Il conflitto tra Russia e Ucraina ha contribuito ad accelerare le riflessioni sul futuro della globalizzazione, evidenziando il dibattito sugli investimenti esteri e la tutela di settori strategici nei confronti di possibili attività predatorie da parte di potenze straniere.
Anche in Italia l’attività di controllo sugli investimenti diretti esteri (IDE) aumenta. Diversamente da un investimento di portafoglio, che può essere liquidato con la stessa facilità con la quale si acquista, l’IDE è un impegno finanziario a lungo termine in imprese e asset produttivi localizzati all’estero. Gli IDE in entrata aumentano lo stock di capitale, possono aumentare la produttività locale e quindi favorire la crescita economica. Per questo motivo le economie avanzate promuovono gli IDE in entrata tramite accordi bilaterali e agenzie ad hoc. Allo stesso tempo molti Paesi hanno adottato o rafforzato il controllo sugli IDE soprattutto nei settori strategici e rilevanti per la sicurezza nazionale.
Una pratica sempre più utilizzata
In questi settori, in virtù del Golden power introdotto nel 2012, il Governo italiano ha il potere di bloccare o porre condizioni alle proposte di acquisizioni da parte di soggetti stranieri. Inizialmente il perimetro del Golden power comprendeva i settori della difesa, della sicurezza nazionale e alcuni ambiti dei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni. Il perimetro si estende nel 2017 ai settori ad alta intensità tecnologica quali la gestione dati, la robotica e l’intelligenza artificiale; nel 2019 alla tecnologia 5G e nel 2020 anche ad altri settori strategici includendo tra questi quello della salute, quello agroalimentare e quello finanziario. Quest’ultima estensione è figlia del Regolamento che istituisce la cooperazione tra i Paesi UE sul controllo degli IDE e dell’allarme lanciato dalla Commissione durante la prima ondata di Covid-19 sui rischi di acquisizioni estere nel settore delle “infrastrutture sanitarie critiche”.
L’impennata delle notifiche nel biennio 2020-2021 è quindi dovuta al maggior numero di settori coperti dal Golden power e dell’entrata in vigore del Regolamento UE che può prevedere il coinvolgimento di più Paesi membri nella valutazione dei rischi di IDE.
Tuttavia è bene sottolineare che in pochi casi l’intervento del Governo è di natura ostativa: nel 2021, per esempio, soltanto in 29 casi su 496 notifiche è stato esercitato il Golden power: tre operazioni sono state bloccate e per 26 sono state imposte condizioni per concedere l’approvazione.
Figura 1 Numero di operazioni notificate in Italia
Fonte: Elaborazione su dati forniti dalla Relazione al Parlamento in materia di esercizio dei poteri speciali, 2021.
Date le recenti modifiche normative e la mole di notifiche, il 2 agosto scorso è stata aggiornata la procedura del Golden power per renderla più efficiente facilitando la compliance per le imprese. Emblematico per quest’ultimo punto il caso di Alpi Aviation, impresa friulana produttrice di droni. Nel luglio 2018 Alpi Aviation aveva venduto il 75% del suo capitale alla cinese Mars lnformation Technology Co. senza aver informato il Governo. Per l’omessa notifica era stato avviato il procedimento sanzionatorio nei confronti di Alpi Aviation poi archiviato dal Governo “riconoscendo che l’omessa notifica può essere ricondotta a un errore incolpevole delle società sulla sua valenza strategica che, sotto un profilo soggettivo, poteva prestarsi a una lettura non univoca”.
Pecunia olet, ovvero perché la nazionalità di chi compra è importante
Imprese in settori strategici controllate da stranieri possono costituire una minaccia, soprattutto se chi le controlla non sono ‘amici’, geopoliticamente parlando. Il rischio principale è che ci sia un interesse a sabotare la fornitura di beni e servizi - quali elettricità, trasporti, acqua e servizi sanitari - oppure a esportare un fattore produttivo fondamentale per la competitività. Senza un controllo ex-ante, ogni intervento ex-post (come, ad esempio, una sanzione pecuniaria) sarebbe insufficiente per ripristinare lo status quo ante o compensare il danno già arrecato.
Alla luce dell’attività di enforcement nei vari Paesi, il rischio percepito sembra essere proporzionale alla distanza tra Paese target e Paese dal quale origina l’IDE rispetto al modello politico ed economico. Non a caso il controllo degli IDE nelle economie avanzate a economie di mercato è aumentato in occasione del boom di acquisizioni all’estero da parte di imprese basate in Cina: un’economia non di mercato controllata da un regime autoritario. In un modello come quello cinese, l’impresa controllata da un’autorità pubblica può essere sussidiata nelle operazioni di acquisizione all’estero (battendo quindi potenziali acquirenti più efficienti) e può sacrificare la profittabilità dell’asset estero (conseguenza di un disservizio da sabotaggio) sull’altare degli obiettivi del Paese di origine soprattutto quando il suo governo ha tempi del ciclo politico che vanno oltre i tempi del mercato.
Una distanza tra modelli che permane, una globalizzazione meno fluida a causa della pandemia da Covid-19, la mancata condanna dell’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022, hanno contribuito alla proposta lanciata da Janet L. Yellen il 13 aprile scorso di rafforzare i legami economici tra Paesi di cui ci si può fidare facendo riferimento al friend-shoring. In risposta alla proposta del segretario al Tesoro americano, UE e Nuova Zelanda firmano il 30 giugno l’accordo di libero scambio dopo appena quattro anni di negoziazioni e nonostante temi spinosi quali l’agricoltura: rilevante dal punto di vista politico per l’UE e dal punto di vista economico per la Nuova Zelanda. In occasione della conferenza stampa la presidente della Commissione Ursula von der Leyen dichiara che “questo nuovo accordo [...] giunge in un importante momento geopolitico: le democrazie, come le nostre, cooperano tra loro e producono risultati per i loro cittadini”.
Se l’espansione del Golden power si unisce al friend-investing
Parlare di de-globalizzazione è ancora prematuro ma il concetto di “amicizia” adottato dalle democrazie liberali potrebbe rendere il controllo delle acquisizioni estere più stringente, accoppiando al concetto di friend-shoring quello del friend-investing.
In un contesto in cui si espande la protezione sugli asset nazionali a livello settoriale (abbiamo visto il caso del Golden power in Italia), allungare la lista dei Paesi i cui gli IDE sono considerati pericolosi potrebbe ridurre la contendibilità del controllo delle imprese strategiche. Ma l’attributo “strategico”, che denota un’estrema rilevanza per il Paese, dovrebbe paradossalmente diventare una condanna. Se il mercato per il controllo, dove si realizzano le acquisizioni, viene congelato dalla politica, vi potrebbero essere conseguenze negative sul valore dell’impresa, sulla sua efficienza ed eventualmente su quella del settore ma, in ultima istanza, sulla competitività del Paese.