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NEW SPACE ECONOMY

Il futuro è in orbita

Clelia Iacomino
14 gennaio 2022

Cosa significa Space Economy?

Ultimamente, si sta affermando sia nella comunità spaziale, sia nel pubblico generale, il fenomeno della Space Economy. Questo termine include tutte le attività che implicano l’utilizzo commerciale dello spazio che vanno dall’orbita bassa terrestre e spazio esterno.

La Space Economy si caratterizza per una diversa interazione tra pubblico e privato rispetto al passato. Se all’inizio dell’era spaziale le attività venivano condotte prevalentemente dai governi, ora sono molti gli attori privati coinvolti nei programmi spaziali, aprendo così la strada per nuovi modelli di business e per lo sviluppo di tecnologie innovative, che vanno dai lanciatori ai satelliti, che hanno ridotto notevolmente il costo degli investimenti. Dall'inizio dell'era spaziale, l'attività globale, sia civile che militare, è stata essenzialmente guidata dai governi e motivata da obiettivi strategici, politici e scientifici. In questa fase, i governi hanno contribuito allo sviluppo di tecnologie spaziali per scopi soprattutto istituzionali e militari, con missioni divenute parte dell’immaginario collettivo. Dal 1970 al 2000, l’economia dello spazio ha visto l’ingresso di società private soprattutto nelle telecomunicazioni civili via satellite e nella trasmissione di segnali televisivi. Tuttavia in questo periodo le attività governative sia civili sia militari hanno continuato a predominare. Ad ogni modo, la tecnologia satellitare è stata estesa a vari servizi e applicazioni, inclusi prodotti e servizi di informatica, televisione, sistemi GPS e telefoni cellulari.

 Ad esempio, la rapida crescita dell’industria informatica e digitale ha avuto un grande impatto sia sulla produzione di infrastrutture satellitari, sia sulle applicazioni spaziali downstream, facilitandone la commercializzazione. Dal 2000 ad oggi, la partecipazione delle compagnie private nel settore spaziale non si è solo consolidata, ma anche espansa. In questo nuovo contesto, è emerso un approccio dirompente e orientato alla commercializzazione, contraddistinto da iniziative ambiziose e sforzi per entrare nel settore spaziale con modelli innovativi di business. Negli anni più recenti, questo nuovo ecosistema ha visto la crescita di un ampio numero di nazioni con un programma spaziale (ad esempio Paesi che hanno sviluppato l’accesso allo spazio, o più semplicemente, lanciato i loro primi satelliti) e di attori privati che investono nel settore. È considerevole notare come questi attori stanno cercando di operare nella Space Economy (quasi) indipendentemente dai governi.

Attualmente, la spinta all’ingresso dei privati nei programmi pubblici rappresenta una variabile cruciale per agenzie e governi, i quali sono sempre più interessati ad esplorare nuovi meccanismi per avvantaggiarsi del contributo dei privati nelle attività spaziali e accelerare il conseguimento degli obiettivi. Questo approccio è principalmente evidente negli USA, dove un tangibile cambio di direzione nella politica spaziale americana sta portando alla nascita di un nuovo ecosistema, innovativo e competitivo, caratterizzato da un maggiore coinvolgimento dei privati: cambia così il ruolo della NASA da un approccio direttivo ad uno di facilitatore, spinto da necessità e considerazioni di natura commerciale. Questo cambio di prospettiva da parte della NASA si è tradotto nella apertura di nuovi mercati e di nuove forme di creazione di valore, in politiche più efficaci per industria e appalti, in un forte sostegno alla ricerca e sviluppo nelle attività downstream per sviluppare settori e applicazioni innovativi, e nella riduzione dei costi per costruire lanciatori (Space X).

 

Quanto vale la Space Economy?

Per quanto riguarda il valore complessivo del settore spaziale, i ricavi sono cresciuti stabilmente dai circa 176 miliardi di dollari del 2005 ai 385 miliardi del 2020. Il valore consolidato include sia i fondi governativi, sia i ricavi commerciali, che possono essere sia business-to-government che business-to-business. Nel 2020, i programmi spaziali governativi si sono attestati sugli 83 miliardi di dollari, di cui 13 miliardi dedicati a contratti per servizi commerciali downstream. Allo stesso tempo, le entrate commerciali per il settore spaziale erano stimate in 315 miliardi di dollari.

Al fine di comprendere appieno il mercato spaziale downstream, è indispensabile non confondere servizi e applicazioni satellitari: i primi corrispondono alle funzioni eseguite dalle tecnologie a bordo dei satelliti, ossia la raccolta e la trasmissione di dati che danno luogo al telerilevamento, alla navigazione, alle telecomunicazioni e alla meteorologia; i secondi consistono, invece, nell’integrazione ed elaborazione di dati satellitari al fine di derivare informazioni utili a supportare le operazioni terrestri. Le applicazioni satellitari, dunque, sono basate sui servizi satellitari, ma ne estendono l’impiego integrandoli nei processi, prodotti e servizi dei settori non spaziali.

La maggior parte dei guadagni dell’industria satellitare deriva dal mercato dei satelliti per comunicazioni (50%) e per navigazione (48%), con solo il 2% generati dalla catena del valore legata all’osservazione della Terra. Al momento, la vasta maggioranza dei guadagni dell’industria satellitare è il risultato di attività che si svolgono nell’orbita geosincronica terrestre (GEO) e nell’orbita media (MEO), come trasmissioni TV e radio, comunicazioni, e i servizi PNT che ne costituiscono il segmento principale. Tuttavia, questo potrebbe cambiare con l’arrivo delle costellazioni di satelliti LEO. Secondo le stime di Euroconsult, i guadagni dell’industria satellitare commerciale potrebbero raggiungere i 485 miliardi di dollari entro il 2028.

 

Le prossime sfide a livello globale

Il settore spaziale, nel medio e lungo periodo, dovrà affrontare due grandi sfide a livello globale: l’aumento dei detriti spaziali nelle orbite LEO, e le missioni commerciali sulla Luna.

Il problema emergente della “spazzatura spaziale” è dovuta da evidenti cambiamenti nel traffico di lancio nell’orbita LEO. Al posto di lanciare pochi, grandi, complessi, e costosi dispositivi spaziali, la tendenza ora è quella di lanciare molti satelliti più piccoli, meno complessi e meno costosi. Le grandi costellazioni, formate da migliaia di satelliti in ristrette regioni dello spazio, si stanno affermando come importanti asset spaziali. L’aumento dell’uso commerciale dell’orbita LEO e il dibattito internazionale sulla stabilità dell’ecosistema spaziale costituiscono un tema di crescente discussione tra i decisori politici. Negli ultimi cinque anni, molte aziende hanno proposto, finanziato, e, in alcuni casi, iniziato l’installazione di grandi costellazioni di piccoli satelliti LEO per il telerilevamento e per sviluppare l’Internet of Things, oltre alla banda larga. Le costellazioni più grandi proposte sono infatti per le connessioni a banda larga.

Negli ultimi anni, l’incremento dell’utilizzo commerciale dei dati satellitari è stato favorito dalla combinazione di innovazione tecnologica (che ha coinvolto satelliti e lanciatori) e investimenti da parte di capitali privati. La riduzione dei costi di accesso allo spazio e del time-to-market di società del settore spaziale (e non solo) orientate a una domanda commerciale hanno incoraggiato l’appetito di business angel e venture capital (in particolare negli Stati Uniti). A beneficiarne è stata, soprattutto, la diffusione dell’offerta di servizi dell’osservazione della Terra e delle telecomunicazioni. Per esempio, le aziende leader del settore come, BlackSky, Planet, Starlink (SpaceX) e OneWeb (con prossimo ingresso di Kuiper Systems di Amazon), hanno lanciato costellazioni di piccoli satelliti (< 500 kg) in orbita bassa terrestre per fornire servizi di telerilevamento (Planet e BlackSky) e connettività a banda larga (Starlink, OneWeb e Kuiper). 

A livello globale si stanno delineando linee strategiche differenti tra gli operatori spaziali (soprattutto a livello tecnologico), a cui si aggancia un’offerta commerciale eterogenea poiché guidata dalle esigenze (e dal peso) dei clienti in portafoglio delle società. Per esempio, nel contesto italiano, la domanda è essenzialmente basata sulle necessità delle istituzioni pubbliche, società a partecipazioni pubblica e grandi aziende private che investono in innovazione tecnologica. Il target della domanda è esemplificativo per comprendere i modelli di impresa delle società spaziali nazionali: 1) alta qualità delle immagini (e alti costi) per quanto riguarda l’osservazione della Terra e 2) orientamento business to business per le aree remote (applicazioni machine to machine/internet of things e 5G per le infrastrutture) e business to government per le aree urbane per quanto riguarda le telecomunicazioni. 

Tuttavia, società appartenenti a settori strategici nazionali (per esempio, agricoltura, energia, trasporti, assicurazioni e telecomunicazioni) stanno iniziando a condurre progetti pilota volti a verificare il potenziale dei servizi e/o delle applicazioni satellitari e ad affinarne la compatibilità con i bisogni settoriali. Alcune imprese agricole, per esempio, stanno lavorando all’integrazione dei dati satellitari derivati dall’osservazione della Terra, supportati da servizi di telecomunicazione di navigazione satellitare per condurre pratiche di agricoltura di precisione. Tramite uno sforzo consistente in termini di costi e di competenze in attività di ricerca e sviluppo, operatori del settore stanno perfezionando le applicazioni satellitari pensate per combinare i dati satellitari con le informazioni derivate dai sensori a terra, al fine di monitorare i bisogni delle piante e, di conseguenza, di efficientare i piani colturali, ottimizzando l’impiego di acqua, fertilizzanti, pesticidi e macchinari. Nel settore assicurativo le scatole nere, che consentono di monitorare le proprietà mobili come le auto, dotate di sistemi di posizionamento e navigazione abilitati dalle tecnologie satellitari. Aziende appartenenti al settore energetico e a quello dei trasporti, invece, in partnership con gli operatori del settore spaziale, stanno sperimentando l’adozione di applicazioni satellitari per ricorrere a sistemi di manutenzione predittiva sulle proprie infrastrutture, con l’obiettivo di passare da un modello manutentivo ciclico ad uno basato sulle effettive condizioni di necessità delle reti di trasporto, con benefici in termini di riduzione dei costi degli interventi e di sicurezza del servizio. Aziende del settore delle telecomunicazioni, infine, che già impiegano i satelliti per offrire servizi di connessione, stanno esplorando nuove opportunità di mercato in aree non raggiungibili dalle reti terrestri e tramite servizi di integrazione dell’internet of things. 

Se attualmente ci sono circa 3.400 satelliti attivi nelle orbite terrestri, le aziende pianificano di averne oltre 40.000 nel prossimo decennio. Uno spazio orbitale sovraffollato aumenta i rischi di collisioni tra oggetti spaziali, creando danni non solo agli asset in orbita, ma anche ai relativi servizi, oltre che alle persone a bordo dei mezzi spaziali. Lo scorso novembre, si è assistito ad un’altra potenziale causa di detriti spaziali quando la Russia ha condotto un’esercitazione anti-satellite, distruggendo uno dei propri satelliti generando oltre 3.000 frammenti, che viaggiano ora nelle orbite terrestri ad una velocità dieci volte superiore a quella dei proiettili. In quell’occasione, gli astronauti che si trovavano presso la Stazione Spaziale Internazionale hanno dovuto rifugiarsi nelle capsule ausiliarie ad alta resistenza agli impatti fino al termine del pericolo di collisioni.

Negli ultimi anni si è registrata una ridotta crescita del rispetto delle linee guida volontarie sulla rimozione dall’orbita LEO di oggetti spaziali al termine della loro vita utile sia attraverso la rimozione attiva, sia per il decadimento naturale. Nonostante i miglioramenti, però, la percentuale di satelliti non conformi è ancora molto alta per ogni tipo di missione: difesa, settore commerciale, e civile. Se le attività spaziali degli operatori pubblici e privati rimangono immutate, nel 2170 si registreranno oltre 270 collisioni totali, mentre ad oggi siamo al di sotto delle 10.

L’altra sfida importante per il settore spaziale riguarda invece le attività di esplorazione. Le principali agenzie spaziali, come la NASA e l’ESA, puntano infatti a riportare persone sulla Luna (e, specialmente, la prima donna e persona di colore) entro il 2025.  Si stima che nei prossimi 10/15 anni l’utilizzo delle risorse spaziali sarà fondamentale per il successo delle missioni sulla Luna e su altri pianeti. Le risorse lunari potrebbero appunto fornire carburante per il rifornimento in orbita di mezzi spaziali, riducendo il costo, e le quantità di ossigeno ed acqua necessarie per sostenere stazioni spaziali future in orbita lunare.

In questo contesto, sta prendendo forma una nuova tipologia di partnership tra pubblico e privato. I governi provvederanno al supporto iniziale per l’esplorazione e lo sviluppo di tecnologie critiche (come le telecomunicazioni e la navigazione Terra-Luna), e alla costruzione di infrastrutture spaziali. Il settore privato assumerà poi un ruolo guida nel creare nuovi mercati e espandere la presenza umana nello spazio. Lo sfruttamento delle risorse lunari aprirà opportunità di sviluppare un vivace e sostenibile mercato basato sulla Luna, un mercato che potrebbe offrire servizi e applicazioni specifiche sia per le richieste lunari (come attività scientifiche portate avanti sulla Luna o per la preparazione all’esplorazione di Marte), sia per quelle terrestri (come il turismo spaziale o lo sfruttamento dell’energia solare raccolta nello spazio e trasmessa alla Terra).

Considerando queste prospettive, l’Europa dovrà fare fronte a diverse sfide. La riduzione dei costi di accesso allo spazio e la competizione da parte di altre nazioni potrebbero relegare l’Europa in una posizione marginale delle attività di lancio. Nel settore dei lanciatori è rimasta infatti ancorata al modello del passato, basato su complessi appalti governativi ed un approccio monopolistico in un contesto di mercato spaziale frammentato a livello continentale. Questa frammentazione, dovuta alla presenza di istituzioni intergovernative, porta anche a politiche nazionali diverse e non coordinate, che penalizzano ulteriormente l’industria spaziale europea nei confronti di quella di altri Paesi, come gli USA o la Cina.

 

Alla scrittura di questo articolo hanno contribuito anche Mattia Pianorsi e Aristea Saputo, SEE Lab Bocconi.

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AUTORI

Clelia Iacomino
SEE Lab Bocconi

Image Credits (CC BY-NC 2.0): NASA's Marshall Space Flight Center

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