Dall’inizio dell’estate, dopo una serie di sconfitte clamorose da parte dell’Esercito Nazionale Libico (Lna), facente capo al maresciallo di campo Khalifa Haftar, che hanno visto la perdita di avamposti strategici fondamentali come la base aerea di al-Watiya e la città di Tarhuna a favore delle forze del Governo di accordo nazionale (Gna), guidato da Fayez al-Serraj e supportato apertamente dalla Turchia e dal Qatar, la guerra civile in Libia sembra aver mutato il proprio corso. Le forze dell’Lna hanno dovuto ritirarsi nuovamente entro il confine cirenaico, fermandosi a Sirte. Questi eventi repentini hanno scatenato la reazione dei tradizionali sostenitori di Haftar, in primis quella egiziana, con la proposta del presidente Abdel Fattah al-Sisi, accettata dal suo parlamento, di intervenire in territorio libico in qualunque momento qualora si fosse presentata una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Egitto[1]. Era la fine di luglio e la tensione in quei giorni è salita alle stelle.
Da allora molte cose sono successe, soprattutto a livello politico-diplomatico: gli Stati Uniti[2], ad esempio, sono intervenuti attraverso l’azione della Acting Special Representative[3] della missione d’appoggio delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), Stephanie Williams (che ha momentaneamente preso il posto dell’ultimo inviato speciale Ghassan Salamé), e dell’ambasciatore americano Richard Norland a favore di una trattativa tra le parti libiche che portasse a un cessate-il-fuoco[4] da un lato, mentre dall’altro hanno spinto per un ammorbidimento dei toni tra Egitto e Turchia, quest’ultima influenzata anche dalla Russia. I risultati non hanno tardato a venire, ma quanto essi saranno duraturi è un punto difficile da prevedere. La tregua è stata attuata attraverso due dichiarazioni separate di Serraj e del presidente della Camera dei rappresentanti (HoR) di Tobruk, Aguila Saleh. Le vicende libiche degli ultimi anni, tuttavia, non danno adito a troppi ottimismi e la stessa reazione oppositiva di Haftar – che attraverso il suo portavoce ha dichiarato la tregua un’acrobazia di marketing[5], ignorando completamente l’azione di Saleh – ne è la riprova.
Quadro interno
L’estate libica si è chiusa con due eventi di assoluto rilievo: in primis il sollevamento da parte del primo ministro Serraj del ministro degli Interni, il misuratino Fathi Bashagha[6] mentre si trovava in visita ad Ankara, dopo giorni di pesanti manifestazioni a Tripoli, in cui il 23 agosto è stato ferito un manifestante, e in altre città della Tripolitania che hanno visto il massiccio intervento di alcuni reparti addetti alla sicurezza. Al comandante delle forze della vicina città di Zintan è stato assegnato il compito di proteggere la capitale, mentre il ruolo di ministro è stato assegnato al sottosegretario degli Interni, Khaled Ahmed Mazen, anche se per una manciata di giorni, in quanto Bashagha è stato riconfermato il 3 settembre[7]. L’altro evento riguarda l’annuncio delle dimissioni, arrivato la sera del 16 settembre, da parte proprio di Serraj che si è detto pronto a farsi da parte entro ottobre[8]. La notizia è rimbalzata sulle testate internazionali insieme alle diverse ipotesi legate al futuro della Libia. Ma vediamo in ordine gli ultimi sviluppi.
I fatti, come spesso succede in Libia, hanno seguito un percorso alquanto nebuloso: Bashagha, in seguito all’emanazione di un Decreto Legge (562/2020) che lo poneva sotto indagine, ha chiesto di essere interrogato pubblicamente. Viene il dubbio che questo gesto non sia stato altro che un tentativo di diminuirne l’influenza, vista la sua vicinanza alla Fratellanza Musulmana e alla Turchia.
La mossa di Serraj contro Bashagha, in questo particolare momento storico, è sembrata quasi dettata da motivazioni personali, alla luce del grande potere che il ministro degli Interni ha guadagnato negli ultimi mesi; ma il rischio – reale – che le milizie misuratine a lui legate insorgessero coadiuvate anche dalla Turchia, facendo ripiombare la capitale nel caos più totale, deve aver fatto riflettere Serraj.
Negli scorsi giorni il decreto legge 562/2020 non è stato l’unico atto normativo compiuto dal Gna, quasi a sottolineare il momento di difficoltà che Serraj sta vivendo. Uno di questi riguarda la formazione di un comitato che si occupi di controllare le spese del ministero della Sanità in cui si sospetta ci sia una diffusa corruzione (565/2020)[9].
Proprio sul fronte legato all’epidemia di Covid-19, i numeri rispetto allo scorso trimestre sono saliti esponenzialmente, anche se non come in Europa. Se al 26 agosto i casi confermati erano 11.834 con 210 decessi, all’8 settembre essi raggiungevano le 18.834 unità con 296 decessi. Tuttavia, il problema dell’epidemia in Libia, come in molti paesi africani, sta nel fatto che il tracciamento è estremamente difficile e soprattutto nel Fezzan è quasi impossibile. A ciò va aggiunto il fatto che le persone contagiate sono generalmente riluttanti a fare i nomi di quelli coi quali sono venute a contatto. Inoltre i test, date le distanze e la situazione di profonda instabilità legata alla guerra civile[10], non sono fatti in maniera sistematica sulla popolazione.
Uno dei grandi temi sul lato del fronte interno riguarda la difficoltà che il “governo della fregata” – cosiddetto in quanto Serraj nel 2016 è arrivato a Tripoli via mare – ha avuto in questi anni nella gestione a livello locale. Le stesse manifestazioni dei giorni scorsi sono dovute ai soliti problemi che affliggono buona parte del paese, come blackout elettrici (in un paese dove le temperature estive superano tranquillamente i 40°), mancanza d’acqua potabile, di benzina e di denaro liquido. Sostanzialmente nulla è cambiato in meglio nella gestione della vita quotidiana dei libici, come dimostrato anche dai cumuli di immondizia sparsi ovunque nella capitale. Quella di Serraj, in questo senso, è stata un’amministrazione fallimentare. E i libici sono scontenti, anche a causa della situazione economica che dall’inizio della guerra civile non è certo migliorata.
Tuttavia, qualche barlume di speranza proviene proprio dalle realtà locali, come hanno dimostrato le elezioni municipali della città di Misurata che si sono svolte senza particolari inconvenienti[11]. Il tema locale in Libia ha una valenza particolarmente importante ed è da ciò che bisognerebbe partire, nell’ottica di una decentralizzazione che in futuro possa funzionare a tutti gli effetti. Molto rimane da fare in questo senso sotto tutti gli aspetti: sociale, politico e soprattutto economico. Ecco che, in questo senso, il Gna ha fallito e l'annuncio delle dimissioni di Serraj, soprattutto dopo le manifestazioni degli scorsi giorni, non devono stupire particolarmente. È inoltre utile ricordare quanto i “cartelli” delle milizie tripoline abbiano tenuto sotto scacco il primo ministro e la complessità delle dinamiche interne alla capitale. Ora che il nemico principale Haftar sembra aver perso allure nei confronti dei suoi sostenitori, le frizioni fra le milizie per la spartizione del potere stanno riemergendo, spinte anche da una crisi economica senza precedenti.
A questo proposito, il principio di fondo della tregua attuata a fine agosto 2020 riposa nell’annosa vicenda del blocco dei pozzi petroliferi attuato da gruppi armati simpatizzanti di Haftar che ha fatto crollare la produzione del greggio da più di un milione di barili al giorno ai 100.000 nelle scorse settimane, creando un danno economico ormai stimato intorno agli 8 miliardi di dollari. È evidente che buona parte di questa guerra tra Cirenaica e Tripolitania è fatta per il controllo delle risorse energetiche che, tra l’altro, sono oggetto di scontro anche a livello locale, tra una tribù e l’altra.
La tregua dovrebbe produrre lo spazio per la creazione di una zona demilitarizzata molto ampia dentro la quale si trovano alcuni dei giacimenti petroliferi più importanti del paese. Il controllo tattico di quella fetta di territorio porterebbe all’abbandono dei pozzi da parte delle milizie che per mesi li hanno presidiati allo scopo di bloccarne il funzionamento, dando pertanto nuovo impulso all’economia.
Su come però la zona demilitarizzata funzionerà nei fatti c’è ancora molto da capire. La strategia dovrebbe essere prodotta dalla cosiddetta 5+5 Joint Military Commission, un organismo nato dalla Conferenza di Berlino che vede la presenza di cinque rappresentanti della Tripolitania e cinque della Cirenaica. Le domande che gli esperti si pongono sono parecchie, soprattutto perché in Libia ormai è chiara ed evidente la presenza di forze esterne che già ora sono difficilissime da gestire. Russia, Emirati Arabi Uniti, Egitto sono ormai intervenuti direttamente con uomini e mezzi a favore della Cirenaica, mentre la Tripolitania si regge sul supporto turco e qatarino.
Relazioni esterne
La guerra civile in Libia ha subito un netto cambio di rotta dalla fine del 2019, da quando cioè è stato firmato il Memorandum d’Intesa tra il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e Fayez al-Serraj. Esso prevedeva un duplice scambio: in primis l’accettazione da parte della Libia di un’area marittima sfruttabile in termini di risorse naturali, in base alle cosiddette zone economiche esclusive (Eez)[12]. L’altra parte dell’accordo sanciva l’intervento militare immediato da parte della Turchia qualora il Gna lo avesse richiesto. Cosa che di fatto è avvenuta.
Da quel momento, la situazione sul campo si è evoluta a favore di Tripoli, mentre le forze haftariane hanno dovuto retrocedere fino a Sirte, perdendo punti d’appoggio fondamentali a livello logistico e strategico (si vedano i Focus Mediterraneo allargato n. 12 e n. 13).
Ai successi militari del Gna hanno corrisposto quelli economico-strategici di Ankara su territorio libico, attraverso un programma che possa facilitare l’entrata di nuove aziende turche e il rafforzamento di quelle preesistenti, nuove collaborazioni legate alla rete elettrica e l’insediamento di avamposti militari turchi come quello di Misurata, inducendo l’Italia[13], in seguito ad un incontro il 5 agosto tra Serraj e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, a spostare l’ospedale da campo italiano in “un’area più funzionale”[14], decisione confermata anche da un accordo trilaterale del 17 agosto tra Libia, Turchia e Qatar[15]. In base a una concessione della durata di 99 anni, il porto di al-Khoms diventerà una base militare turca, mentre alla sua aviazione è stata concessa proprio la base aerea di al-Watiya, vicina al confine tunisino e strappata la scorsa primavera alle forze dell’Lna sostenute dal Wagner Group[16]. Al Qatar invece andrà la ricostruzione di tutti i centri legati alla sicurezza distrutti durante l’assedio, e Doha ospiterà alcuni programmi d’addestramento per libici.
Purtroppo, questo non rappresenta un successo per l’Italia il cui governo ha cercato un maggior impatto diplomatico attraverso una visita del ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, il 1° settembre scorso, si è recato in visita a Tripoli nell’ottica di rilanciare il ruolo italiano in Libia, attraverso la ripresa di una serie di contratti già firmati in precedenza, durante l’era gheddafiana, e la stipula di nuovi accordi. Si è parlato della famosa “autostrada costiera della pace”, voluta dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel 2009, che dovrebbe attraversare l’intero paese per 1.700 km dal confine tunisino a quello egiziano. Questo è solo uno dei molti progetti sul tavolo per cui, secondo Di Maio, è necessaria la costituzione di una commissione mista italo-libica[17].
Uno dei punti più controversi riguarda quello dei centri di raccolta per migranti che più volte sono stati descritti come veri e propri luoghi di detenzione e di violenze inaudite, anche su minori. Il problema in questo senso è che, secondo gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite, il 31 luglio scorso in Libia erano rinchiuse ben 2.780 persone, di cui il 22% bambini[18] che non dovrebbero assolutamente trovarsi in quella situazione. Il conflitto, ovviamente, non aiuta.
Nonostante la tregua annunciata da entrambe le parti, l’embargo non viene rispettato, come denunciato da Stephanie Williams qualche giorno fa alle Nazioni Unite. Williams ha affermato che dal 10 luglio scorso sono continuamente arrivati su territorio libico voli (almeno 70 in Cirenaica e 30 in Tripolitania) e cargo (almeno 3 in Cirenaica e 9 in Tripolitania) stracolmi di materiale bellico[19]. Per la Williams il paese si trova a un bivio drammatico che potrebbe portarlo alla rovina completa, anche perché molte sono le voci che affermano che Haftar stia rimettendo le proprie forze in assetto, aiutato in maniera sostanziale dagli emiratini e anche dai russi che, se nel dicembre 2019 avevano effettuato 8 voli per la Libia, nel luglio 2020 sono arrivati a compierne 75[20]. E non è un segreto che i miliziani russi del Wagner Group, durante la ritirata da Tripoli a giugno abbiano seppellito centinaia di mine antiuomo, sebbene ufficialmente il Cremlino abbia smentito tutto[21].
Questo tipo di denunce da parte degli inviati speciali di Unsmil è stato ricorrente nel corso degli anni, ma esse non hanno sortito alcun miglioramento. La fornitura di armi leggere e pesanti, di mezzi e tecnologie militari e ultimamente anche di uomini, è continuata a prescindere dai proclami infuocati e dalle promesse fatte durante le conferenze per la Libia. A questo proposito, dopo mesi dalle discusse dimissioni dell’ultimo Special Envoy Ghassan Salamé, il 15 settembre in occasione del rinnovo del mandato di Unsmil, è stato concordato uno sdoppiamento della carica di capo di Unsmil e guida del processo negoziale. Fonti di stampa avevano indicato per quest'ultimo ruolo il diplomatico bulgaro Nickolai Evtimov Mladenov.
È evidente che, nonostante l’apparente buona volontà, la soluzione politica del fascicolo libico non sia una priorità per molti paesi che, viceversa, non perdono occasione per agire seguendo i propri interessi nazionali, contribuendo alla completa disgregazione della Libia e avvicinando sempre di più lo spettro della divisione tra Cirenaica e Tripolitania che sancirebbe il fallimento definitivo di ogni trattativa di pace, ma anche quello delle Nazioni Unite come organismo fondamentale per le trattative internazionali.
NOTE
[1] “Egypt’s parliament approves troop deployment to Libya”, Al-Jazeera, 20 luglio 2020.
[2] D. Walsh, “Libyan Rivals Call for Peace Talks. It May Be Wishful Thinking”, 21 agosto 2020.
[3] “Secretary-General designates Stephanie Turco Williams of the United States as Acting Special Representative, Head of United Nations Support Mission In Libya”, Unsmil (comunicato stampa), 12 marzo 2020.
[4] “Libya crisis: Rival authorities announce ceasefire”, Bbc News, 21 agosto 2020.
[5] “Haftar rejects GNA’s call for Libya ceasefire”, Al-Jazeera, 23 agosto 2002.
[6] “Libya interior minister suspended after gunmen fire on protesters”, Al-Jazeera, 29 agosto 2020.
[7] “Libya’s interior minister restored to post after GNA talks”, Al-Jazeera, 4 settembre 2020.
[8] “Il primo ministro libico, Fayez al Serraj, ha detto che si dimetterà entro la fine di ottobre”, il Post, 17 settembre 2020.
[9] E. Rossi, “Il futuro della Libia dipende dalle armi. L’analisi di Saini Fasanotti (Brookings)”, Formiche, 2 settembre 2020.
[10] “Security Council support ‘in action’ for Libya, crucial for its future, declares UN mission chief”, Un News, 2 settembre 2020.
[11] Unsmil, tweet, 4 settembre 2020.
[12] F. Saini Fasanotti, The new, great, dangerous game in the eastern Mediterranean, Brookings, 28 agosto 2020.
[13] M. Boni, “La zona smilitarizzata in Libia: un’opportunità per l’Europa”, Analisi Difesa, 22 agosto 2020.
[14] “Libia: Guerini a Tripoli incontra il Premier del Governo di Accordo Nazionale al – Sarraj”, Ministero della Difesa, 5 agosto 2020.
[15] F. Grignetti, “Ospedale italiano sloggiato dall’aeroporto di Misurata per farne una base turca. La Difesa tenta ora di accrescere il suo soft power”, La Stampa, 20 agosto 2020. https://www.lastampa.it/esteri/2020/08/20/news/ospedale-italiano-sloggiato-dall-aeroporto-di-misurata-per-farne-una-base-turca-la-difesa-tenta-ora-di-accrescere-il-suo-soft-power-1.39212856
[16] “Ci siamo riusciti: è ufficiale la Turchia si è installata militarmente in Libia”, Difesa, 26 agosto 2020.
[17] “Perché Di Maio è in Libia”, Il post, 1 settembre 2020.
[18] “UN chief urges closure of all migrant detention centres in Libya”, Al-Jazeera, 4 settembre 2020.
[19] “Libya at a ‘turning point’, warns UN official”, Financial Times, 3 settembre 2020.
[20] “Waves of Russian and Emirati Flights Fuel Libyan War, U.N. Finds”, New York Times, 3 settembre 2020.
[21] S. Magdy, “US military: Russian mercenaries planted land mines in Libya”, The Washington Post, 15 luglio 2020.