Agli albori della produzione degli idrocarburi, quando le società perforando alla ricerca di greggio scoprivano gas, abbandonavano i pozzi e spostavano le perforazioni in altre aree alla ricerca di petrolio. Solo negli ultimi decenni il gas ha acquisito un ruolo più rilevante, arrivando a fornire un quarto del fabbisogno energetico dell’Unione europea.
La storia del gas naturale
Studiare il passato può farci comprendere il presente e darci delle intuizioni sul futuro. Può essere quindi utile ricordare le rivoluzioni che hanno trasformato il gas da parente povero degli idrocarburi a elemento fondamentale del nostro mix energetico e di recente, in seguito all’impennata dei prezzi, a protagonista dell’arena energetica.
La prima rivoluzione fu innescata nel 1959 nei Paesi Bassi dalla scoperta degli enormi giacimenti di gas di Groningen dove la produzione arrivò, negli anni migliori, a quasi 80 miliardi di metri cubi all’anno. Si può aneddoticamente ricordare che il termine Dutch disease venne coniato in riferimento all’influenza degli ingenti proventi dei giacimenti di Groningen sull’economia dei Paesi Bassi.
Negli anni seguenti, i pozzi di esplorazione alla ricerca di un’estensione del campo di Groningen scoprivano enormi riserve di idrocarburi nel Mare del Nord. Più tardi, lunghi gasdotti iniziarono a trasportare anche gas dall'Unione Sovietica all'Europa. Un'ulteriore spinta arrivò dagli shock petroliferi degli anni ‘70, il petrolio salì da 3 a più di 40 dollari al barile e il greggio divenuto troppo caro per generare elettricità venne in parte sostituito da gas naturale.
Un ulteriore incremento dell’utilizzo di gas venne dal cosiddetto dash for gas. Negli anni ’80 nel Regno Unito la maggior parte delle miniere di carbone furono chiuse e il combustibile venne rimpiazzato dal gas prodotto nel Mare del Nord. Un fenomeno simile avvenne anche in Germania dove il gas sostituì parte del carbone e della lignite utilizzati per la produzione di elettricità.
Il gas rimaneva però una sorgente di energia regionale in quanto clienti e fornitori dovevano essere connessi da gasdotti che, per quanto lunghi, non potevano avere una dimensione intercontinentale. Questo rendeva non trasportabili verso l’Europa le risorse di Paesi come il Qatar che possiede, dopo Russia e Turkmenistan, le maggiori riserve di gas naturale al mondo.
Alla fine degli ’90, il Qatar costruì enormi impianti di liquefazione di gas naturale permettendo il trasporto, con metaniere, di gas naturale liquefatto a scala mondiale. Il gas naturale liquefatto (GNL) divenne quindi una commodity globale che poteva essere trasportata in ogni parte del mondo via mare.
Un altro impulso alla globalizzazione del mercato del gas venne dall’incremento della produzione di shale gas negli Stati Uniti. Tra il 2009 e il 2014, il Paese raddoppiò la produzione di gas trasformandosi da importatore a esportatore di GNL. Nel 2021, gli Stati Uniti hanno fornito circa 20 miliardi di metri cubi di gas all'Unione europea diventando il nostro principale fornitore di GNL. Negli ultimi mesi le forniture sono ulteriormente aumentate e nella prima metà del 2022 l’import di gas statunitense ha già raggiunto i 20 miliardi di metri cubi. È da notare però che nonostante la retorica sul salvation gas americano, tali volumi, sebbene importanti, non potranno compensare completamente le importazioni di gas russo che nel 2021 sono state di 155 mmc.
Bisogna poi aggiungere che gli Stati Uniti ci vendono il gas a un prezzo che è quasi dieci volte più elevato del prezzo sul loro mercato interno. D’altro canto ci si può interrogare sulla possibilità di applicare un tetto (price cap) al prezzo del GNL americano. In pratica, non essendo trasportato da un gasdotto, che vincola strettamente fornitore e importatore, l’imposizione di un tetto al prezzo potrebbe riorientare il GNL verso altri mercati disposti a pagare un prezzo più elevato.
Il ruolo del GNL per la sicurezza energetica italiana
Nel 2021, la Russia è stata, con 155 miliardi di metri cubi, il maggiore fornitore di gas dell’UE. L’Italia ha importato 29 miliardi di metri cubi di gas da Mosca che hanno coperto il 38% dei nostri consumi. In seguito alle sanzioni imposte dall’UE alla Russia, Gazprom ha però fortemente ridotto le sue forniture di gas sia verso l’Europa che verso l’Italia.
Dall’inizio dell’anno a oggi, le forniture russe verso l’Italia si sono ridotte a poco più di 10 miliardi di metri cubi rispetto ai 23 forniti nei primi nove mesi del 2021. Il nostro Paese ha però da vari anni attuato una saggia politica di diversificazione degli approvvigionamenti che ci ha consentito di compensare gran parte del gas russo mancante con forniture da altri produttori. L’Italia aveva completato nel 1983 il gasodotto Transmed dall’Algeria e nel 2004 il Greenstream dalla Libia che si aggiungevano al TEMP dal Nord Europa, al Transgas proveniente dalla Russia e a un rigassificatore per il gas naturale liquefatto a Panigaglia (La Spezia). Nel 2009, un secondo rigassificatore è stato completato nell’offshore di Rovigo e un terzo al largo di Livorno nel 2013. All’inizio del 2021 è stato messo in esercizio il Trans-Adriatic Pipeline (TAP) che ci ha permesso un’ulteriore diversificazione degli approvvigionamenti con gas dall’Azerbaijan.
Tali diversificazioni dei fornitori e delle rotte di approvvigionamento ci hanno permesso di rimpiazzare il gas russo mancante con flussi da altri fornitori e di riempire al 93% gli stoccaggi sotterranei di gas italiani. Gli stoccaggi italiani hanno una capacità globale di 17,5 miliardi di metri cubi e, in aggiunta alle importazioni dei prossimi mesi, dovrebbero garantirci un inverno relativamente tranquillo. Naturalmente esistono molti parametri da considerare nel bilancio come le temperature invernali che influenzeranno i consumi, l’efficacia del “Piano di contenimento” del 6 settembre nel ridurre i consumi e una possibile diminuzione delle forniture russe, che per quanto ridotte, stanno continuando ad arrivare.
In un’ottica di più lungo periodo tuttavia, considerando che le forniture dai gasdotti sono state massimizzate e che i tre rigassificatori stanno lavorando a “tutto gas”, risulta cruciale la messa in opera dei due nuovi rigassificatori galleggianti a Piombino e a Ravenna. Il rigassificatore di Piombino, che dovrebbe essere operativo a partire dalla primavera 2023, è fondamentale in quanto arriveremo alla fine dell’inverno con i giacimenti di stoccaggio vuoti o semivuoti e di conseguenza saranno necessarie forniture addizionali per prepararci all’inverno 2023-2024. Anche se l’attenzione è concentrata sulla prossima stagione fredda, l’inverno 2023-2024 potrebbe essere più critico non avendo garanzie che le forniture russe, per quanto ridotte, continuino ad arrivare.
Purtroppo la realizzazione del rigassificatore di Piombino sta incontrando varie obiezioni.
La prima riguarda l’installazione dell’impianto in un porto senza tener conto che i rigassificatori già esistenti in Europa si trovano in genere nei porti; si possono citare quello nel porto di Barcellona e quello di Eemshaven, situato di fianco a Rotterdam.
Una seconda è che il rigassificatore diventerebbe inutile dopo il 2030 in considerazione delle nostre politiche di decarbonizzazone. In realtà i rigassificatori galleggianti, se non più necessari, possono essere rivenduti sul mercato mondiale che rimarrebbe in ogni caso assetato di gas naturale liquefatto.
Una terza obiezione riguarda l’impatto del rigassificatore sul trasporto marittimo nell’area portuale, ma bisogna considerare che le operazioni di scarico del gas possono essere fatte in poche ore e non pregiudicherebbero quindi il transito marittimo nella zona.
Una quarta obiezione riguarda l’impatto ambientale dell’infrastruttura, ma a questo riguardo è da sottolineare che la stessa non sarà installata in un vuoto legislativo, ma in conformità alle normative esistenti sia italiane che europee. È quindi auspicabile che l’impianto di Piombino venga messo in funzione nei tempi previsti per garantirci approvvigionamenti sufficienti di gas a partire dalla prossima primavera.
Conclusioni
La Comunità europea si formò negli anni ’50 mettendo in comune le risorse del carbone e dell’acciaio, assicurando ai cittadini e alle imprese, energia abbondante e a buon mercato. Questo fu un elemento fondamentale per generare decenni di sviluppo e crescita economica. Sarebbe surreale se 70 anni più tardi obiezioni scarsamente fondate mettessero a repentaglio la realizzazione di infrastrutture necessarie per la sicurezza energetica dell’Italia.