Il commercio internazionale tra Italia e Stati Uniti è sempre stato piuttosto elevato e i due paesi sono stretti partner commerciali. La rilevanza del mercato americano per le imprese italiane è notevole, essendo questo il terzo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, ed è ulteriormente cresciuto negli ultimi anni, ricevendo nel 2017 il 9% del valore complessivo delle merci esportate italiane. Nel 2017, le esportazioni italiane di beni negli Stati Uniti valevano più di 40 miliardi di euro, mentre le esportazioni di servizi ammontavano a oltre 9 miliardi di euro. Anche nei primi sei mesi del 2018 le esportazioni italiane verso gli USA hanno mostrato segni di crescita sostenuta, trainate soprattutto dalla cantieristica navale.
Gli Stati Uniti si posizionano poco più in basso come origine delle importazioni italiane, ma sono comunque in settima posizione tra i mercati di approvvigionamento con un valore delle importazioni di merci dell’Italia da questo paese pari a circa 15 miliardi e oltre 7,5 miliardi di importazioni di servizi. L'Italia ha un notevole surplus commerciale rispetto agli Stati Uniti, oltre 25 miliardi di euro di beni e 1,7 miliardi di euro di servizi. Queste cifre sottolineano l'importanza del commercio transatlantico per l'Italia.
Il principale settore di esportazione per l'Italia verso gli Stati Uniti è rappresentato dai veicoli di trasporto, che rappresentano nel 2017 quasi un quarto dell'intero export. Questo include ovviamente il settore auto, primo prodotto esportato, minacciato anche questo dai dazi, anche se per il momento sospesi dalle trattative in corso. Altri settori di rilievo per l’Italia sono macchinari, tessuti, abbigliamento e pelletteria, cibo e bevande. A livello di prodotto, le navi e le imbarcazioni sono in terza posizione, i vini sono al quinto, le scarpe appaiono al settimo posto, e i prodotti farmaceutici e medici sono tra i beni più importanti esportati. Tutti i metalli (compreso l'alluminio e l'acciaio, già colpiti dalle tariffe introdotte dall'amministrazione Trump) sono meno rilevanti nelle esportazioni italiane negli Stati Uniti, costituendo circa il 6% delle esportazioni totali. Le esportazioni italiane di acciaio e alluminio negli Stati Uniti nel 2017 sono state pari a 760 milioni di euro, solo lo 0,2% delle esportazioni totali di beni, ma con un surplus anche in questo settore.
Anche se in questo momento l’avvio della guerra commerciale non ha colpito direttamente i principali settori esportatori italiani, questo non significa che le esportazioni italiane non saranno influenzate nel medio termine. Le esportazioni sono una componente cruciale della domanda aggregata in Italia e, nell'ultimo decennio, molte imprese italiane sono sopravvissute anche grazie all'accesso (relativamente) aperto e stabile ai mercati esteri in tutto il mondo. L'introduzione delle tariffe da parte degli USA e le inevitabili rappresaglie, la sfiducia nell'attuale sistema di regole supervisionato dall'WTO e il conseguente alto livello di tensione e incertezza sugli sviluppi futuri, anche senza specifici ostacoli ai settori esportatori italiani, potrebbero scoraggiare l'internazionalizzazione di molte imprese, in particolare di piccole e medie dimensioni.
Inoltre, le tariffe americane già introdotte potrebbero essere solo il primo passo in una strategia più ampia che persegue una linea dura sul commercio, anche se la posizione dell’amministrazione verso l’Europa sembra essersi un poco ammorbidita. Dato che a seguito delle ritorsioni europee è stato colpito il settore agricolo americano, forte sostenitore di Trump, un altro possibile obiettivo della politica commerciale degli Stati Uniti potrebbe essere proprio questo settore molto rilevante per l'Italia, in cui gli USA presentano un deficit elevato.
Per cercare di evitare i rischi legati all’estensione della guerra commerciale a settori per lei più rilevanti, la migliore strategia per l'Italia, come per tutti i membri dell'UE, è quella di prendere una posizione negoziale forte comune nei confronti di agli Stati Uniti, indipendentemente dalle specifiche conseguenze individuali delle tariffe nel breve periodo. Ciò dovrebbe essere fatto a livello europeo non solo perché la politica commerciale è una competenza esclusiva dell'UE, ma soprattutto perché c'è un interesse comune e tutti i membri dell'UE con le loro economie molto aperte subiranno le conseguenze di una nuova ondata di protezionismo. Inoltre il mercato europeo nel suo insieme è fondamentale per le imprese americane e gode quindi di una posizione negoziale migliore. Le ritorsioni introdotte dall’UE dopo le prime tariffe americane hanno già ricordato all'amministrazione americana che il primo a pagare il costo del protezionismo è il paese che decide di chiudere il suo mercato, imponendo un danno autoinflitto non necessario alla propria economia, molto più grande di quello generato per il resto del mondo.