Se dovessimo giudicare la campagna elettorale per le presidenziali del prossimo 3 novembre da quel che abbiamo visto in questi primi mesi di estate, avremmo delle certezze: Joe Biden è destinato a vincere e la maggioranza repubblicana in Senato è in pericolo. Tutti i sondaggi nazionali assegnano al candidato democratico un vantaggio attorno ai 10 punti e i sondaggi che contano, quelli che testano l'opinione degli swing states, ci dicono che gli Stati in bilico sono più che in passato perché alcune roccaforti repubblicane come Arizona e Georgia sono diventate “viola” (né rosso repubblicano, né blu democratico).
Non c'è dubbio che il vantaggio democratico non sia il prodotto della campagna Biden: il democratico beneficia del fatto di avere un avversario che è il presidente più impopolare di sempre (mai sopra al 50%, altri hanno toccato punte negative peggiori) che, di fronte a una crisi vera, ha mostrato la sua incapacità ad affrontare la realtà e a prendere decisioni conseguenti per paura di essere impopolare nella propria base. I sondaggi ci dicono infatti che, oltre a godere di un vantaggio tra le minoranze, i giovani, le donne, i laureati, Biden è cresciuto anche in quel segmento di elettorato che rappresenta la banca repubblicana: i bianchi over 55. La ragione di questa crescita si chiama Coronavirus. Ma forse c'è di più. Nelle ultime tre tornate elettorali i democratici si sono presentati agli elettori con un candidato giovane e nero o con una donna non particolarmente popolare in ampi strati della società Usa. Stavolta gli americani sceglieranno tra due ultra settantenni bianchi e il democratico ha una serie di vantaggi. Biden è un politico di un'altra generazione, che parla la lingua politica che le generazioni più adulte hanno sempre ascoltato, che sa mostrare empatia, che sa rivolgersi alla working class bianca parlando la sua lingua e non suonando come un maledetto liberal di New York. Biden conosceva la working class quando questa era il nucleo dell'elettorato democratico della Rust Belt (Ohio, Michigan, Wisconsin, nord della Pennsylvania) che Trump vinse a sorpresa nel 2016. E a quei lavoratori, l'ex vice di Obama, parla di ricostruzione delle infrastrutture e “buon lavoro sindacalizzato” dove l'accenno al sindacato non significa conflitto con le imprese ma paga oraria alta e copertura sanitaria garantita. Biden fa anche spesso riferimento all'idea di poter tornare a un clima politico pre guerra in Iraq e Patriot Act, quando in Congresso le delegazioni dei partiti tendevano a trovare accordi o maggioranze qualificate grazie a una maggiore propensione al compromesso. Se questa speranza di superare la polarizzazione che ha portato i caucuses dei partiti a non parlarsi tra loro abbia qualche addentellato nella realtà è tutto da vedersi. Ma certo il messaggio piace a coloro che erano già adulti negli anni di Reagan, Bush padre e Clinton.
Ma come fare a dialogare con i moderati senza perdere il voto della sinistra? Quel voto è innegabilmente cresciuto e i radicali continuano a collezionare scalpi di moderati democratici nelle primarie, come a New York, di nuovo nel Bronx, dove Jamaal Bowman, preside di scuola afroamericano, ha sconfitto Eliot Engel, eletto per la prima volta a Washington nel 1989. Biden può contare di nuovo su Trump, che dipinge il memorandum siglato con Bernie Sanders come una specie di manifesto per la rivoluzione anarco-fascista-caotica (qui un esempio: Biden come cavallo di troia di Ocasio-Cortez&Company). La verità è che quel manifesto e la traduzione nel piano Build Back Better raccoglie alcune proposte di Sanders traducendole in idee per una transizione verso un'economia più equa e meno inquinante. Non c'è nulla di pericoloso nel voler rendere milioni di case autosufficienti dal punto di vista energetico, nell'imporre limiti di emissioni alle auto o nel voler investire pesante in ricerca sul cambiamento climatico. Anzi, si tratta per gli Usa di recuperare il tempo perduto nei confronti dei concorrenti globali nel contrastare e adattare la realtà a un ambiente che cambia. Ma parlando di ambiente e presentando il suo piano, elogiato anche da segmenti militanti della sinistra come un passo nella giusta direzione, Biden lancia un amo alle giovani generazioni. La paura di Trump e alcune scelte – aspettiamoci delle proposte democratiche sul controllo del commercio di armi – potrebbero aiutare a portare i giovani a votare. La scelta però non è quella di tentare di galvanizzare la parte più radicale del proprio elettorato come invece ha fatto Trump almeno fino a oggi. Non potrebbe essere altrimenti, Biden non è Sanders e non sarebbe credibile se divenisse un candidato incendiario. Può riprendere idee ed è quel che sta facendo.
La proposta di un “John Lewis Act”, una legge che renda facile votare in America anche per le minoranze, sarebbe invece un atto davvero rivoluzionario e anche un'abile mossa di scacchi: chi può dire di essere contrario a garantire il diritto di voto a tutti? (in questa puntata del podcast che curo con Mattia Diletti proviamo a spiegare come quel voto venga scoraggiato con ogni mezzo). Parlare del tema mentre la popolazione afroamericana si mobilita per porre la questione nera al centro, non della politica elettorale ma della società Usa, è potrebbe contribuire a portare ai seggi quei neri che non sono andati a votare nel 2016, quando la partecipazione degli afroamericani è scesa 5% rispetto a 4 anni prima.
Una donna afroamericana come vice avrebbe un effetto ancora più forte. A giorni sapremo chi sarà la vice di Biden, ma l'idea di avere una donna, a prescindere dal colore della pelle o dalle origini, significa mandare un messaggio importante alle donne middle class della suburbia che possono divenire un pezzo importante di una coalizione democratica vincente. E sottolineare un'altra differenza dal presidente in carica.
Infine, dalla campagna Biden abbiamo notizia di uno sforzo enorme per mobilitare l'elettorato ispanico. Qui c'è un bacino enorme di voti da raccogliere e la possibilità di cambiare colore politico ad alcuni Stati dove i latinos sono un terzo degli elettori potenziali. Gli ispanici votano poco, sono più gli elettori potenziali che non vanno alle urne di quelli che ci vanno e per questo serve una macchina ben oleata di registrazione al voto e di GOTV (Get Out The Vote, ovvero il casa per casa nei giorni precedenti l'apertura delle urne). E magari anche delle proposte sull'immigrazione. Anche in questo caso Trump ha aiutato: la separazione delle famiglie e la retorica anti immigrazione ha fatto sì che nel 2018 la partecipazione al voto ispanica aumentasse del 30% - in Florida, California e Texas è più che raddoppiata rispetto al voto di mezzo termine del 2014.
Biden sembra dunque aver trovato una quadra tra la propria figura moderata e tradizionale e la necessità di parlare a un pubblico vasto e differenziato come la coalizione che permise a Obama di vincere due volte di seguito. L'idea sembra essere quella di tentare di allargarla al centro sapendo che alcune idee non suonano più come radicali.