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TURCHIA

Giochi pericolosi ad Ankara

Valeria Talbot
10 Dicembre 2021

Nonostante una previsione di crescita del 9% per il 2021 da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’economia turca continua a essere in forte affanno. La svalutazione della lira e l’aumento dell’inflazione sono i segni più evidenti, e preoccupanti, di una situazione economica complessa. Mentre la valuta turca ha perso l’80% del suo valore dal 2012, di cui oltre il 30% solo nell’ultimo anno, l’inflazione è salita al 21,3% a novembre. Il taglio del tasso di interesse al 15% operato dalla Banca centrale a novembre, il terzo da inizio settembre quando si attestava al 19%, non ha mancato di ripercuotersi ancora una volta sulla valuta nazionale, che nell’immediato ha perso il 6%, portando a 11 a 1 il cambio tra la lira e il dollaro. Così come non ha mancato di suscitare i timori degli operatori economici e le aspre critiche delle forze di opposizione. Proprio a causa dell'impossibilità di stabilizzare il tasso di cambio, il 2 dicembre il Ministro delle Finanze Lutfi Elvan ha rassegnato le dimissioni ed è stato sostituito dal proprio vice Nureddin Nebati, noto per le sue posizioni più vicine a quelle di Erdoğan.  

Il presidente, infatti, non ha mai nascosto la sua contrarietà al mantenimento di alti tassi di interesse considerati causa dell’inflazione, a dispetto delle tradizionali dottrine economiche, oltre che un freno alla crescita. Tuttavia, nell’ultimo anno il presidente aveva accettato, suo malgrado, la linea della Banca centrale, pur continuando a esercitare pressioni sull’istituzione monetaria. Dal 2019 Erdoğan ha cambiato ben quattro governatori della Banca centrale, oltre a diversi vice. Le interferenze politiche nella gestione della politica monetaria non hanno giovato in questi anni alla credibilità dell’istituzione monetaria né all’economia del Paese, minando tra le altre cose la fiducia degli investitori internazionali.

Inoltre, il taglio dei tassi in una fase in cui altre economie mondiali adottano misure diametralmente opposte fa della Turchia un unicum nel contesto internazionale. La prospettiva di un nuovo taglio entro dicembre così come di ulteriori riduzioni nel corso del 2022 non sembra del tutto improbabile. Del resto le recenti dichiarazioni di Erdoğan di apprezzamento per le mosse della Banca centrale spingerebbero verso questa direzione, se non fosse che il contraccolpo delle parole del presidente – convinto che il suo Paese stia affrontando una “guerra di indipendenza economica” contro non bene identificati nemici esterni – sulla lira è stato forte e immediato, facendola crollare del 15% e facendone schizzare il cambio con il dollaro a oltre 12 (la moneta turca ha perso oltre il 40% del suo valore rispetto alla valuta statunitense).

Oggi gli economisti sono concordi nel ritenere elevato il rischio di iperinflazione in un Paese che dipende fortemente dalle importazioni di energia e materie prime. Ma il timore è anche di ricadute più ampie sul sistema finanziario e l’intera economia per non parlare degli effetti sulla popolazione che ha visto notevolmente ridursi potere d’acquisto e standard di vita.

 

Tentativi per rilanciare la crescita

L’attuale governatore Sahap Kavcioğlu, in sintonia con l’indirizzo di politica monetaria del presidente, ha giustificato il taglio dei tassi con la necessità di promuovere investimenti, produzione e crescita, mentre mira a raggiungere l’obiettivo della stabilità monetaria attraverso la riduzione del deficit di conto corrente. Secondo quanto riportato dalla Banca centrale, nei primi otto mesi dell’anno il deficit di conto corrente è stato pari a 14 miliardi di dollari (rispetto ai 26 miliardi nel 2020), con un surplus di 528 milioni di dollari solo nel mese di agosto. La sua riduzione è dovuta principalmente alla diminuzione del disavanzo commerciale e all’aumento delle entrate dai servizi, grazie alla parziale ripresa del settore turistico in seguito alla riduzione delle restrizioni legate all’emergenza pandemica in molti Paesi. A fronte di un disavanzo commerciale di 2,8 miliardi di dollari si è registrato nel mese d’agosto un avanzo della bilancia dei servizi di 3,4 miliardi di dollari. Secondo i dati diffusi dal ministero del Turismo, nei primi nove mesi del 2021 circa 17,6 milioni di visitatori si sono recati in Turchia, quasi il doppio rispetto ai 9,5 milioni dell’anno precedente, ma si è ben lontani dai 36,4 milioni del 2019, anno record per il settore. Nello stesso periodo il comparto turistico ha fatto registrare entrate pari a 16,9 miliardi di dollari (erano 8,1 e 26,6 miliardi di dollari rispettivamente nel 2020 e 2019), una piccola boccata di ossigeno rispetto all’anno precedente.

 

I rapporti travagliati con Washington…

In questo contesto, l’economia turca, fortemente dipendente dai mercati internazionali, è anche sensibile all’andamento delle relazioni esterne della Turchia, in particolare con lo storico alleato americano. Negli ultimi anni i rapporti di Ankara con Washington hanno infatti attraversato fasi alterne e tensioni sono emerse su diversi dossier: dal sostegno americano alle forze curde in Siria (le Unità di protezione popolare che Ankara considera legate al PKK) alla mancata estradizione del predicatore islamico Fetullah Gülen, considerato responsabile del fallito golpe ai danni del presidente turco nel luglio 2016, al controverso acquisto da parte turca del sistema di difesa missilistico S-400 dalla Russia. Proprio su quest’ultimo dossier si è consumato lo strappo più profondo con gli Stati Uniti, preoccupati per le conseguenze sulla sicurezza dei sistemi militari della NATO e l’eventuale acquisizione di informazioni sensibili da parte della Russia. Strappo che è costato alla Turchia sia l’espulsione dal programma per lo sviluppo degli F-35 sia sanzioni americane nel dicembre del 2020 sulla base del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA) del 2017, che prevede misure restrittive nei confronti di tutti i Paesi che acquistano componenti di difesa dalla Russia.

Sebbene mirate all’Agenzia turca per gli acquisti militari e ai suoi vertici, con il congelamento degli asset detenuti negli Stati Uniti, le sanzioni sono un chiaro segnale dell’importanza che Washington attribuisce al dossier nella ridefinizione del rapporto con Ankara. Relazioni in cui l’amministrazione Biden dal suo insediamento non ha mancato di sottolineare la centralità del rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali, aggiungendo così un ulteriore elemento di attrito.  Su questo sfondo, non sorprende dunque che la Turchia non sia stata invitata al primo Summit delle Democrazie convocato in virtuale da Biden il 9 e 10 dicembre, cui parteciperanno oltre 100 paesi.

L’incontro tra i presidenti Biden ed Erdoğan ai margini del vertice del G20 di Roma non ha appianato le divergenze, tuttavia ha fatto emergere la volontà di entrambe le parti di mantenere un dialogo costante anche attraverso la creazione di un meccanismo per il superamento delle criticità sul piano bilaterale. Se Ankara non può permettersi forti strappi con Washington, sebbene le relazioni fatichino a rimettersi sui tradizionali binari, da parte statunitense emerge la necessità di evitare che la Turchia – partner strategico della NATO nel contesto mediorientale oltre che nella lotta al terrorismo – si sposti nella sfera di influenza russa, prospettiva che Washington intende scongiurare.

 

… e quelli con Mosca

Proprio a fine settembre il presidente turco aveva incontrato il suo omologo russo Vladimir Putin a Sochi per discutere di cooperazione bilaterale in materia militare, commerciale ed energetica. Al di là del dossier degli S-400, la Russia rappresenta il primo fornitore di gas della Turchia – l’import complessivo turco dalla Russia nel 2019 superava i 22 miliardi di dollari – mentre Ankara è il principale esportatore di prodotti agricoli e tessili nella Federazione russa. Inoltre, è la società di stato russa Rosatom a gestire lo sviluppo della prima centrale nucleare turca sulla costa meridionale della penisola anatolica.

Alla solidità dei rapporti commerciali ed energetici fa da contraltare una competizione nei diversi scenari di crisi del Mediterraneo allargato e del Caucaso meridionale, dove i due attori hanno posizioni e interessi concorrenti, ma sono attenti a evitare che le divergenze geopolitiche si traspongano sul piano della cooperazione bilaterale. Dall’estate del 2016, da quando Putin è stato il primo a esprimere sostegno a Erdoğan dopo il fallito golpe di luglio, nel silenzio di Stati Uniti ed Europa, Mosca è stata abile nel lavorare per sfilacciare la relazione di Ankara con Washington, facendo leva anche sulla relazione personale fra i due presidenti. Del resto, anche nella retorica del leader turco la Russia è stata spesso indicata come un punto di riferimento in alternativa ai partner occidentali, siano essi gli Stati Uniti o l’Unione europea, tanto che la Turchia già nel 2012 era diventata partner di dialogo dell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (SCO) a guida sino-russa.

Tuttavia, l’avvicinamento a Mosca in materia di difesa si è trasformato in un “gioco pericoloso” per Ankara nelle sue relazioni con l’alleato statunitense. Quest’ultimo si trova adesso di fronte alla difficile scelta di accettare o rifiutare la recente richiesta turca di acquistare quaranta F-16, oltre a decine di kit per l’ammodernamento dell’attuale flotta di F-16. Al di là delle implicazioni che un rifiuto potrebbe avere sia sul futuro della cooperazione blaterale in materia di difesa sia su sull’immagine degli Stati Uniti (già fortemente offuscata) a livello di opinione pubblica, sembra molto difficile che possa essere superato il divieto del Congresso alla vendita di armi alla Turchia finché rimane aperta la questione degli S-400. C’è chi sostiene che, se Washington negherà la vendita degli F-16, inevitabilmente la Turchia di Erdoğan continuerà a spostarsi verso la Russia. Molte variabili, tuttavia, sono in gioco e le necessità dell’economia costringeranno Ankara a un complesso bilanciamento tra due attori, per ragioni diverse, imprescindibili.

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Valeria Talbot
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Image Credits (CC BY-ND): World Humanitarian Summit

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