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Focus

Geoeconomia degli investimenti infrastrutturali: opportunità per il Sistema Italia

Stefano Riela
|
Alessandro Gili
23 aprile 2019

Come interagiscono la geopolitica e le infrastrutture? Quali effetti economici generano queste ultime, soprattutto in una prospettiva di lungo termine? Come si posizionano le aziende italiane nel contesto internazionale e che effetti può avere l’innovazione tecnologica sul settore?

A partire da queste e altre domande si è svolta a Roma lo scorso 9 aprile la conferenza “Geoeconomia degli investimenti infrastrutturali: opportunità per il sistema Italia”, promosso da ISPI con la knowledge partnership di McKinsey & Company. L’evento ha offerto l’occasione per uno scambio di opinioni tra i principali attori coinvolti nel settore infrastrutturale. In particolare, alla discussione sul significato geopolitico e sull’impatto economico delle infrastrutture è seguito un dibattito tra le principali imprese del settore sulle priorità per poter competere in modo efficace e dinamico a livello internazionale.

 

Le infrastrutture: uno strumento geopolitico?

I grandi progetti infrastrutturali possono rivestire una funzione intrinsecamente geopolitica, avendo tra gli obiettivi principali il miglioramento delle connessioni tra regioni e popoli spesso separati da barriere di natura fisica. Le infrastrutture hanno modificato, nella storia, le modalità di trasporto, di scambio e di comunicazione, velocizzando le interazioni economiche e sociali. La connettività ha un impatto evidente sulle relazioni internazionali e costituisce una forza propulsiva allo sviluppo dei progetti infrastrutturali, anche modificando profondamente il modo in cui lo spazio fisico viene definito e vissuto. Le principali potenze internazionali, e recentemente la Cina, hanno utilizzato le infrastrutture in chiave geopolitica. Il progetto di Pechino, denominato Belt and Road Initiative (BRI) o nuova Via della Seta, punta per esempio a rafforzare il collegamento tra l’Europa e la Cina e passerà per l’intera Asia centrale, includendo inoltre territori del Sud-est asiatico, del Medio Oriente e dell’Africa Orientale mediante la Maritime Silk Road. Il progetto infrastrutturale cinese ha una duplice finalità: incrementare le opportunità commerciali per Pechino, attraverso collegamenti più efficienti con i mercati dei partner economici; nonché legare a sé, a livello geopolitico, i Paesi interessati dai progetti infrastrutturali e di investimento cinesi. Solo nel corso del 2018 Pechino ha firmato 123 documenti per lo sviluppo della BRI con 125 Paesi e sottoscritto 26 documenti con 29 organizzazioni internazionali: il rischio, in particolare per gli Stati economicamente più piccoli, è quello di vedersi inclusi in un rapporto asimmetrico, in cui essi potrebbero perdere parte della propria autonomia politica ed economica, anche a causa dell’indebitamento per far fronte agli investimenti infrastrutturali.

 

Gli Stati Uniti hanno recentemente moltiplicato le iniziative per tentare di contrastare le ambizioni egemoniche di Pechino, attraverso nuovi fondi destinati a progetti infrastrutturali nella regione Indo-Pacifica. Nel luglio 2018, il Segretario di Stato Mike Pompeo, nel corso dell’Indo-Pacific Business Forum, ha annunciato un piano di 113 milioni di dollari finalizzato ad iniziative infrastrutturali americane nel campo dell’economia digitale, dell’energia e delle infrastrutture nella regione, con l’obiettivo di catalizzare ingenti fondi di natura privata. Nell’ottobre 2018, il presidente statunitense Donald Trump ha firmato il BUILD Act, che ha istituito una nuova International Development Finance Corporation che raddoppia la capacità finanziaria degli Stati Uniti da 30 a 60 miliardi di dollari, con l’intento di disporre di maggiori fondi per intervenire nella cooperazione infrastrutturale nella regione dell’Indo-Pacifico. Nella stessa area, anche il Giappone potrebbe accrescere il suo ruolo di investitore in progetti infrastrutturali sia in ottica politica che economica.

L’area dell’Asia centrale, in particolare, riveste un ruolo importante poiché risente dell’influenza congiunta e degli interessi di tre grandi potenze – Cina, Stati Uniti e Russia – e le infrastrutture sono al centro dei disegni strategici di tutti gli attori in campo. A titolo di esempio, il deficit energetico del Pakistan è stato sfruttato dalla Cina per rafforzare le relazioni con Islamabad, attraverso l’elaborazione di un piano per la fornitura di risorse energetiche al Paese. In Africa, il cambio ai vertici della Repubblica democratica del Congo, Paese estremamente ricco di risorse naturali, ha riportato le infrastrutture al centro degli obiettivi per lo sviluppo, con un manifestato interesse sia di Washington che di Pechino per realizzare le opere infrastrutturali necessarie. Il nuovo governo brasiliano ha posto nuovamente le infrastrutture al centro dell’agenda politica, con riforme volte a rivedere il quadro regolatorio e attrarre nuovi capitali.

Anche l’Unione europea ha ben presente il significato geopolitico delle infrastrutture. Nella realizzazione dei corridoi infrastrutturali europei TEN – centrali per aumentare l’integrazione nel mercato interno – Bruxelles ha previsto la possibilità di investire, tra gli altri, in Paesi candidati all’ingresso nell’UE o coinvolti dalla Politica europea di vicinato. L’obiettivo è avvicinarli al mercato interno europeo e, così facendo, contrastare le spinte centrifughe e l’allineamento di Paesi limitrofi agli interessi strategici di altri attori internazionali. Le infrastrutture, all’apice della nuova ondata della globalizzazione e nell’era della competizione globale tra grandi blocchi, assumono perciò un valore in cui politica ed economia sono fortemente interrelate.

 

 

 

 

Perché le infrastrutture sono fondamentali per lo sviluppo economico?

I progetti infrastrutturali creano valore e contribuiscono alla crescita economica dei Paesi grazie ad effetti diretti e indiretti. La realizzazione di una infrastruttura, infatti, aumenta il PIL e crea posti di lavoro, mentre la sua disponibilità può aumentare la produttività degli agenti economici che la usano, promuovendo concorrenza e cooperazione. Le infrastrutture possono quindi favorire, in linea di principio, il benessere complessivo di un territorio. Questo è il motivo principale per il quale la tendenza attuale è di aumentare la connettività attraverso la dotazione infrastrutturale.

L’impatto economico delle infrastrutture è stato valutato da un recente studio finanziato dalla Commissione europea, con riferimento specifico alla rete di trasporto europea (TEN-T) nota come “core network” (i corridoi che connettono i principali nodi urbani, porti e aeroporti con collegamenti stradali e ferroviari) da completare entro il 2030; l’analisi prevede una crescita del PIL europeo dell’1,6% e la creazione di 797.000 nuovi posti di lavoro.

L’importanza economica delle infrastrutture si riflette anche nella costante crescita degli investimenti infrastrutturali nel portafoglio delle principali banche regionali di sviluppo, tra le quali la New Development Bank (la cosiddetta banca dei BRICS creata nel 2015) e dell’Asian Infrastructure Investment Bank (creata nel 2016 per volontà della Cina). L'investimento annuale in infrastrutture economiche è compreso, a livello mondiale, tra il 4% e l'8% del PIL, a seconda della metodologia di calcolo. L'attuale livello degli investimenti non appare tuttavia sufficiente a compensare il deprezzamento del capitale e a realizzare i nuovi asset necessari per la competitività futura delle imprese e dei territori in generale. Questa necessità di investimenti è dovuta principalmente al deterioramento delle risorse infrastrutturali nei paesi sviluppati, all'aumento della popolazione e alla necessità di aumentare il potenziale economico, a partire dai paesi in via di sviluppo. Il G20 Global Infrastructure Outlook stima l’attuale gap infrastrutturale (differenza tra domanda di infrastrutture e investimenti nelle stesse) in 600 miliardi di dollari annui; il deficit infrastrutturale italiano risulta il maggiore a livello europeo, con un gap previsto nel 2019 tra investimenti effettivi e necessità infrastrutturali pari a circa 11 miliardi di dollari. Tale carenza limita il potenziale di crescita a lungo termine del Paese. Per questo motivo, in un contesto di consolidamento fiscale dei bilanci pubblici in molti Paesi, risulta sempre più importante il coinvolgimento dei capitali privati nel finanziamento delle infrastrutture, soprattutto attraverso la realizzazione di Public-Private Partnerships.

 

 

 

Sfide e opportunità per il sistema Italia

La geografia del mercato delle infrastrutture è globale e la competizione nel settore si gioca anche sulle dimensioni delle imprese. Rispetto ai maggiori player internazionali, le imprese europee sono svantaggiate nella loro crescita da un mercato europeo ancora frammentato; nonostante il mercato unico, infatti, i grandi appalti pubblici sono ancora prevalentemente assegnati ad imprese nazionali. Con particolare riferimento all’Italia, la frammentazione del tessuto imprenditoriale che ha caratterizzato per anni il settore si sta ridimensionando: da un lato per competere a livello internazionale nel mercato delle grandi commesse; dall’altro, per effetto delle condizioni di contesto nazionali che non sono adatte alle imprese di piccola dimensione (si pensi alle procedure nel settore degli appalti che dilatano i tempi di pianificazione, realizzazione e pagamento delle opere).

Parallelamente all’aumento dimensionale, le imprese del settore infrastrutturale potrebbero beneficiare dell’adozione di nuove tecnologie quali la raccolta e l’analisi dei dati, e l’intelligenza artificiale. Questo potrebbe dare una spinta significativa alla loro produttività che, nello scorso decennio, ha visto una variazione minima se si compara con l’incremento avuto nel settore manifatturiero. Nell’articolo di McKinsey “How analytics can drive smarter engineering and construction decisions”, per affrontare le sfide imposte dal digitale, le società che operano nel settore infrastrutturale dovranno sviluppare un nuovo modello di business. Questo cambiamento richiede di considerare le iniziative in ambito digitale come parte integrante della propria strategia, adattando processi e strutture organizzative, e fornendo alla propria struttura le competenze necessarie per gestire il percorso di trasformazione.

Le decisioni d’investimento sono un test per il sistema Paese in quanto tale, e richiedono uno sforzo coordinato di tutti gli attori coinvolti per favorire un uso tempestivo e razionale delle risorse disponibili. L’Italia è ancora un membro del G7 e pertanto un importante player geopolitico, tuttavia il mercato nazionale ha una dimensione limitata per permettere alle imprese del settore di continuare a crescere e mantenere l’attuale livello di competitività. La posizione privilegiata nel bacino mediterraneo – ponte tra sponda nord e sud e possibile centro propulsore degli scambi tra mondo europeo, asiatico ed africano – rappresenta quindi un’opportunità e impone un’attenta riflessione e valutazione degli obiettivi strategici e industriali del Paese, che non possono prescindere da una rinnovata centralità del tema infrastrutturale nel dibattito e nella definizione delle politiche pubbliche e delle iniziative private a livello nazionale.

 

 

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Tags

Crescita infrastrutture sviluppo economico
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AUTORI

Stefano Riela
ISPI Senior Associate Research Fellow
Alessandro Gili
ISPI Research Assistant

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