Sul fronte della sicurezza, tra le principali fonti di tensione che stanno interessando la regione dell’Asia-Pacifico alla vigilia del viaggio di Donald Trump in Asia (3-14 novembre) vi è senza dubbio la minaccia nucleare della Corea del Nord. Lo sviluppo missilistico e nucleare che Pyongyang ha portato avanti negli ultimi anni preoccupa non solo i vicini asiatici ma anche gli Stati Uniti, impensieriti dalle recenti provocazioni di Kim Jong-un lanciate contro la base militare statunitense di Guam.
Gli USA hanno reagito alla minaccia nordcoreana dispiegando il sistema missilistico di difesa THAAD in Corea del Sud (diventato operativo a maggio) e conducendo esercitazioni con le forze aeree di Seul e Tokyo (le ultime hanno avuto luogo proprio il giorno prima dell'inizio del viaggio di Trump).
Motivo di preoccupazione per gli USA è anche l’incremento delle capacità militari delle potenze asiatiche, in primis della Cina. In dieci anni Pechino ha incrementato la propria spesa militare da 92,6 a 225,7 miliardi di dollari (prezzi costanti 2015, SIPRI 2017). Lo scontro tra la proiezione della sfera di influenza americana e quella cinese nel Pacifico non si è per ora manifestato nelle numerose dispute marittime che interessano le acque regionali. La più nota, quella del Mare cinese meridionale, vede numerosi stati (Cina, Vietnam, Taiwan, Malaysia e Filippine) contendersi diverse isole e barriere racchiuse nella cosiddetta nine-dash line cinese, ma ve ne sono anche altre che, tra il Mare cinese orientale e il Mare di Okhotsk, interessano Giappone, Corea del Sud e Russia.
Da ottobre nel Pacifico occidentale, area di competenza della settima flotta USA, si trovano tre portaerei americane supportate dai rispettivi gruppi da battaglia: la USS Nimitz, la USS Roosevelt e la USS Reagan. Ad oggi le truppe USA dispiegate nelle basi militari presenti nei paesi alleati della regione (Giappone, Corea del Sud, Filippine, Thailandia, Australia e Territorio britannico dell’Oceano indiano) sono oltre 80.000 (Military Balance 2017).