“Honor is in Jihad”, il nuovo video dell’Isis sui Balcani | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • EUROPA 2019

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • EUROPA 2019
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • Sicurezza energetica
    • America Latina
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • Sicurezza energetica
    • America Latina
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
  • ANALISTI
Commentary
“Honor is in Jihad”, il nuovo video dell’Isis sui Balcani
08 giugno 2015

Il nuovo video

L’Isis ha pubblicato, tramite la propria casa di produzione Al-Hayat Media, un nuovo filmato focalizzato specificatamente sui Balcani e con un chiaro e duplice obiettivo: scuotere i musulmani balcanici per spingerli a raggiungere lo “Stato Islamico”, oppure intraprendere la jihad nei propri paesi con lo scopo di rovesciare i governi dei “miscredenti”. Nessun riferimento invece al viaggio di Papa Francesco in Bosnia dello scorso 6 giugno.

Le minacce vengono rivolte ad Albania, Macedonia, Kosovo, ma in particolare alla Bosnia, con frequenti riferimenti a fatti storici legati alla guerra del 1992-1995 e forse non è un caso che cinque degli otto jihadisti che prendono la parola sono bosniaci.

Non è la prima volta che l’Isis produce filmati indirizzati a specifici contesti nazionali, come già fatto per i jihadisti somali, francesi, yemeniti, kazaki e uzbeki, ma quello sui Balcani preoccupa particolarmente l’Italia a causa della vicinanza dell’area e la porosità dei confini di alcuni paesi balcanici. Il rischio è che i jihadisti rientrino nei propri paesi d’origine e utilizzino le tecniche apprese sul campo di battaglia per destabilizzare i Balcani e per penetrare all’interno dell’Unione Europea.

Caratteristiche

Il video, dal titolo “Honor is in Jihad”, ha una durata di circa 20 minuti, è prevalentemente in inglese e segue uno schema ben preciso nel quale ciascun personaggio svolge un ruolo accuratamente studiato. Dopo una brevissima introduzione su alcuni fatti storici legati ai Balcani, il video prosegue con un alternarsi di vari personaggi che prendono la parola per invitare i musulmani a recarsi nello Stato Islamico mentre viene puntato il dito contro Stati Uniti, Unione Europea, Nazioni Unite (definite “chiesa del laicismo”), governi dei paesi balcanici, ex regimi comunisti, atei e musulmani “fuorviati”.

  • Alcuni punti chiave del filmato sono:
  • -  L’utilizzo d’immagini forti, volte a far presa sull’audience di riferimento. Sono eloquenti le scene che mostrano moschee sventrate, minareti distrutti, cadaveri di civili con vicino mezzi delle Nazioni Unite, prigionieri nei lager e uomini con arti amputati.
  • -  Una retorica conflittuale di matrice ideologico-dottrinaria che fa ampio uso di terminologia takfirista e di versetti del Corano singolarmente scelti, decontestualizzati e interpretati in maniera letterale. Ricorrono frequentemente termini come “kafir”, “mushrik” e “taghout”, mentre il termine “jihad” viene costantemente associato a quello di “onore” e di “religione”, quasi a volerne fare dei sinonimi.
  • -  La strumentalizzazione di alcuni fatti storici dell’Islam, come ad esempio la “Battaglia del Fossato”, impropriamente ricollegata a episodi della guerra di Bosnia, con l’obiettivo di riaprire “vecchie ferite” e istigare alla violenza le popolazioni musulmane dei Balcani.

Vi sono due immagini particolarmente eloquenti, una che ritrae una moschea distrutta con davanti un mezzo dell’Onu e un’altra dell’ex presidente bosniaco Alija Izetbegović intento a firmare gli accordi di pace assieme al croato Franjo Tujman e al serbo Slobodan Milošević, mentre sul retro sono presenti alcuni leader occidentali tra cui Bill Clinton e Jacques Chirac.

Le minacce

I jihadisti balcanici indirizzano più volte minacce nei confronti dei “crociati”, identificati non soltanto con Europa, Serbia e Stati Uniti, ma anche con le Nazioni Unite, accusate di essere promotrici del laicismo e della democrazia degli “stati-nazione”.

È poi indubbio che il paese più bersagliato nel video sia la Bosnia e la sua ex leadership guidata da Alija Izetbegović, ritenuta dai jihadisti responsabile di essersi allontanata dall’Islam, di non aver imposto uno stato islamico, avendo invece optato per il laicismo, in accordo con quell’Occidente che perseguirebbe l’obiettivo di sradicare l’Islam dai Balcani. 

L’unica soluzione sarebbe dunque quella di colpire i “miscredenti” e i “trasgressori” in Bosnia, in Serbia e nel Sangiaccato, come afferma uno dei jihadisti bosniaci, identificato come Salahuddin al-Bosni, che istiga i “credenti” a piazzare esplosivi nelle case dei miscredenti e sotto le loro auto, ad avvelenare il loro cibo e le loro bevande e a ucciderli ovunque essi si trovino.

Un altro jihadista, Abu Muhammad al-Bosni, afferma poi che il governo bosniaco ha tradito gli sforzi dei mujaheddin arabi, accorsi nel paese per aiutare i musulmani durante la guerra di Bosnia, consegnandoli in mani straniere(1).

Risulta inoltre interessante il riferimento a Enver Hoxha, l’ ex leader dell’ex Albania all’epoca del comunismo e accusato dai jihadisti di aver introdotto nel paese l’ateismo di stato nel 1967, sradicando così l’Islam.

Il richiamo alla “Hijra”

Un altro messaggio chiave del video è l’invito a emigrare nello Stato Islamico, del quale si cerca di mostrare una parvenza di normalità, con bambini che giocano nei parchi, famiglie e uomini che bevono tè.

Secondo i jihadisti, i musulmani nei Balcani sono perseguitati, non possono portare le barbe lunghe, le donne non possono indossare il velo e dunque, invece di lamentarsi, la soluzione non può che essere l’emigrazione verso lo Stato Islamico, paradiso del vero credente.

A tal fine viene citato un versetto del Corano sull’Egira, chiaramente decontestualizzato e dichiarato “sufficiente prova” per poter intraprendere il viaggio verso lo Stato Islamico: Quelli che hanno creduto, emigrato e lottato con i loro beni e le loro persone sulla via di Dio hanno il rango più alto verso Dio. Ecco i vittoriosi (9:20).

 

1.  Un possibile riferimento ad Abu Talal al-Qasimi (jihadista egiziano della Gamaa al-Islamiyya, arrestato nel 1995 in circostanze misteriose in Bosnia, presumibilmente dalle autorità croato-bosniache con il supporto statunitense e consegnato al governo egiziano) e a Imad al-Misri, ex membro di spicco dell’unità “El-Mujahid”, espulso dalla Bosnia nel 2001 su pressioni degli Stati Uniti e rientrato nel paese dopo il 2009, in seguito a un periodo di detenzione in Egitto. 

 

Giovanni Giacalone, sociologo e islamologo, MA in Islamic Studies alla Trinity Saint David University of Wales

Tags

isis stato islamico Milosevic Bosnia terrorismo Islam video proselitismo Balcani jihad Izetbegović
Download PDF

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157