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Dopo il congresso

Germania: il futuro della CDU dopo Angela Merkel

Michele Valensise
19 gennaio 2021

Motivazione profonda, maturità politica, efficienza tecnica potrebbero essere i segni distintivi riportati sulla carta d’identità della Germania odierna. Sono sicuramente i tratti salienti del congresso della Cdu, che sabato ha eletto Armin Laschet presidente del partito, incarico ricoperto sinora ad interim dalla sfortunata Annegret Kramp-Karrenbauer a sua volta subentrata al vertice della Cdu ad Angela Merkel alla fine del 2018.

Al congresso, rinviato già due volte l’anno scorso a causa delle restrizioni anti-Covid e ora svoltosi interamente in modalità digitale, si è giunti dopo un lungo e intenso confronto tra i tre candidati alla guida del partito di maggioranza relativa, oggi nei sondaggi al 37% dei consensi. Nella corsa, dall’esito incerto sino all’ultimo, Laschet, ministro-presidente del Nord Reno-Vestfalia e candidato vicino alla cancelliera Merkel, ha prevalso sugli altri due concorrenti, Friedrich Merz e Norbert Röttgen, tutti originari dello stesso Land. È stata una campagna elettorale insolita, soprattutto a distanza, molto animata per le idee dibattute. Se Laschet rappresentava una linea di continuità con Angela Merkel, Merz era il candidato più critico del “merkelismo” da posizioni più conservatrici e Röttgen concentrava l’attenzione soprattutto su innovazione, ambiente e Europa.

La Bundeskanzlerin e la presidente uscente Kramp-Karrenbauer erano state attente a evitare avalli espliciti all’uno o all’altro. Nutrivano tuttavia una chiara preferenza per Laschet, mentre affioravano vecchie e nuove ruggini con gli altri due concorrenti, entrambi entrati tempo fa in rotta di collisione con la cancelliera e usciti malconci dallo scontro. Con l’elezione di Laschet si apre così una nuova fase della vita del partito, al centro non solo dello schieramento politico tedesco, ma di ogni possibile dinamica governativa, specie nel 2021, “anno super-elettorale” per la concomitanza di sei elezioni regionali e delle elezioni politiche federali del 26 settembre.  

Il congresso della Cdu, trentatreesimo della sua storia (in Germania partiti politici e congressi non sono passati di moda), merita di essere valutato almeno da due punti di vista: da un lato, della solidità dei partiti tedeschi; dall’altro, dei prevedibili sviluppi a livello governativo. A quelle latitudini i partiti sono ancora efficienti contenitori di idee e proposte di interesse primario della società. La loro attività è scandita da regole condivise e dal loro rispetto. Confronti anche aspri si incanalano in prassi ordinate e consolidate. Se ne è avuta prova negli scambi tra i tre candidati alla presidenza, fatto senza precedenti, ciascuno con la propria personalità e il proprio profilo politico ben marcati, tutti con una ragionevole speranza di vittoria.

L’intensità dei dibattiti e l’importanza della posta in gioco non hanno pregiudicato approfondimenti sostanziali né correttezza di comportamenti. Certo, anche dopo il successo di Laschet sussistono divergenze rilevanti all’interno del partito. In particolare Merz, “l’anti-Merkel”, resta il deciso propugnatore di una collocazione più conservatrice del partito, di un’ideologia più liberista e di una politica capace di far recuperare alla Cdu i consensi sottratti negli ultimi anni dall’inconcludente e inquietante AfD. Così come i sostenitori di Merz continueranno a spingere per un maggior rigore sulle misure di solidarietà in seno all’Unione europea e per una più esplicita rivendicazione di vantaggi nazionali per la Germania. Tuttavia, con la guida di Laschet sarà forte l’impegno per l’unità d’intenti interna e la migliore preparazione in vista delle prossime scadenze, non solo elettorali. La necessaria opera di ricucitura tra le due correnti di pensiero sarà laboriosa, ma non rischierà di subire strappi radicali. È prevedibile che, al di là delle notevoli differenze, alla fine prevarrà uno spirito unitario e la logica del gioco di squadra.

E il governo? Angela Merkel è planata sul congresso della Cdu con un discorso molto asciutto, di undici minuti, per ribadire che lascerà la cancelleria federale dopo le elezioni di settembre. Se il quadro non si modificherà, Merkel si ritirerà all’apice della sua popolarità, con la saggezza di chi si alza dal tavolo da gioco quando ancora vince, a differenza dei tanti che cercano di resistere anche quando le carte non promettono nulla di buono. La cancelliera non ha voluto indicare un/a delfino/a. La prospettiva di sostituire la prima donna nella storia a capo del governo tedesco, al termine del suo mandato protrattosi ininterrottamente per sedici anni eguagliando il primato di longevità politica di Helmut Kohl e al culmine del successo, potrebbe creare qualche esitazione anche presso i potenziali successori più attrezzati.

In teoria, il presidente della Cdu avrebbe la strada in discesa per essere scelto come candidato dell’Unione democristiana (Cdu/Csu) alla cancelleria federale. Nella pratica non c’è un automatismo e alle prossime elezioni politiche potrebbe essere designato come candidato del gruppo una personalità diversa, con maggiori speranze di successo. Nelle ultime settimane ricorre il nome di Markus Söder, ministro presidente della Baviera, autorevole e popolare. Ma è ancora presto per fare previsioni sul nome del candidato democristiano alla cancelleria. Come pure la formula del nuovo governo federale è ancora difficilmente immaginabile, dato che essa dipenderà dai risultati elettorali della Cdu/Csu e dei suoi possibili alleati (Spd, Verdi, Liberali).

Certo è che l’Unione cristiano-democratica e cristiano-sociale manterrà un ruolo di primo piano nella politica tedesca e, per riflesso, in quella europea. La lezione dell’economia sociale di mercato è ancora attuale ed è sempre più imprescindibile la dimensione europea per promuovere crescita, stabilità e diritti. La maggiore o minore attenzione alle esigenze della solidarietà e al rilancio del progetto europeo potrà essere modulata in base alla composizione della prossima coalizione di governo a Berlino – ad esempio, i Verdi potrebbero essere un partner stimolante per nuovi passi verso una maggiore integrazione europea. In ogni caso, ai fini della collaborazione in seno all’Ue, per la Germania continuerà a essere determinante la serietà dell’impegno dei partner nel far fronte alle proprie responsabilità, insieme alla fiducia che i loro comportamenti concreti e coerenti sapranno auspicabilmente ispirare.

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Germania Angela Merkel Europa
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AUTORI

Michele Valensise
Ambasciatore, Presidente del centro italo-tedesco per il dialogo europeo Villa Vigoni

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