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“Gli assassini di Parigi: un ostacolo alle trattative Turchia-PKK” Tre domande a Stefano Torelli
11 gennaio 2013

Quali motivi di politica interna e internazionale hanno spinto il primo ministro turco Tayyip Erdogan a riprendere con vigore le trattative con il leader del PKK Abdullah Ocalan?

La questione curda è la questione per antonomasia in Turchia, e da quando ha assunto il potere il premier Erdogan ha sempre cercato di trovare una soluzione, anche se fin’ora non è riuscito ad avviare trattative efficaci. Gli ultimi sviluppi si inserisco quindi in questa logica ed assumono maggior vigore in quanto la Turchia si sta avvicinando ad un momento importante per il rinnovo delle sue istituzioni. L’anno prossimo si terranno le elezioni presidenziali e la comunità curda è un importante bacino elettorale per il premier. 

Vi sono anche ragioni di politica estera collegate a quanto sta succedendo in Siria e alla situazione in Iraq. L’aggravarsi della crisi siriana che sta destabilizzando il paese e la possibilità di una maggiore autonomia dei curdi siriani spaventa la Turchia. Essa potrebbe essere utilizzata come modello da parte dei curdi turchi. Modello che in realtà già esiste con il Kurdistan iracheno. Quindi, avviare delle trattative potrebbe attenuare le pretese del PKK e salvaguardare l’unità del paese.

 

Quali sono i termini delle trattative in corso? Vi sono fazioni nel PKK contrarie a negoziare con il governo?

Le trattative sono ancora abbastanza segrete e non è chiaro in dettaglio ciò di cui si sta discutendo. Sicuramente per il governo turco la cosa più importante è ottenere la cessazione di tutte le attività di guerriglia che avvengono quasi quotidianamente. Il PKK, invece, punta ad un riconoscimento dei più basilari diritti per i curdi, in particolar modo nella sfera culturale e politica, ottenendo lo status di minoranza riconosciuta in Turchia per poi cercare di conseguire una sorta di autonomia simile a quella del Kurdistan iracheno.

Non è chiaro quanto Ocalan sia ancora il capo incontrastato di tutto il movimento curdo o se abbia perso parte di questo potere. Perciò è difficile dire se trattare con Ocalan sia davvero la chiave per risolvere la questione curda oppure se vi siano delle fazioni più radicali e oltranziste che non riconoscono Ocalan come leader e che non sono disposte al dialogo. 

 

L’attentato di Parigi che è costato la vita a tre attiviste del PKK, ciò potrebbe avere ripercussioni sulle trattative in corso?

Non siamo ancora in grado di stabilire con certezza i responsabili dell’attentato.Le ipotesi principali sono due. Da una parte, l’attentato potrebbe essere stato un regolamento di conti interno al movimento. Con esso le frange più oltranziste del PKK potrebbero aver voluto lanciare un messaggio al leader Ocalan che non sono disposte ad accettare un accordo con Erdogan. In quest’ottica va ricordato che è stata uccisa anche Sakine Cansiz, co-fondatrice del PKK e da sempre vicina a Ocalan. Un’altra ipotesi vede invece l’attentano come un gesto compiuto da servizi segreti deviati o elementi nazionalisti turchi per impedire la prosecuzione delle negoziazioni. Poiché non sono chiare le responsabilità, non è semplice fare previsioni sul futuro. Tuttavia, il governo turco non ha alcun interesse ad interrompere ora le trattative; anzi nel portarle avanti dimostrerebbe di non essere il responsabile dell’attentato e di cercare veramente un accordo con il PKK. Il problema maggiore per la prosecuzione delle negoziazioni potrebbe invece arrivare dai curdi se il PKK dovesse usare l'attentato di Parigi per far passare l'idea che le tre attiviste sia state uccise dai turchi, portando così il movimento a irrigidirsi su posizioni di chiusura e a interrompere il dialogo con il governo.

 

*Stefano Torelli, Ph.D. candidate in Storia delle Relazioni Internazionali, sta ultimando la sua tesi di dottorato sulla questione curda. E' Research Associate dell'ISPI e esperto di geopolitica e Medio Oriente per Equilibri.net.

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