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Commentary

G20, l'ultima chance per evitare l'Apocalisse

05 settembre 2013

Il vertice del G20 in programma a San Pietroburgo il 5 e 6 settembre era stato pensato per discutere di temi economico-finanziari che ruotano attorno alla sfida di costruire una governance planetaria, per promuovere la crescita sostenibile e l’occupazione, proprio nel momento in cui vengono a galla difficoltà e freni nella dinamica delle economie emergenti.
Le certezze deboli di Obama. Ma la reale priorità che si è imposta sull’incontro è l’ipotesi di un attacco americano sulla Siria dalle conseguenze difficilmente prevedibili, a dispetto delle certezze con cui Barack Obama sta avvolgendo la sua strategia punitiva verso il regime di Bashar al-Assad (e dissuasiva nei confronti degli alleati di Damasco).La domanda che si fanno gli analisti è se i player regionali e globali - Washington, Mosca e Riyad in particolare - a San Pietroburgo possono riuscire a reinfilare nella bottiglia il genio maligno rilasciato dalla notizia dell’uso del gas contro i civili siriani.
La chance della diplomazia. Obama si è tagliato praticamente tutti i ponti dietro le spalle. Ma se non ha voluto forzare la mano al Congresso chiedendo che si riunisse prima del 9 settembre, come la sua condanna della strage del 21 agosto avrebbe lasciato supporre, significa che ha visto nel G20 un passaggio da sfruttare in una prospettiva da leggere in chiave negoziale, di mediazione.

Il balletto incrociato di Putin e Obama
La strategia di Obama potrebbe essere quella di continuare a far crescere i segnali di un attacco, evitando qualsivoglia gesto distensivo nei riguardi di Putin, suo principale interlocutore nonché antagonista. Ma parallelamente il presidente potrebbe anche proseguire con la diplomazia sotterranea per ridare spazio a un'opzione dell'ultima ora in accordo con la Russia, magari passando per Ginevra 2, la conferenza di pace su cui sembrava esserci un accordo a inizio dell’estate.
Il vicolo cieco degli Usa. Obama non può più fare marcia indietro: ne deriverebbe una rovinosa perdita di credibilità, non superabile neppure con l'estremo ossequio al solenne monito della Santa Sede e alla marea montante dei pacifisti nel mondo. Ma può invece riuscire a far deglutire a Putin l'inevitabilità di un attacco militare volto a evitare la possibilità di ripetizione dell'uso delle armi chimiche da parte di Assad.
L’opposizione (finta) dello zar. Putin, dal canto suo, si appresta a ricevere i suoi ospiti galleggiando cinicamente proprio sull'onda pacifista internazionale. Ha trovato conforto anche in Lakhdar Brahimi, l'inviato speciale di Onu e Lega araba, che ha tenuto proprio in questi giorni a ricordare i vincoli della legalità internazionale.
Il presidente russo ha avuto gioco facile nell'esaltare l’apparente incongruenza nella ricostruzione secondo cui Assad avrebbe deciso l’impiego del gas proprio nel momento militarmente a lui più favorevole e con gli ispettori delle Nazioni Unite alle porte.
I dubbi su 007 e prove. Infine, Putin ha potuto delegittimare le  presunte prove decisive della colpevolezza di Assad non solo ricordando il precedente iracheno, ma anche approfittando delle ombre accumulatesi sull’operato dei servizi segreti messe a nudo dalla talpa Edward Snowden.

Putin non può risultare marginale sulla Siria
Ma il padrone di casa sa che non è nel suo interesse far precipitare il vertice del G20 e che a poco servirebbe cercare di addebitare a Washington un eventuale fallimento.
Il presidente russo non riuscirebbe a isolare Obama e tirare troppo la corda con gli Stati Uniti potrebbe rivelarsi alla lunga controproducente. Ha soprattutto lasciato capire di essere assai riluttante a farsi coinvolgere in un conflitto: vuole però essere considerato interlocutore necessario in una regione nella quale ha accumulato rilevanti interessi economici e geopolitici.
A San Pietroburgo, peraltro, è assente l'Iran che non cessa di lanciare minacciose ritorsioni. Ma fino a che punto Teheran ha interesse, con il devastante fardello delle sanzioni internazionali, a incendiare il Medio Oriente?
La preoccupazione dei sauditi. Al G20 c’è invece l'Arabia Saudita che, spalleggiata dalla Turchia, ha cercato di accreditare l'unanimità della Lega Araba a favore dell'attacco americano. Parallelamente Riyad sta negoziando anche con Mosca perché il dopo Assad non porti in terra russa derive ideologico-religiose di marca estremista.
Con buona pace del tremulo-belligerante presidente francese François Hollande, gli europei sono probabilmente destinati e predicare la soluzione politica ma a sostenere Obama.
E quindi, a conti fatti, da questo G20 potrebbe sortire qualcosa di utile.

Armando Sanguini, ISPI Scientific Advisor, già Ambasciatore d’Italia in Tunisia e Arabia Saudita.  

*Questo articolo è già stato pubblicato su Lettera 43, http://www.lettera43.it/politica/g20-l-ultima-chance-per-evitare-l-apoca...

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USA Obama Bashar al-Assad Siria Putin Russia Guerra Iran sicurezza Medio Oriente diplomazia intelligence Arabia Saudita g20
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