Forum Cina-Africa: cosa è cambiato in 18 anni? | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri ristretti
    • Conferenze di scenario
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri ristretti
    • Conferenze di scenario
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary
Forum Cina-Africa: cosa è cambiato in 18 anni?
Maddalena Procopio
03 settembre 2018

Diciotto anni dopo il primo ‘Forum on China Africa Cooperation’ (FOCAC, 2000), nato per istituzionalizzare le relazioni tra la Cina e l’Africa, Pechino ospita dal 3 al 4 settembre oltre 50 capi di stato e governo africani e attori internazionali durante la settima edizione del Forum. Tenutosi ogni tre anni, alternativamente in Cina e in un paese africano, il FOCAC di quest’anno è inaugurato non solo dal presidente cinese Xi Jinping e dal suo co-host sudafricano Cyril Ramaphosa (è la seconda volta dopo quella del 2015 che FOCAC viene ospitato congiuntamente da Cina e Sudafrica), ma anche dall’attuale presidente dell’Unione Africana e presidente del Ruanda, Paul Kagame, e dal vicesegretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

La presenza di queste ultime due figure è significativa in quanto riflette l’importanza che le relazioni tra la Cina e i paesi africani hanno assunto a livello regionale e globale. Questa evoluzione è diretta conseguenza del drastico cambiamento di status e ruolo della Cina e di vari paesi africani negli ultimi diciotto anni. Per lo più piccoli attori nei primi anni 2000 (la Cina non era ancora entrata a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio e nessun paese africano compariva tra quelli a più rapida crescita economica, come invece accaduto in seguito), entrambi sono ora importanti attori nello scenario mondiale, capaci di definire e forgiare iniziative regionali e globali. Basti pensare all’Agenda 2063 e alla One Belt One Road (OBOR), due iniziative - la prima africana, la seconda cinese - volte a creare reti infrastrutturali e commerciali con il fine di promuovere il commercio e l’integrazione non solo a livello regionale ma anche internazionale.

La nascita di FOCAC come istituzione

Nel 2000, quando FOCAC fu creato, si assistette ad un cambio di velocità e di contenuto nelle relazioni sino-africane, fino ad allora improntate su una cooperazione per lo più diplomatica, alla cui base persisteva l’ideologia socialista che aveva permeato le relazioni sin dagli anni ’50. Fu in quegli anni che nacque la retorica della cooperazione Sud-Sud, una cooperazione solidale e reciproca tra stati sottosviluppati, provenienti dal Sud del mondo, contro il colonialismo e neo-colonialismo occidentale, basata sugli scambi di tecnologia, risorse e conoscenze.

Tuttavia, verso la fine del millennio le esigenze della Cina nei confronti dell’Africa iniziarono a cambiare, passando da priorità ideologiche a commerciali e politiche. In quegli anni la Cina stava implementando importanti riforme economiche, che la portarono nel 2002 ad entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio, e ad intraprendere una strada di sviluppo economico senza precedenti. L’Africa rappresentava un’importante fonte di risorse naturali, a cui la Cina aveva bisogno di assicurarsi accesso per poter sostenere la crescita interna. Allo stesso tempo, la Cina aveva bisogno di crearsi una base di supporto politico per portare avanti le sue istanze all’interno di organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, dove il paese asiatico ha potere di veto. L’Africa, con più di 50 stati sovrani, rappresentava un’importante potenziale fonte di appoggio.

FOCAC servì dunque a creare una piattaforma per coordinare tali relazioni, per potenziarle e per creare un’alternativa alle istituzioni occidentali, dando vita così ad un sistema di dialogo parallelo, incentrato sulle necessità di due realtà in via di sviluppo. La Cina rappresentava di fatto un’alternativa all’Occidente per l’Africa: i rapporti ruotavano attorno al commercio, non agli aiuti, e alla non-interferenza nelle questioni interne, quindi rapporti che prescindevano dal livello di democrazia o rispetto per i diritti umani dello stato con cui interagiva.

Gli interessi di allora: risorse naturali, commercio e investimenti

L’interesse principale della Cina verso l’Africa ruotava attorno alla necessità di assicurarsi accesso alle risorse naturali africane, accesso che era spesso ripagato con la costruzione di infrastrutture come strade, dighe, stadi, ferrovie, porti.

Un altro importante motivo di interesse per la Cina in Africa era la creazione di un mercato per le proprie aziende. Ad un’iniziale presenza di sole aziende statali, operative nelle infrastrutture, si sono aggiunte, nell’arco di un decennio, piccole e medie imprese private (si stima circa 10.000), che svolgevano attività nei settori più disparati, dalla manifattura all’import/export, dal piccolo commercio ai trasporti, settori spesso saturi in Cina.

Di conseguenza, la Cina è diventata un partner commerciale sempre più importante per il continente, fino a superare nel 2009 gli Stati Uniti. Mentre nel 2002 il valore del commercio bilaterale tra Cina e Africa ammontava a poco più di $10 miliardi, nel 2009 era salito a $90 miliardi e nel 2014 aveva raggiunto il picco di $220 miliardi. Negli ultimi anni si è notata una diminuzione del valore dell’interscambio, in parte dovuta all’abbassamento dei prezzi delle materie prime africane e in parte al fatto che la Cina ha ora molti più partner commerciali al di fuori dell’Africa, soprattutto lungo la rotta terrestre delle nuove vie della seta. Nel 2017 il valore totale del commercio si è attestato a $170 miliardi.

La Cina si è dimostrata negli anni anche un importante investitore nel continente, segno di un impegno a lungo termine. Il flusso da parte della Cina è stato in costante crescita a partire dai primi anni 2000, quando era a circa $75 milioni, ha raggiunto il picco nel 2008 a $5,5 miliardi e si è attestato a quasi $3 miliardi nel 2015. Sebbene il flusso complessivo degli Stati Uniti sia diminuito, il suo stock resta comunque, insieme a quello dei paesi europei, più alto di quello cinese. Questi paesi hanno investito in Africa per un periodo ben più lungo della Cina. Nel 2015, nove paesi africani contavano per il 60% degli investimenti diretti esteri cinesi in Africa (Sud Africa, Rep. Democratica del Congo, Algeria, Nigeria, Zambia, Sudan, Zimbabwe, Ghana, Angola).

Oltre agli investimenti diretti esteri, ai paesi africani la Cina ha sborsato, dal 2000 al 2017, $136 miliardi in prestiti. Una parte di questi prestiti (circa il 20%) sono concessioni o ‘aiuti ufficiali allo sviluppo’, mentre la stragrande maggioranza sono varie tipologie di crediti non agevolati. La Cina ha inoltre annunciato la creazione di un’agenzia di sviluppo, la China International Development Cooperation Agency, che si occuperà di coordinare gli aiuti – fino ad ora gestiti dal Ministero del Commercio e Ministero degli Esteri – e risponderà direttamente allo State Council, l’autorità esecutiva più importante del paese. La creazione di questa agenzia corona il passaggio della Cina da paese ricevente aiuti a paese donatore, collocandolo come uno dei più importanti donatori a livello globale.

Il ruolo dell’Africa nell’evoluzione delle relazioni

I FOCAC sono serviti, fin dall’inizio, a creare occasioni per annunciare pubblicamente l’entità e il contenuto degli impegni economici e socio-politici che la Cina intendeva assumersi nei confronti del continente africano. Nonostante la Cina abbia sempre posto molta enfasi sulla reciprocità e uguaglianza nelle relazioni, è un dato di fatto che i documenti che emergono dai Forum riportano scritto che la Cina ‘promette’ e i paesi Africani ‘concordano’. Questo ha portato a credere non solo che le iniziative, e gli interessi associati, provenissero solo dalla Cina – per lo più vero – ma che gli africani fossero meramente oggetti passivi di politiche ideate e implementate dal paese asiatico – per lo più falso.

È vero infatti che la Cina è stata il traino delle relazioni sino-africane nei primi anni di FOCAC, ma è altrettanto vero che le sue politiche, create ‘a tavolino’ con poca consapevolezza e conoscenza dei diversi contesti africani, si sono spesso scontrate con le diverse realtà in cui venivano implementate. Gli attori e i contesti africani non si sono dimostrati poi così passivi. È così che, a partire da FOCAC 2006, è iniziata ad emergere una serie di eventi ‘paralleli’ sulla sanità, l’educazione, i media, la sicurezza, l’ambiente e molto altro. I protagonisti non erano più solo gli attori statali, ma anche attori commerciali e organizzazioni di società civile che erano l’altra faccia delle relazioni sino-africane.

La Cina prese coscienza che le interazioni sociali (cosiddette ‘people-to-people’) fossero molto più ampie di ciò che veniva catturato nei FOCAC originali, e che fossero fondamentali alla buona riuscita dei suoi obiettivi. Questo rappresentò un primo importante momento di cambiamento. Pechino riconobbe che molto sfuggiva al suo controllo centrale e che la rigidità, in tal senso, dei FOCAC rischiava di rendere tali eventi mere cerimonie tra capi di stato, irrilevanti a risolvere questioni concrete. Lungi dal rappresentare la totalità delle relazioni sino-africane, gli eventi che ruotano attorno a FOCAC sono certamente un indicatore più pratico di ciò che accade concretamente nelle relazioni tra Cina e Africa.

Cosa aspettarsi da FOCAC 2018?

In un periodo in cui gli interessi commerciali cinesi in Africa sono leggermente diminuiti, ci sono altri interessi geopolitici che stanno chiaramente emergendo, dalla sicurezza all’innovazione tecnologica, dalla sanità all’internazionalizzazione del Renminbi.

Un tema, in particolare, farà da sfondo a tutti gli altri: il ruolo dell’Africa nella One Belt One Road cinese (o via della seta), un piano commerciale e infrastrutturale che punta a collegare la Cina all’Africa (oltre che all’Asia e all’Europa), in questo specifico caso tramite una rotta via mare. L’Unione Africana riconosce la complementarità dell’OBOR con gli obiettivi di Agenda 2063, un piano di sviluppo infrastrutturale per il continente, che punta a dotare l’Africa delle infrastrutture necessarie per supportare l’integrazione continentale, la crescita, la trasformazione tecnologica, il commercio e molto altro. La decisione dell’Unione Africana di aprire una sede a Pechino è proprio segno della sua volontà di giocare un ruolo incisivo nei processi decisionali che riguardano OBOR e l’Africa. 

Altri quattro temi di grande rilevanza saranno con buone probabilità la sicurezza, il debito, la sanità, la tecnologia.

Per ciò che riguarda la sicurezza, l’Africa è sempre stata una bassa priorità per la Cina, in particolare se comparata ai suoi vicini nel sud est asiatico e ai paesi occidentali. Nonostante ciò, il continente è cresciuto di importanza come conseguenza della dipendenza cinese dal petrolio e dai minerali africani, della rilevanza geografica nel quadro dell’espansione cinese nell’Oceano Indiano, e per la via della seta marittima. La base militare aperta a Gibuti nel 2017, e il fatto che a giugno 2018 si sia tenuto il primo China-Africa Forum on Defense and Security, attestano l’importanza che le questioni regionali in ambito di sicurezza hanno iniziato a rappresentare per la Cina – che è per altro un’importante fornitore di truppe per le missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite (il primo fornitore tra i membri con diritto di veto).

Per quel che riguarda il debito, la Cina possiede percentuali del debito di molti paesi africani, sollevando preoccupazioni circa la possibilità di questi ultimi di ripagarli, e quindi circa il loro futuro economico e livello di sovranità. Nonostante l’allarme per le elevate somme di prestito che la Cina ha elargito a tanti paesi africani negli ultimi anni, ad oggi i prestiti cinesi non sembrano essere la causa principale dei problemi economici della maggior parte dei paesi africani. Secondo uno studio recente, ‘solo’ in tre paesi i prestiti cinesi rappresentano il rischio principale di default: Zambia, Gibuti e Repubblica democratica del Congo. Allo stesso tempo, la crescita economica che questi prestiti sembravano promettere, in molti paesi non sembra essersi ancora verificata.

Nell’ambito sanitario invece, il supporto cinese verso l’Africa è aumentato e cambiato nel corso degli ultimi diciotto anni, in particolare dall’epidemia di ebola che colpì l’Africa occidentale nel 2014 e che vide la Cina dispiegare medici e peacekeeper. Non solo sviluppo in campo farmaceutico, ma anche pianificazione e partecipazione ai meccanismi multilaterali, come l’Organizzazione mondiale della sanità, sono gli elementi che negli ultimi anni hanno reso la Cina un attore di rilievo nella governance sanitaria globale.

Infine la tecnologia. La Cina ha contribuito allo sviluppo tecnologico in Africa con la creazione di reti di telecomunicazioni, così come con prodotti di largo consumo a basso costo, come i telefoni cellulari.  Il contributo della Cina sta ora evolvendo ad includere lo sviluppo di software e servizi, dall’e-commerce all’intelligenza artificiale.

Mentre delegazioni e presidenti si incontrano su suolo cinese, per scrivere ancora un altro capitolo di FOCAC, e mentre gli analisti aspettano di conoscere i dettagli che guideranno le relazioni sino-africane nei prossimi anni, resta la certezza che l’impatto delle decisioni prese ricadrà non solo sulla Cina e sull’Africa, ma anche sull’Europa, gli Stati Uniti e il resto del mondo.

Ti potrebbero interessare anche:

Investimenti: chi gioca la partita in Africa?
Maddalena Procopio
Associate Research Fellow - Africa Programme
Africa-China: Eighteen Years of Change
Maddalena Procopio
Associate Research Fellow - Africa Programme
Chinese ICT in Africa: From Infrastructure to Information Societies
Iginio Gagliardone
University of the Witswatersrand
China-Africa: Implications for Europe
Sven Grimm
German Development Institute
China and Africa's Integration Agenda: The Role of FOCAC
Bhaso Ndzendze
University of Johannesburg Confucius Institute
,
Sara Zumbika Van Hoeymissen
University of Botswana
Beijing Changing Norms of Development, Cautiously
Cornelia Tremann
Dakar-based analyst

Tags

Cina-Africa FOCAC 2018
Versione stampabile

AUTORI

Maddalena Procopio
ISPI Associate Research Fellow, Africa Programme

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157