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YEAR IN REVIEW

Il 2017 in 12 immagini: le analisi dell'ISPI

Nicola Missaglia
20 Dicembre 2017

Il 2017 è stato scandito da avvenimenti importanti: alcuni traumatici, altri più positivi del previsto, altri ancora che potrebbero non essere che i primi sintomi di cambiamenti epocali. L’ISPI ha deciso di ripercorre l’anno che volge al termine – dodici mesi fa non potevamo che immaginarlo come “l’anno di Trump” – attraverso le tappe fondamentali della politica e delle relazioni internazionali, con una selezione di immagini, analisi, e video che ci hanno accompagnato nella ricerca di una più profonda comprensione del mondo di oggi e, forse, di domani.

 

Gennaio

 

America First 

20 gennaio: Donald Trump si insedia alla Casa Bianca come 45° Presidente degli Stati Uniti. Eletto l’8 novembre con 304 grandi elettori contro i 227 della democratica Hillary Clinton (benché sia lei a ottenere la maggioranza del voto popolare) il Tycoon di New York promette di rovesciare il corso della politica interna e internazionale degli USA seguito dal suo predecessore, Barack Obama. Dagli alleati Nato, all’Iran, alla Cina di Xi Jinping, il nuovo presidente ne ha per tutti: il suo motto è “America First”. 
Le nostre analisi: 
Rapporto ISPI-Mondadori: Il Mondo secondo Trump 
Dossier: L’America di Donald Trump 
Evento(video): Trump Presidente, cosa cambia dentro (e fuori) dagli USA
Evento (video): I primi 100 giorni di Trump

 

 

Febbraio

 

I missili di Kim 

11 febbraio Pyongyang testa per la prima volta un missile balistico a medio raggio, il Pukkuksong–2, che si schianta nel Mare del Giappone. Insieme all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, è la prima tappa di una lunga escalation di tensioni tra il regime di Kim Jong–Un e gli USA. 
Le nostre analisi: 
Dossier: Corea del Nord, un problema per tutti
Dossier: North Korea Crisis, Spinning Out of Control? 
Rapporto: Enigma Corea del Nord, storia e segreti di una nuova potenza atomica
Evento (video): Corea del Nord: Una minaccia fuori controllo?

 

Marzo

 

Brexit diventa realtà

29 marzo: la premier britannica Theresa May dà avvio al’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Solo pochi giorni prima, si era celebrato a Roma il 60° anniversario dei Trattati fondativi dell’Ue in un clima di diffuso pessimismo, con Brexit alle porte e il timore che populismo e euroscetticismo possano di lì a poco avere la meglio nelle elezioni in Paesi chiave come la Francia e la Germania.
Le nostre analisi: 
Dossier: L’anno dell’Europa 
Focus: Brexit, l’ora è arrivata 
Evento (video): Verso Brexit, cosa accadrà?

 

Aprile

 

Monsieur le Président 
23 aprile–7 maggio: Francia, elezioni presidenziali. Al ballottaggio Emmanuel Macron, con il movimento En Marche!, si assicura il 66,3% dei voti e sbaraglia il Front National di Marine Le Pen, che si attesta al 33,9%. Il risultato va oltre le aspettative di molti: con una tale maggioranza il giovane Presidente ha buone probabilità di portare avanti con successo il suo ambizioso programma di riforme. Ammesso che al numero dei voti corrisponda davvero un consenso altrettanto genuino.
Le nostre analisi:
Dossier: Francia al voto, tutti col fiato sospeso 
Focus: La Francia (e l’Europa) di Macron 
Dall'archivio – Evento (video): Napolitano e Macron: come affrontare le sfide dell’Ue

 

 

Maggio

 

G7: potenti a Taormina

26–27 maggio: Quest’anno è l’Italia a ospitare il G7: i leader delle principali economie mondiali si incontrano a Taormina, in Sicilia. La scelta del luogo è motivata anche dalla volontà di tener viva l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale e dei leader sul tema delle migrazioni e dei profughi, per molti dei quali la regione rappresenta il primo approdo europeo. A dimostrare la centralità della questione, al vertice partecipano anche cinque paesi africani. Tra i quattro leader mondiali presenti al G7 per la prima volta c’è anche Donald Trump, appena tornato da un viaggio in Medio oriente che promette di avere molte, e non sempre prevedibili, conseguenze. 

Le nostre analisi:
Approfondimento per Parlamento e MAE: Il G7 e il ruolo dell'Italia 
Dossier: The G7 Taormina Summit, a View from Italy 
Evento (video): G7 and Africa: Think Tank Summit in Rome

 

Giugno

 

Tutti contro il Qatar

5 giugno: Diversi paesi, accodandosi all’Arabia Saudita, interrompono collegamenti e rapporti diplomatici e commerciali con il Qatar. L’accusa a Doha è di “sostenere il terrorismo”, ma agli occhi del mondo la mossa appare come una “punizione” al Qatar, troppo autonomo dai dettami di Riyadh, specie nella politica estera. Soprattutto, sono le buone relazioni del piccolo emirato con l’Iran a non essere viste di buon occhio nel regno dei Saud, dove intanto si prepara un importante avvicendamento ai vertici della monarchia. Donald Trump ha lasciato Riyadh solo da alcuni giorni prima, non senza esplicitare la volontà di ricompattare un fronte unito contro il ‘nemico comune’, l’Iran.
Le nostre analisi:
Dossier: Riyadh cambia passo. Acque agitate nel Golfo 
Focus: Arabia Saudita vs Qatar: regolamento di conti nel Golfo? 
Per Parlamento e MAECI: Focus Mediterraneo allargato no.4

 

Luglio

 

Mosul “libera”, e ora?

10 luglio: Iraq, il Primo ministro al–Abadi annuncia la liberazione di Mosul dall’Isis. Lo Stato islamico perde la roccaforte irachena, città simbolo in cui nel giugno 2014 Abu Bakr al–Baghdadi aveva proclamato la nascita del gruppo. La campagna per la liberazione della città era cominciata nell'ottobre 2016, caratterizzandosi fin da subito come una battaglia complessa tanto per la difficoltà della strategia militare, quanto per l'eterogeneità delle forze in campo: Forze di sicurezza irachene, Peshmerga curdi, milizie paramilitari sostenute dall'Iran e milizie sunnite anti–Isis, tra cui alcune formazioni sostenute dalla Turchia. Si apre ora una nuova fase per l'Iraq, in cui i molti "liberatori" cominciano a contendersi zone di influenza e di potere laddove Isis è uscito di scena, invitando a mantenere alta l'attenzione nelle aree liberate. 
Le nostre analisi:
Rapporto: After Mosul, Re–inventing Iraq
Dossier: Mosul libera: quale futuro per l’Iraq? 
Dossier: L’ISIS perde, l’ideologia resiste

 

Agosto

 

Rohingya, fuga o morte 

25 agosto: Decine di migliaia di Rohingya in fuga dal Myanmar cominciano a riversarsi nel vicino Bangladesh in cerca di rifugio: l’Alto commissario ONU per i diritti umani denuncia la campagna militare contro la minoranza come “pulizia etnica”. I Rohingya, popolazione a maggioranza musulmana (con una piccola percentuale hindu) concentrata soprattutto nello stato settentrionale di Rakhine, vivono da secoli nel Myanmar, che però non riconosce loro il diritto di cittadinanza. Vittime di persecuzioni sistematiche, secondo le ultime stime dalla fine agosto sarebbero oltre 600mila i Rohingya fuggiti. Il regime militare del Myanmar accusa i Rohingya di aver compiuto attentati contro le forze di sicurezza, mentre anche Aung San Suu Kyi – Premio Nobel per la pace e attuale capo del governo birmano – è trascinata al centro dello scandalo internazionale della crisi definita sempre più spesso come una delle più imponenti violazioni dei diritti umani di questo secolo.
Le nostre analisi:
Commentary: Myanmar, la crisi dei Rohingya non è finita
Dall’archivio – Evento (video): Una transizione difficile: sfide e opportunità nel Myanmar di Aung San Suu Kyi 

 

Settembre

 

Merkel IV?

24 settembre: la Germania vota per rinnovare i membri del 19° Bundestag. Dopo le elezioni nei Paesi Bassi (marzo), in Francia (maggio) e nel Regno Unito (giugno), nell’Europa assediata dai populismi è la quarta delle elezioni più a rischio. La CDU/CSU di Angela Merkel riesce a spuntarla (32,9%, –8% rispetto alla precedente elezione e la più bassa percentuale dal 1949), la SPD di Schulz ottiene il peggior risultato dalla fine della Seconda guerra mondiale (20,5%) e con il 12,6% l’ultradestra di Alternative für Deutschland diventa il 3° partito del Bundestag. Prima, non vi era neanche rappresentato. Ma c’è un altro problema: ora che i tedeschi hanno riconfermato la Cancelliera per la quarta volta, formare un governo di coalizione appare un’impresa più difficile del previsto.
Le nostre analisi:
Dossier: Germania al voto: l’inevitabile Merkel 
Evento (video): La Germania al voto

 

Ottobre

 

Xi Jinping come Mao Zedong

18 ottobre: A Pechino, con il discorso inaugurale del Presidente della Repubblica popolare Xi Jinping si apre il 19° Congresso del partito comunista cinese. È l’appuntamento politico più importante del paese: tra il 18 e il 24 ottobre vengono eletti i duecento nuovi membri del Comitato centrale del Partito, che a loro volta scelgono i 25 membri del Politburo, inclusi quelli dell’organo più potente del partito, il Comitato permanente. Con il Congress, Xi Jinping – da molti ormai considerato come uno degli uomini più potenti al mondo – ottiene non solo un secondo mandato quasi scontato, ma molto di più: il suo “pensiero” viene integrato nella Costituzione del partito. Un simile riconoscimento che finora era stato riservato solo a un altro leader: Mao Zedong.
Le nostre analisi:
Dossier: Cina al Congresso: tutte le sfide di Xi Jinping 
Dossier: Cina, la vera sfida di Trump
Report: China’s Belt and Road: a Game Changer?

 

Novembre

 

Il “ciclone” Bin Salman

4 novembre: Il primo ministro libanese Saad Hariri, vicino alla casa dei Saud, annuncia le proprie dimissioni in diretta TV da Riyadh, destando il sospetto che vi sia trattenuto forzatamente dai sauditi. I contorni della vicenda sono poco chiari, ma si teme che il gesto sia solo il preludio di una catena di eventi destinati a riportare il Medio oriente nel caos. Negli stessi giorni, il giovane e potente principe ereditario Mohammed bin Salman – diventato in pochi mesi uno dei personaggi più discussi e in vista del Medio oriente – fa arrestare con l’accusa di corruzione decine di membri della Casa reale. Contemporaneamente, un missile lanciato dai ribelli Houthi dello Yemen viene intercettato sopra Riyadh.
Le nostre analisi:
Focus: Arabia Saudita: nuovo epicentro del caos mediorientale? 
Evento (video): Arabia Saudita–Iran: verso il conflitto?

 

Dicembre

 

Gerusalemme: la scelta di Trump
6 dicembre: Trump annuncia che gli USA riconoscono Gerusalemme come capitale di Israele e che l’ambasciata USA sarà spostata nella città sacra per le tre religioni monoteiste. La decisione interrompe la consuetudine presidenziale di ‘sospendere’ la legge del Congresso con cui già nel 1995 si era deciso di spostare l’ambasciata. Le reazioni in tutto il mondo, inclusa UE e Russia, sono di dura critica a Trump per il rischio di una escalation di violenza. Il mondo musulmano critica duramente – per il presidente turco Erdogan è stata “superata la linea rossa” – e i Territori palestinesi si infiammano. Si teme lo scoppio di una nuova intifada.

Le nostre analisi:
Focus: Trump sceglie: Gerusalemme capitale di Israele
Commentary: La Gerusalemme liberata

 

 

Ma il 2017 è stato anche...

 

L’Europa, che a Roma il 25 marzo ha compiuto 60 anni mentre la Moneta unica ne ha compiuti 15. A marzo nei Paesi Bassi ha vinto il partito liberale di Mark Rutte, ma lo xenofobo PVV di Geert Wilders è il secondo partito nel paese; anche in Austria i popolari hanno vinto, ma l’ascesa del Partito della libertà preoccupa tutti. L’Italia si è fatta promotrice di rinnovate relazioni diplomatiche con il governo libico per la soluzione del conflitto nel paese e la collaborazione nella gestione della crisi migratoria che infiamma l’opinione pubblica, mentre Berlino – che oggi non riesce a formare un governo – ha ospitato un G20 importante, anche per l’Africa. Intanto è tornato il terrorismo: pochi mesi dopo Manchester e Londra, anche Barcellona è stata vittima di un tragico attentato, sulla Rambla; a ottobre la stessa Catalogna ha votato per l’indipendenza e proprio in questi giorni è tornata alle urne. 
Negli Stati Uniti (e nel mondo) il protagonista è stato Trump che, flagellato dal “Russiagate”, a maggio è partito per il suo primo viaggio all’estero da presidente, in Medio oriente, a Bruxelles e in Italia per il G7, per poi ritirarsi dagli accordi di Parigi sul clima e mettere in discussione le politiche e gli accordi commerciali – ma anche militari e... “nucleari” – che invece il suo predecessore Obama aveva sostenuto.
Di America latina – dove crisi e corruzione delle élite cominciano far scendere in strada i cittadini e il Venezuela di Maduro è ancora tormentato dalla violenza e dal disastro economico – si tornerà a parlare l’anno prossimo con due grandi elezioni alle porte, in Messico e Brasile.
Mentre in Asia è nato un nuovo “re” – il cinese (e globale) Xi Jinping – in Giappone Shinzo Abe ha ottenuto una maggioranza che gli permetterà di modificare la costituzione pacifista del paese; intanto, in Corea del sud la promessa del nuovo presidente Moon Jae-in di fare pace con il vicino settentrionale è stata messa in crisi dalle provocazioni (e dalla bomba atomica) del giovane Kim, malgrado il Nobel per la pace di quest’anno sia andato proprio alla Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari. 
Nel Medio oriente che va “liberandosi” dall’ISIS, un dittatore – con qualche aiuto – è rimasto al suo posto in Siria, mentre un ex–dittatore è stato trucidato in Yemen, dove la crisi umanitaria divampa a livelli senza precedenti; intanto, l’Algeria vota ma senza fiducia, la Turchia è diventata una Repubblica presidenziale e il Kurdistan iracheno ha votato per l’indipendenza. A più riprese è sembrata prepararsi la tempesta perfetta tra l’Arabia Saudita dell’impetuoso principe Mohammed Bin Salman e l’Iran del rieletto Rouhani, dove in giugno due attacchi terroristici hanno colpito il parlamento e il mausoleo dell’Ayatollah Khomeini. 
Dall’Africa, che (come il resto del mondo) torna a crescere, si continua a migrare alla ricerca di una vita migliore; eppure qualcosa – a singhiozzo – si muove: nella travagliata Somalia si è votato per il cambiamento e, in Angola e Zimbabwe, due dei presidenti più longevi del continente, Dos Santos e Mugabe, hanno mollato la presa sul trono.

 

A cura di Nicola Missaglia | ISPI Research Fellow

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2017 eventi internazionali year in review
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A cura di

Nicola Missaglia
ISPI Research Fellow

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