Dopo il passo indietro nell’accordo per lo stop al carbone alla Cop26, l'India si ritrova a fare i conti con livelli record di inquinamento e Nuova Delhi rischia il lockdown per lo smog.
Scuole chiuse e cantieri sospesi fino a nuovo ordine: sono le misure predisposte dal governo indiano nel territorio della capitale Nuova Delhi e la sua area metropolitana, interessata da livelli di inquinamento atmosferico senza precedenti. Tra le molte città indiane afflitte dal problema, la National Capital Region figura ogni anno in cima alla ‘lista nera’ e la crisi si aggrava soprattutto in inverno, quando la pratica del debbio – la combustione della vegetazione e degli scarti agrari usati per fertilizzare i terreni negli stati vicini – coincide con temperature più fredde e assenza di venti. I fumi di queste combustioni raggiungono Nuova Delhi, portando a un ulteriore aumento dell’anidride carbonica nella megalopoli di 20 milioni di abitanti, considerata una delle città più inquinate al mondo. Ma il problema riguarda tutto il subcontinente e secondo stime recenti circa un terzo dei decessi annuali in India – più di 2,5 milioni di persone – è riconducibile all’inquinamento atmosferico.
In lockdown per smog?
Nelle ultime settimane, in quello che è diventato un temuto evento stagionale, Delhi ha subito livelli di inquinamento 20 volte superiori a quelli ritenuti salutari dall'Organizzazione mondiale della sanità e una fitta coltre di smog marrone si è depositata sulla città. A preoccupare, in modo particolare, sono gli alti livelli di particolato fine, noto come PM 2.5, ovvero particelle di diametro inferiore a 2,5 micrometri e responsabili ogni anno della morte di oltre un milione e mezzo di persone in India. Nei giorni scorsi – secondo il Times of India – le concentrazioni hanno superato la soglia di guardia proiettando la capitale su quota 400, in una scala che va da 0 a 300, ad un livello definito “pericoloso”. Eppure, a ottobre si era registrata l’aria più pulita degli ultimi anni a causa delle piogge monsoniche tardive. La situazione però ha iniziato a peggiorare con l'avvicinarsi dell'inverno e l’accentuarsi dell'uso del carbone per il riscaldamento domestico, e ha progredito rapidamente dopo la ricorrenza induista del Diwali, nella prima settimana di novembre, quando la temperatura e il vento in città sono diminuiti e milioni di auto si sono riversate per le strade. Secondo un sondaggio condotto questa settimana a Nuova Delhi dalla piattaforma digitale Local Circles, l'86% delle famiglie intervistate dice di avere qualcuno che soffre di disturbi, tra cui mal di gola, congestione, difficoltà respiratorie e mal di testa, a causa dell'aria tossica. La situazione è allarmante al punto che il capo del governo della capitale, Arvind Kejriwal, ha invitato i residenti a indossare la mascherina anche in casa e annunciato che un lockdown totale è molto probabile, ma che la decisione “sarà presa dopo aver consultato il governo federale”.
Lo sgambetto di Glasgow?
Mentre a Nuova Delhi le autorità decidevano di chiudere per una settimana le scuole per livelli d'inquinamento che rendono l’aria irrespirabile, a Glasgow l'India frenava sul documento finale di Cop26. E confermava un programma di costruzione di nuove centrali a carbone e di ampliamento di quelle esistenti. Durante l’assemblea conclusiva del vertice, infatti, il governo di Narendra Modi ha chiesto e ottenuto di sostituire all’ultimo minuto l’espressione ‘phase-out’, (eliminazione graduale) del carbone, con ‘phase-down’ (riduzione graduale). Una modifica all’apparenza minima ma che nella sostanza – hanno denunciato alcuni delegati – ha cambiato tutto. L’uso del carbone, combustibile fossile a basso costo tra i più inquinanti al mondo, al centro di un dibattito cruciale in Scozia, sarà infatti solo ridotto e non accantonato come molti avrebbero voluto. Un colpo di mano frutto di un’intesa raggiunta in extremis tra India, Cina e Stati Uniti, che ha costretto la Conferenza a ripiegare pur di portare a casa un accordo. Ma non sarebbe giusto puntare il dito solo contro Nuova Delhi: pur figurando tra i principali inquinatori al mondo, le emissioni di CO2 pro capite dell’India sono ancora molto più basse rispetto a quelle di altre grandi economie. Significa che i consumi energetici del paese sono ancora più bassi di quelli di altre potenze occidentali. E comunque l’annacquamento del Patto climatico di Glasgow è avvenuto con il sostegno più o meno esplicito di altri paesi fortemente dipendenti dall’energia fossile: Australia, Sudafrica, Russia e Arabia Saudita.
Scegliere tra sviluppo o ambiente?
Dopo Cina e Stati Uniti, l'India è il terzo produttore mondiale di CO2, che contribuisce in modo significativo al riscaldamento globale. E nell’ultimo decennio ha quasi raddoppiato il consumo di carbone che fornisce ancora circa il 70% del fabbisogno elettrico del paese, un’economia in forte espansione in cui vivono un miliardo e 380 milioni di persone. Parlando alla Cop26, il ministro dell’Ambiente indiano Bhupender Yadav ha insistito sul fatto che le economie in via di sviluppo abbiano “il diritto all’uso responsabile dei combustibili fossili”. L’India si è impegnata a raggiungere le zero emissioni nette (net zero) entro il 2070, dieci anni dopo la Cina e decenni dopo rispetto a quanto promesso da altri importanti emettitori come gli Stati Uniti e l'Unione Europea. Ha anche leggermente rivisto alcuni dei suoi obiettivi promettendo che installerà centrali per un totale di 500 gigawatt di energia non fossile e soddisferà metà del suo fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Un annuncio che riflette la volontà di passare all'energia pulita, sapendo però di non poterlo fare entro il prossimo decennio. “Il dilemma che l'India deve affrontare è che – osserva Chandra Bhushan, che dirige il Forum internazionale per l'ambiente con sede a Delhi – il carbone inquina le sue città, i suoi fiumi ed è responsabile di eventi climatici estremi, ma non riesce ad affrancarsene passando in fretta alle rinnovabili”.
Il commento
Di Nicola Missaglia, India Desk, ISPI
“Mentre alla Cop26 Modi ‘annacqua’ l’accordo finale sulla riduzione del carbone, New Delhi chiude i battenti per lo smog che soffoca gli indiani. Un paradosso? No, una scelta politica. La priorità del governo è una soltanto: far ripartire i motori di un’economia falcidiata dal Covid, costi quel che costi, e il prima possibile. Il paradosso è che da un leader che ha sempre tenuto molto a presentarsi come visionario e araldo all’India First, ci si aspetterebbe non il ricorso a “pezze” temporanee come la chiusura di scuole e università, ma il coraggio di promuovere misure radicali e lungimiranti, fondamentali per il futuro dell’India e della lotta contro i cambiamenti climatici.”
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)