Mentre Parigi è scossa dall’ultimo attentato sugli Champs–Élysées, i francesi sono chiamati alle urne per il primo turno di uno degli appuntamenti elettorali più attesi e più controversi del 2017. Nell’anno decisivo per l’Europa – già segnata dalla Brexit, spaventata dalla minaccia terroristica e tenuta sotto scacco dall’onda crescente del populismo – le presidenziali della République sono la prima di tre tornate elettorali che determineranno il futuro del Vecchio Continente: in settembre voterà la Germania e, a sorpresa, anche il Regno Unito si recherà alle urne l’8 giugno. Per la Francia, dopo una deludente presidenza Hollande, quello di domenica sarà un voto atipico: per la prima volta, i candidati dei due principali partiti francesi – François Fillon per i Républicains e Benoît Hamon per il Parti Socialiste – rischiano di non arrivare neanche al secondo turno. Schiacciati dagli scandali o annullati da campagne elettorali prive di appeal, sono messi all’angolo dai concorrenti "anti–establishment": dalla destra xenofoba e nazionalista di Marine Le Pen, al centro riformista di Emmanuel Macron, alla "sinistra della sinistra" di Jean–Luc Mélenchon. A pochi giorni dal voto, l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali tiene i francesi, e l’Europa intera, con il fiato sospeso: dallo spettro di una deriva populista, al rischio che si imponga la necessità di una coabitazione, dalle sorti incerte di un’economia in ripresa ma che da anni attende di essere riformata, alla sicurezza interna e al ruolo della Francia nel mondo di Trump e di Putin, le incognite che pesano su questo appuntamento sono molto serie. E tali potrebbero essere anche le conseguenze del risultato elettorale.
I temi del Dossier sono stati trattati anche durante l'evento "La Francia al voto" del 4 maggio.
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