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Commentary

Francia-Italia, cronaca di un confronto continuo

Marc Lazar
11 febbraio 2019

Il richiamo a Parigi dell’ambasciatore francese in Italia dello scorso 7 febbraio per consultarsi sull’ inaspettata visita di tre giorni prima del vicepresidente del Consiglio e ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali Luigi Di Maio, che ha incontrato i gilet gialli, ha messo in evidenza la profondità del scontro tra i governi francese e italiano. Dopo la formazione del governo guidato da Giuseppe Conte lo scorso primo giugno, tutti gli argomenti sono diventati un pretesto per la polemica tra Roma e Parigi, il più delle volte (ma non sempre, anzi) su iniziativa della prima: migranti, politica europea, ex terroristi italiani residenti in Francia, Chantiers de l’Atlantique, gilet gialli. La crisi politica delle scorse settimane è stata la più profonda tra Francia e Italia dal 1945 a oggi.

Quell’anno, da aprile a giugno, esplosero le tensioni tra il nuovo governo antifascista e il generale Charles de Gaulle, che voleva mettere le mani sulla Valle d’Aosta. Fu necessario l’intervento del Presidente statunitense Harry Truman per mettere fine alla disputa. Così, le truppe francesi furono ritirate. Negli anni Sessanta, ci furono degli attriti tra il concetto di “Europa delle nazioni” di de Gaulle e gli obiettivi federalisti dei governi democristiani. Altre incomprensioni con le autorità francesi emersero poi durante i governi di Silvio Berlusconi. Nel 1995, l’Italia votò all’ONU una mozione che condannava la ripresa dei test nucleari da parte del Presidente Jacques Chirac. Lui, per ritorsione, annullò il summit franco-italiano per la prima volta dal 1983, data in cui questi incontri furono istituiti. Eppure, più o meno velocemente, ciascuna di queste controversie è stata presto dimenticata. Non è quello che sta succedendo oggi. È evidente che in questo momento i due governi hanno maggiori difficoltà a riallacciare rapporti pacifici. Lo attesta l’impossibilità di tenere nel 2018 l’incontro annuale, inizialmente previsto in Italia, o ancora lo slittamento della firma del Trattato del Quirinale, voluto a gennaio 2018 dal Presidente Emmanuel Macron e l’ex Primo ministro Paolo Gentiloni. Il testo del Trattato, che doveva sigillare l’amicizia tra i due paesi, è stato redatto da un gruppo di sei “saggi” – tre francesi, tre italiani – che hanno lavorato in perfetta sintonia. Ma ora tutto lascia supporre che la crisi non potrà che continuare almeno fino alle elezioni europee.

In effetti, sembra che sia il vicepresidente del Consiglio, ministro dell’Interno e segretario della Lega Matteo Salvini, sia Luigi Di Maio, ma anche lo stesso Emmanuel Macron abbiano bisogno di eleggersi a reciproci avversari proprio in virtù dello scrutinio del prossimo maggio. Inoltre, da parte italiana, attaccare la Francia e il Capo dello Stato consente di rinsaldare un governo che regolarmente soffre delle divergenze tra i ministri della Lega e quelli del Movimento 5 Stelle. In Francia, il 21 giugno 2018, Macron aveva deprecato “la lebbra populista” nel noto discorso di Quimper e diversi suoi ministri ne avevano seguito l’esempio. Nelle ultime settimane, Parigi ha cambiato attitudine e si è impegnata a non gettare benzina sul fuoco. Ma la visita della settimana scorsa di Luigi Di Maio in Francia, con il mancato preavviso alle autorità francesi ed il sostegno espresso a uno dei gilet gialli – autore di dichiarazioni sovversive – sono stati considerati dal Quai d’Orsay e dall’Eliseo come il superamento inaccettabile del limite.

Il richiamo dell’ambasciatore francese aveva quindi tre obiettivi. Innanzitutto, far capire a Roma che c’è un limite alla polemica. Poi, fare leva sulle contraddizioni interne al governo, cosa effettivamente successa dal momento che il ministro degli Affari esteri, l’indipendente Enzo Moavero Milanesi, così come il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno subito ricordato l’importanza dell’amicizia italo-francese, e quest’ultimo ha esortato il Primo ministro Giuseppe Conte affinché ristabilisse un contatto con Parigi, che è ciò che è stato fatto anche dai due ambasciatori. Infine, l’esecutivo francese intende più che mai porsi – in Francia, come in Europa – come il bastione contro la sfida populista. L’Italia quindi non è che l’esempio emblematico di questa battaglia da portare avanti.

Visti dall’Italia, i motivi di fastidio nei confronti della Francia sono numerosi e non danno pace alla formazione di governo di Giuseppe Conte. Da diversi anni, in Italia c’è preoccupazione per l’acquisto di numerose imprese, banche e società d’assicurazioni da parte di aziende francesi. Inoltre, Roma non ha accettato l’intervento in Libia del 2011, e sospetta che la Francia voglia soppiantarla in un Paese che considera essere parte integrante della propria zona d’influenza. Infine, mentre i governanti francesi fanno dei gran discorsi sulla difesa dei diritti umani, l’Italia sente di essere stata lasciata sola nella gestione della crisi migratoria e denuncia la chiusura delle frontiere. Tutto ciò rimanda alla storia delle relazioni tra Italia e Francia che non è cominciata ieri, bensì è di lunga durata e sin dall’Unità d’Italia è stata attraversata da un rapporto fatto, da un lato, di attrazione e ammirazione ma, dall’altro, plasmato anche dall’esasperazione per l’arroganza francese e dalla frustrazione italiana generata dall’impressione di non essere presa sul serio da Parigi. A ciò si aggiunge un sentimento anti-francese che sta prendendo piede nell’opinione pubblica italiana e che la Lega e il Movimento 5 Stelle stanno sfruttando e amplificando. Un recente sondaggio condotto da Demos ha mostrato che attualmente solo il 24% degli italiani ha fiducia nella Francia, mentre cinque anni fa erano il 41%.

Oggi, i rapporti politici tra Francia e Italia sono giunti al loro punto più basso, benché in alcuni settori di reale cooperazione continuino a funzionare come se niente fosse, grazie, tra gli altri, anche alle eccellenti relazioni intessute tra ministri. I nostri due paesi continuano a essere l’uno per l’altro il secondo partner commerciale. Inoltre, i rapporti economici e tecnologici, oltre a quelli culturali e in ambito universitario, continuano e si rinforzano. Le iniziative comuni, come l’azione intrapresa da Confindustria e MEDEF in favore dell’Europa, si moltiplicano. In modo simile, le università di LUISS e Sciences Po hanno dato vita ai “Dialoghi italo-francesi per l’Europa”, che riuniscono imprenditori, personaggi del mondo della cultura, ricercatori e figure istituzionali e il cui prossimo appuntamento avrà luogo il prossimo 20 giugno. A livello di società civile, i legami restano forti e potenti da una parte e dall’altra delle Alpi.

Un ulteriore deterioramento dei rapporti politici tra Francia e Italia rischierebbe di affliggere l’insieme di queste relazioni e potrebbe avere gravi conseguenze. Ecco perché si ha l’impressione che nelle due capitali, nelle prossime settimane, ci sarà un’alternanza di momenti di tensione e di quiete, ma senza arrivare a strappi definitivi: il margine di manovra di Parigi e Roma è stato dunque delimitato. Tuttavia, tutti coloro che lavorano nella cornice delle collaborazioni franco-italiane non possono essere soddisfatti di una simile situazione. Questi raddoppiano i propri sforzi da una parte e dall’altra delle Alpi per tenere in vita l’amicizia tra i due paesi. Tutto ciò non è solo nell’interesse dei rapporti bilaterali tra Francia e Italia. È nell’interesse dell’Europa intera.

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Francia crisi diplomatica Europa
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EUROPA 2019

AUTORI

Marc Lazar
Sciences Po e ISPI

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