri cubi nel 2007 a circa 42 nel 2020). I contratti di fornitura sottoscritti dalle principali compagnie energetiche europee con Sonatrach nel 2019 prevedevano tutti una sostanziale riduzione dei volumi e un accorciamento della durata contrattuale.
Anche le esportazioni di gas naturale liquefatto, di cui il Paese era stato pioniere (essendo il primo al mondo ad avere costruito impianti di liquefazione), vengono limitate dal fatto che gli impianti di Arzew e Skidda operano al 50-60% della loro capacità. I principali destinatari delle esportazioni di Gnl algerino sono la Francia, l’Italia e la Spagna.
In modo ricorrente riemerge il dibattito sul possibile sfruttamento delle riserve di gas di scisto: l’Algeria possiede la terza più grande riserva di gas di scisto al mondo, ma il loro sfruttamento non è mai stato avviato.
Il Paese inoltre sconta profondi ritardi nell’implementazione della strategia nazionale per la transizione energetica, che potrebbe aumentare la quantità di gas destinato alle esportazioni. Nel 2019 con la Loi sur les hydrocarbures Algeri ha provato ad affrontare il rilancio del settore (ammorbidire e semplificare il quadro giuridico e fiscale e ad aprire il Paese agli investimenti esteri). Proprio il nuovo quadro legislativo ha permesso la firma del nuovo contratto di esplorazione e produzione del bacino di Berkine fra Sonatrach ed Eni. Sonatrach ha recentemente annunciato un piano di investimenti per 40 miliardi di dollari da realizzare fra il 2022 e il 2026.
Geopolitica delle esportazioni algerine
I principali clienti del gas algerino sono l’Italia e la Spagna, destinazioni del 65% delle esportazioni.
L’Algeria è il secondo fornitore di gas in Italia, con una quota pari a circa il 20% nel 2020. Al momento Roma importa circa 22 miliardi di metri cubi tramite il gasdotto Transmed, che collega i giacimenti di Hassi R'Mel con Mazara del Vallo, passando dalla Tunisia. L’infrastruttura, inaugurata negli anni ’80, ha una capacità che negli anni ha raggiunto i 32 miliardi di metri cubi. Vi è quindi uno scarto di circa 10 miliardi di metri cubi che potrebbe essere compensato con nuove esportazioni. Proprio su un aumento del flusso di gas tramite il Transmed si sono concentrate le attese europee in un’ottica di urgente diversificazione dalle forniture di Mosca. Secondo Abdelmajid Attar, ex-ministro dell’Energia algerino, il Paese riuscirebbe però a offrire solo 2-3 miliardi di metri cubi di gas addizionale, meno del 2% delle importazioni di gas russo nel 2021.
Negli ultimi anni è poi progressivamente tramontata l’ipotesi di costruire un secondo gasdotto fra Italia e Algeria, il Galsi, che avrebbe dovuto attraversare la Sardegna fornendo circa 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Se l’Italia potrà beneficiare di un pur limitato aumento delle esportazioni di gas algerino, questo scenario non sembra possibile in Spagna. Le forniture dal Paese nordafricano si erano infatti già ridotte a fine 2021, quando Algeri ha deciso di non rinnovare il contratto di fornitura di gas attraverso il gasdotto Maghreb-Europe, a causa delle crescenti tensioni con il Marocco sul Sahara Occidentale. Il gasdotto, che attraversa il Marocco prima di arrivare in Andalusia, aveva trasportato nel 2021 circa 6 miliardi di metri cubi verso la penisola iberica e garantiva al regno diritti di passaggio ed energia per la produzione di elettricità.
Il collegamento fra i due Paesi è stato mantenuto quindi solamente grazie al Medgaz, inaugurato nel 2011, che garantisce 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno. La capacità del gasdotto, di recente aumentata ulteriormente di 2 miliardi di metri cubi, non consente una sostituzione completa delle importazioni garantite dal Maghreb-Europe.
Anche a causa della chiusura del Maghreb-Europe, l’Algeria ha perso il titolo di principale fornitore della Spagna. A febbraio, il 33% delle importazioni spagnole è stato soddisfatto dal Gnl statunitense (contro il 23,2% di gas algerino). Nel 2018 Algeri copriva il 51% delle importazioni spagnole, percentuale ridottasi progressivamente al 33% nel 2019, al 29% nel 2020 e risalita al 47% lo scorso anno.
Le relazioni fra Algeri e Madrid sono state, inoltre, turbate dalla decisione, resa nota lo scorso 19 marzo, del governo spagnolo di giudicare come “il più serio, realistico e credibile” il piano di autonomia del Sahara Occidentale proposto dal Marocco nel 2007, in contraddizione con la postura tradizionale del Paese per una soluzione del conflitto basata sulla risoluzione ONU del 1991 (che prevedeva l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione). Algeri, storico alleato del Fronte Polisario, il movimento indipendentista sahrawi, ha reagito richiamando l’ambasciatore a Madrid. Queste tensioni non dovrebbero comunque avere un impatto significativo sulle relazioni energetiche bilaterali, dato che Algeri non potrebbe sostituire le esportazioni verso la Spagna con un incremento delle esportazioni di Gnl.
Troppe aspettative sull’Algeria?
Considerato che l’auspicato aumento delle esportazioni di gas algerino sembra, almeno nel breve periodo, limitarsi a 2-3 miliardi di metri cubi aggiuntivi, trasportabili tramite il gasdotto Transmed e date le tensioni con la Spagna e il Marocco e il non immediato aumento della produttività dei terminal di liquefazione del Paese, sembra più probabile immaginare che l'Algeria possa beneficiare principalmente degli alti prezzi di petrolio e gas, ma non di un incremento dei volumi venduti.
Insieme alle problematiche legate allo stato dell’industria degli idrocarburi, considerazioni geopolitiche continuano a giocare un ruolo fondamentale nella politica energetica algerina. Secondo alcune informazioni di stampa il Paese avrebbe respinto la richiesta americana di riaprire al flusso di gas il Maghreb-Europe, al fine di garantire maggiori forniture all’Europa in questa fase di incertezza legata al conflitto in Ucraina.
Il tema dell’aumento delle forniture di gas resta sensibile per Algeri, soprattutto relativamente alle storiche relazioni con Mosca. Basti pensare che il quotidiano algerino Liberté, che in un’intervista all’amministratore delegato di Sonatrach aveva annunciato l’intenzione del gruppo di “sostenere i partner di lungo periodo in caso di situazioni difficili”, è stato denunciato dal gruppo statale e accusato di averne manipolato le dichiarazioni.