I due tricolori. Le relazioni italo-messicane: scenari, problemi e prospettive | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

I due tricolori. Le relazioni italo-messicane: scenari, problemi e prospettive

12 giugno 2015

Nel settembre del 1970 il ministro degli Esteri Aldo Moro organizzò a Città del Messico un incontro con tutti gli ambasciatori italiani in America Latina. Obiettivo era quello di dare uniformità alla politica regionale della Farnesina e di valorizzare le relazioni italo-messicane. In quell’occasione il ministro invitò il corpo diplomatico a promuovere un’azione politica che rafforzasse gli sforzi bilaterali e valorizzasse il ruolo italiano in seno alla Cee. Tra le priorità del commercio estero e quelle della cooperazione tecnica, il ministro individuava nel Messico un interlocutore ideale, per una serie di ragioni: la sua posizione geopolitica, di ponte tra America del Nord e del Sud, la stabilità, la collocazione sui generis nel blocco occidentale e quella che definì una «affinità umana, culturale e religiosa». A sua volta Città del Messico, lasciandosi alle spalle il trauma del ’68, si apprestava a ridefinire il proprio impianto statale e a rilanciare il processo di internazionalizzazione, riconoscendo nell’Italia un partner privilegiato, come avrebbe ribadito il presidente Echeverría, durante la sua visita a Roma del febbraio 1974. 

Quarant’anni dopo quella missione qual è allora, tra criticità e potenzialità, lo status delle relazioni tra i due paesi usciti da un ventennio di privatizzazioni, alle prese con una serie di difficili riforme interne e con un processo di riposizionamento in un mondo segnato da forti interdipendenze? In questi ultimi anni la cooperazione italo-messicana è cresciuta in modo quasi naturale attraverso i canali multilaterali, dispiegandosi in modo proficuo in più sedi: dal sistema Onu (i due paesi hanno aderito al gruppo United for Consensus per la riforma del Consiglio di Sicurezza e collaborano all’interno di diverse agenzie, dalla Fao all’Unicef), al G20, senza dimenticare i rapporti regionali, culminati nel recente summit tra Unione Europea e la Comunità degli Stati latino-americani (Celac).

Sul fronte delle relazioni bilaterali è dove però i margini di sviluppo appaiono ancor più rilevanti. Messico e Italia stanno infatti vivendo una fase di positiva collaborazione. Nel novembre del 1998 (premier Massimo D’Alema e presidente Ernesto Zedillo) i due paesi hanno dato vita a una Commissione binazionale che da allora si è già riunita in quattro occasioni, l’ultima appena tre mesi orsono (il 9 marzo, con l’incontro a Città del Messico tra i ministri degli Esteri Gentiloni e Meade Kuribreña). In occasione della II riunione (celebratasi a Roma nel maggio 2012) venne presentata una dichiarazione per la nascita di un Partenariato strategico che necessita ancora d’implementazione. I presupposti sembrano però esserci tutti, tanto che nell’ultimo triennio si sono registrati ben tre incontri al vertice: quello tra il premier Mario Monti e il presidente Felipe Calderón, a margine del summit dei G20 di Los Cabos (maggio 2012), la visita di Enrico Letta a Città del Messico (gennaio 2014) e ora quella di Enrique Peña Nieto in Italia (giugno 2015). L’idea alla base del partenariato è quella di rafforzare la collaborazione bilaterale in ambiti sensibili: quello economico naturalmente ma anche in materia di sicurezza, giustizia, cooperazione in campo scientifico e culturale. 

Per quanto concerne le relazioni economiche, in vista del Business Forum di Milano del 12 giugno 2015, il quadro appare quanto mai incoraggiante. Il Messico, con una popolazione di 122 milioni di abitanti (in gran parte giovani) si è trasformato in modo repentino, a tratti brutale, in una dinamica open economy, affacciata su due oceani, capace di attirare investimenti e tecnologia, di valorizzare comparti strategici (come quello automobilistico con relativo indotto) e di stipulare accordi di libero scambio con 44 paesi. Oggi il Messico è la 14° economia mondiale e la seconda latinoamericana (dietro solo al Brasile). Nel 2014 il Pil è cresciuto del 2,1%, meno rispetto alle previsioni (nel 2010 il tasso era stato del 5,5%), ma registrando uno dei migliori tassi in ambito regionale; inoltre Fmi e Cepal prevedono un sensibile rafforzamento della crescita nel 2015-2018. 

Un problema nel processo di consolidamento del paese riguarda indubbiamente, oltre alla debolezza dell’impianto fiscale e pensionistico e alla dimensione del comparto informale, la distribuzione della ricchezza e le sacche di povertà presenti in alcuni stati (quelli che registrano i più alti flussi emigratori), ma la tenuta della classe media in diverse entità della Federazione è confermata dal costante consolidamento del mercato interno. Anche se, grazie al Nafta, in vigore dal 1994, la dipendenza dal mercato statunitense resta il tratto dominante (assorbe circa il 77% dell’export messicano), in attesa dell’entrata in vigore della Trans Pacific Partnership (Tpp) sono cresciuti notevolmente gli scambi con l’Asia (la Cina è divenuta il secondo partner commerciale), così come quelli con l’Europa, grazie al Trattato di Libero Commercio (Tlcuem), in vigore dal 2000. Nel 2014 l’interscambio commerciale euro-messicano è stato di 33 miliardi di dollari, 21,6 dei quali in importazioni dall’Ue.

In tale ambito, nonostante una parziale flessione (effetto anche della prolungata recessione), l’Italia si è confermata nel 2014 il terzo partner economico all’interno dell’Ue; il Messico rappresenta per Roma il secondo mercato regionale e il 14° mondiale. La bilancia commerciale bilaterale è storicamente sbilanciata a favore dell’Italia (+1,8 miliardi di euro nel 2014, con esportazioni per 3 miliardi di euro e importazioni per 1,2). Se gli investimenti messicani restano infatti limitati ad alcuni settori (alimentare, moda e design), in Messico operano invece 1.400 imprese italiane. Tra queste è cresciuta l’attività di grandi aziende (Enel, Saipem, Techint, Gruppo Trevi, Bonatti) ma è stato recentemente firmato anche un memorandum d’intesa per migliorare la collaborazione tra le Pmi. Settore trainante dell’export italiano resta quello dei macchinari industriali e dell’industria siderurgica e manifatturiera, ma settori in crescita sono quello energetico (in particolare delle rinnovabili), farmaceutico, aerospaziale e agro-industriale.  

Tanto l’Italia, tanto il Messico sono oggi alle prese con un complesso processo di riforme che tocca alcuni nodi sensibili dell’impianto statuale e incontra resistenze di varia natura. Il governo guidato (dal dicembre 2012) da Peña Nieto, del Partito della rivoluzione istituzionale (Pri), al potere dal 1929 al 2000, ha lanciato un ambizioso piano di modernizzazione. La riforma più delicata è indubbiamente quella energetica, approvata il 20 dicembre 2013, che ha posto fine al monopolio statale (introdotto da Lázaro Cárdenas nel 1938) nel settore idrocarburi ed elettricità, mantenendo la proprietà del sottosuolo ma aprendo a concessioni e investimenti esteri. L’obiettivo è quello di superare le debolezze manifestate in questi anni dall’impresa petrolifera nazionale, Pemex, aumentando l’efficienza produttiva e di raffinazione (punto dolente). La Cfe (Comisiòn Federal de Electricidad) ha invece firmato un memorandum d’intesa con Enel Green Power per intervenire su centrali, linee di trasmissione, settore eolico e geotermico. Altre riforme strategiche riguardano il campo fiscale, infrastrutturale, delle telecomunicazioni e dell’educazione. 

Il partenariato binazionale ha però individuato dei punti forti anche in altri ambiti, a cominciare da quello della sicurezza. La necessità d’internazionalizzare le forme di contrasto alla criminalità organizzata, recentemente richiamata dall’Unodc, invoca una collaborazione multilaterale nel contrasto al narcotraffico, al riciclaggio e al traffico di persone, promuovendo una riduzione di violenza, corruzione e impunità. Nel 2011 Italia e Messico hanno firmato un protocollo per cooperare a indagini ed estradizioni che ha ampi margini di miglioramento. 

C’è poi un settore che, a detta di molti esperti, ha un grande potenziale strategico: quello della cooperazione culturale, accademica e scientifica. Italia e Messico occupano infatti posizioni di assoluto privilegio nella lista del World Heritage dell’Unesco, così come in quella dei beni immateriali e un rafforzamento ad ampio raggio delle relazioni culturali (a oggi solo in piccola parte esplorate) potrebbe aprire ulteriori spazi di crescita e offrire opportunità ai due paesi. Implementare la ricerca inter-universitaria, i programmi di scambio e mobilità, la ricerca in ambito umanistico, la distribuzione letteraria e cinematografica e le forme di tutela dei beni culturali ed etno-culturali, insieme alla valorizzazione di parchi, alimenti e biodiversità, può arricchire notevolmente anche l’offerta turistica e commerciale di due paesi dalla spiccata pluri-culturalità. 

Nonostante la scarsità di scambi migratori, il rapporto a distanza tra Italia e Messico ha quindi la possibilità di andar ben oltre i precedenti storici che hanno delineato nel tempo un percorso di immaginari intrecciati. Questi hanno attraversato la stagione coloniale, il rinascimento, l’indipendenza e l’unificazione (con il dialogo a distanza tra Benito Juárez e Giuseppe Garibaldi), la rivoluzione, il fascismo, la guerra fredda, l’avvento della new economy e, pur tra problemi e difficoltà, oggi si aprono a nuove sfide e prospettive.  

Massimo De Giuseppe, docente di Storia Contemporanea allo IULM.

Ti potrebbero interessare anche:

Podcast Globally: L'impatto nel mondo della crisi del governo di Mario Draghi
Termometro economico n.21
Valeria Negri
Centro Studi Assolombarda
,
Stefania Saini
Centro Studi Assolombarda
Italia - Turchia: Alla corte di Erdogan
G7: guardando il PIL, l'Italia non ne farebbe parte
DORA: nuove regole europee per la sicurezza digitale
Andrea Rigoni
Deloitte
,
Paola Tavola
Deloitte
Colombia: un voto spartiacque
Emiliano Guanella
Corrispondente da San Paolo (RSI - Tv Svizzera e La Stampa) e analista politico

Tags

centro america America Latina ceBusiness forum Italia messico export politica economica Commercio estero
Versione stampabile
Download PDF

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157