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ENERGIA

Gas: che inverni ci attendono?

Massimo Lombardini
25 novembre 2022

Dopo una lunga “estate di San Martino”, l’inverno è infine arrivato con temperature rigide che innescano timori di possibili razionamenti di energia, in particolare del gas utilizzato per la maggioranza dei nostri riscaldamenti. Prima di analizzare futuri scenari è però utile rivedere le dinamiche che hanno influenzato il consumo, la fornitura e i prezzi del gas negli ultimi mesi e anni.

 

Riassunto delle puntate precedenti

Fra il 2010 e il 2014 la produzione di shale oil e di shale gas negli Stati Uniti diventa sempre più rilevante. Questo fenomeno indicato come shale revolution porta sul mercato americano quantità sempre maggiori di petrolio e gas fino a trasformare, nel 2022, gli Stati Uniti nel maggiore esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (GNL).

In conseguenza della shale revolution dal 2014 il prezzo del petrolio, che era rimasto al di sopra dei 100 dollari al barile per quattro anni, comincia a diminuire fino a scendere nel 2016 sotto i 30 dollari. Malgrado la creazione nel 2016 dell’OPEC+, un super-cartello fra OPEC e altri Paesi produttori, i prezzi degli idrocarburi rimangono bassi e come conseguenza le compagnie petrolifere riducono massicciamente gli investimenti per l’esplorazione e la messa in produzione di nuovi giacimenti. La botta finale agli investimenti arriva nel 2020 con le misure di confinamento introdotte per contrastare il diffondersi del Covid-19, che riducono talmente la domanda di energia da spingerne i prezzi a valori inimmaginabili. Si può aneddoticamente ricordare che il 20 aprile 2020, il cosidetto black Monday, il prezzo del petrolio diviene negativo.

 

2021. Un completo ribaltamento del trend dei prezzi

Nel 2021 la ripresa economica globale, che sfiora il 6%, si traduce in un forte incremento della domanda di petrolio, gas, carbone e elettricità. Il mercato stremato da anni di sottoinvestimenti stenta a trovare le forniture necessarie a soddisfare la domanda di energia generando un trend rialzista dei prezzi. 

Una serie di concause “meteorologiche” rafforza il trend rialzista dei prezzi e in particolare del gas. Un inverno e una primavera rigidi sono seguiti da un’estate calda, con un conseguente incremento della domanda di gas per riscaldamento e di elettricità per aria condizionata. Sul lato dell’offerta un’estate poco ventosa e secca limita la produzione di elettricità da eolico e da idroelettrico aumentando la domanda e i prezzi di gas e carbone per produzione elettrica. 

Infine, nella seconda parte del 2021 la Russia, che fornisce il 45% dell’import di gas nell’Unione europea, ci mette la “gelida manina” limitando il suo export ai minimi contrattuali. Ciò costringe gli importatori europei ad acquistare a caro prezzo gas liquefatto sul mercato globale dove la richiesta era già aumentata a causa della forte domanda asiatica. Si deve quindi sottolineare che all’inizio del 2022, cioè prima dell’invasione dell’Ucraina, i prezzi dell’energia erano già aumentati: il petrolio veleggiava verso il 100 dollari al barile e il gas naturale quotava oltre i 100 euro al megawattora con prezzi quasi quintuplicati rispetto all’inizio del 2021.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Unione europea e altri Paesi introducono una serie di sanzioni nei confronti di Mosca che reagisce riducendo le forniture di gas. Inizialmente Gazprom chiede pagamenti in rubli e taglia le forniture ai Paesi che rifiutano di adeguarsi. In seguito, riduce le forniture ad altri Stati e in agosto interrompe le forniture tramite Nord Stream 1 adducendo problemi di manutenzione. Il 27 settembre 2022, un attentato distrugge Nord Stream 1 e parte di Nord Stream 2. Durante lo stesso mese i prezzi del gas culminano a 350 euro al megawattora.

Da settembre a oggi i prezzi del gas si sono però più che dimezzati per une serie di fattori concomitanti. Ottemperando al Regolamento dell’Unione europea del giugno 2022, gli Stati europei hanno riempito gli stoccaggi di gas al 95% della loro capacità. Anche se tali stoccaggi non sono in grado di supplire alle necessità di gas durante tutto l’inverno, costituiscono però una riserva che dà sicurezza al mercato, calmierandone i prezzi. Inoltre, le società europee hanno parzialmente rimpiazzato il gas russo tramite forniture addizionali da altri produttori. La Norvegia ha aumentato la produzione coprendo un terzo delle nostre importazioni. Le importazioni di GNL sono aumentate massicciamente e nei primi sei mesi del 2022 gli Stati Uniti hanno destinato i due terzi dei 57 miliardi di metri cubi del loro export di gas liquefatto all’Unione europea. Infine, sul fronte della domanda, un autunno mite ha ridotto la richiesta di gas per riscaldamento a cui si è aggiunta un’ulteriore diminuzione in seguito alla limitazione delle produzioni di alcune industrie energivore.

 

Scenari per il prossimo inverno

Le visioni sugli scenari per le forniture e i consumi di gas per il prossimo inverno sono state estremamente divergenti. In realtà, sia uno scenario ottimista che ci consentirebbe di passare indenni l’inverno, sia uno più pessimista con ipotesi di razionamenti sono possibili. È infatti difficile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi in quanto alcuni parametri del bilancio fra domanda e offerta di gas sono difficilmente quantificabili.

Nello scenario più ottimista, supereremo bene l’inverno arrivando alla primavera con gli stoccaggi parzialmente riempiti. In questo scenario avremmo un inverno mite e si otterrebbero i risultati del piano per il contenimento del consumo di gas adottato dal governo Italiano il 6 ottobre. Il piano prevede risparmi per 8 miliardi di metri cubi di gas, cioè più del 10% del consumo italiano di gas del 2021. I risparmi sono basati sulla sostituzione di 2 miliardi di metri cubi di gas con altri combustibili per generazione elettrica a cui si aggiungono 6 miliardi di riduzione della domanda di gas. La riduzione della domanda dovrebbe provenire dalla diminuzione di 15 giorni del periodo di accensione degli impianti di riscaldamento e da un’ora in meno di riscaldamento al giorno per l’inverno 2022-2023. A ciò si aggiungono le misure comportamentali per i cittadini, da promuovere con campagne di sensibilizzazione. Sul fronte dell’offerta il flusso di gas dalla Russia, per quanto ridotto a circa il 10% delle importazioni, verrebbe mantenuto e gli altri fornitori manterrebbero i loro livelli.

Nello scenario più pessimista, avremmo invece un inverno rigido con consumi più elevati di gas per riscaldamento. La Russia azzererebbe completamente le forniture e saremmo costretti a procacciarci GNL sul mercato mondiale facendone lievitare i prezzi. Sarebbe poi necessario svuotare completamente gli stoccaggi di gas arrivando in primavera in condizioni di disperato bisogno di forniture per riempirli in vista dell’inverno 2023-2024.

Fra lo scenario più ottimista e quello più negativo sono possibili una serie di situazioni intermedie che, come sopraindicato, dipendono in gran parte da fattori non prevedibili. Quale che sia lo scenario, le misure previste non si devono limitare all’inverno 2022-2023 in quanto l’inverno successivo sarà ugualmente problematico. In questa ottica è necessario che il rigassificatore di Piombino venga messo in esercizio nella primavera 2023 permettendo di importare quantità addizionali di GNL.

 

Scenari a medio e lungo termine

Oltre a iniziative di breve termine che ci consentano parafrasando Eduardo di Filippo di “passà 'a nuttata” (cioè i due prossimi inverni), sono necessarie anche delle politiche, per la nostra sicurezza energetica, di più lungo termine diminuendo strutturalmente la dipendenza energetica da Paesi terzi.

È necessario spingere a fondo sulla transizione energetica. Con un utilizzo più efficiente dell’energia e con più fonti rinnovabili, in gran parte prodotte nel nostro Paese, noi contribuiamo sia alla transizione che alla sicurezza degli approvvigionamenti diminuendo la dipendenza da fornitori esterni.

Bisogna però essere consci che la transizione energetica richiederà decenni ed è perciò necessario rilanciare anche la produzione di idrocarburi in Italia diminuendo la dipendenza da Paesi terzi. Ciò consentirebbe di incrementare la produzione italiana ridotta a poco più di 2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ricordiamo che negli anni ’80 l’Italia produceva quasi 20 miliardi di metri cubi all’anno, un volume equivalente a più di due terzi dell’import di gas russo del 2021.

Infine, l’Italia si è dotata saggiamente di 4,5 miliardi di metri cubi di riserve strategiche di gas in caso di rotture gravi degli approvvigionamenti. Molti Paesi europei non hanno tali riserve ma si dovrebbe considerare la creazione a livello europeo di scorte strategiche di gas come venne fatto per il petrolio dopo gli shock petroliferi degli anni ’70.

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Geoeconomia Energia crisi del gas
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Image Credits (CC BY 2.0): Brian Cantoni

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