Il G20 e l'Africa: un futuro comune, made in Germany | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

Il G20 e l'Africa: un futuro comune, made in Germany

Tiziana Corda
06 luglio 2017

Un 2017 come “anno dell’Africa”? Alla Germania, che dal 1° dicembre 2016 ha assunto la presidenza di turno del G20, va il merito di aver messo per la prima volta lo sviluppo economico africano tra le priorità dell’agenda delle principali economie mondiali. Come dichiarato lo scorso autunno dal cancelliere tedesco Angela Merkel durante il suo tour africano, il benessere del continente africano è nell’interesse della Germania, non da ultimo per contenere il fenomeno migratorio che negli ultimi anni ha monopolizzato il dibattito politico europeo. Tuttavia, per attirare gli indispensabili investimenti verso l’Africa è necessario il sostegno politico ed economico delle grandi potenze. Per questo, sfruttando l’opportunità della sua presidenza G20, la Germania ha riposto nell’Africa il focus geografico del proprio mandato, dedicandole una serie di appuntamenti di alto livello.

Il fatto che questo rinnovato impulso verso l’Africa, per quanto possa essere condiviso e sostenuto anche dagli altri membri del G20, sia fondamentalmente a guida tedesca lo si evince dalle mosse parallele del Ministero della Cooperazione economica e sviluppo tedesco, che a gennaio di quest’anno ha lanciato il proprio Piano Marshall per l’Africa. Redatto in accordo con la visione dell’Agenda 2063 dell’Unione africana e dettato dalla consapevolezza che lo sviluppo sostenibile e il benessere dell’Africa non siano solo un obbligo morale ma siano soprattutto nell’interesse delle maggiori economie mondiali per prevenire crisi con ripercussioni globali, questo nuovo Piano rappresenta la pietra angolare del futuro della cooperazione allo sviluppo tedesca. Riconoscendo i limiti economici e politici attuali degli aiuti pubblici allo sviluppo, al cuore di questa strategia ci saranno gli investimenti del settore privato. A questo riguardo, l’interesse della Germania per il mercato africano è in continua crescita da quando, nel 2014, vennero pubblicate le Guidelines for Africa del nuovo approccio tedesco verso il continente; già da allora la Germania vedeva importanti opportunità nell’enorme potenziale dei mercati africani, tanto da diventare in quegli anni il principale esportatore europeo verso l’Africa sub-sahariana [1]. Eppure oggi la presenza della Germania in Africa riguarda solo un migliaio delle 400.000 [2] imprese tedesche operanti all’estero e genera un interscambio di ‘soli’ 27,7 miliardi di dollari [3], meno del 2% dell’intero commercio estero tedesco. Nel tentativo di dare nuovo slancio a questa presenza, tra le misure proposte per incentivare investimenti privati in Africa vi sono garanzie di credito all’esportazione per le aziende tedesche e, al contempo, risorse finanziarie a sostegno dei governi africani che introducono riforme, soprattutto nel quadro normativo economico, incluso quello della tassazione, e agiscono con responsabilità, trasparenza e impegno. 

Questi tre valori sono stati rimarcati nel primo grande appuntamento che la Germania ha dedicato all’Africa nel quadro degli eventi organizzati nel corso dell’anno di presidenza del G20, il T20 Africa, organizzato a Johannesburg a inizio febbraio dal South African Institute of International Affairs (SAIIA), il German Development Institute (DIE) e il Kiel Institute for the World Economy. Aprendo la conferenza, Thomas Silberhorn, segretario di Stato del Ministero tedesco per la Cooperazione economica e lo sviluppo, ha discusso della necessaria alleanza tra G20 e Africa per lo sviluppo sostenibile del continente, soprattutto nel settore infrastrutturale e occupazionale, riconoscendo come le tradizionali forme di cooperazione allo sviluppo non inclusive del settore privato non siano in grado di affrontare da sole le grandi sfide del continente – crescita demografica, istruzione, occupazione [4]. La Germania intende quindi riprodurre a livello multilaterale gli obiettivi e la strategia tedesca del Piano Marshall per l’Africa. A sostegno di ciò, è necessario il coinvolgimento anche della società civile e accademica – e per questo è stato ideato l’African Standing Group, un network di diversi think tank con l’obiettivo di fornire indicazioni politiche per la cooperazione tra G20 e Africa – e ovviamente del settore privato e finanziario, su cui si è discusso a marzo al G20 dei Ministri delle Finanze insieme ad alcuni omologhi africani. È in questo incontro che la presidenza tedesca ha presentato per la prima volta il “Compact with Africa”, lo strumento del G20 volto a promuovere gli investimenti privati nel continente [5]. 

A tale proposito, durante la conferenza G20 sull’Africa di giugno, alla presenza di diversi capi di stato africani e istituzioni finanziarie internazionali, la presidenza tedesca ha ufficialmente lanciato l’iniziativa del “Patto con l’Africa, investire in un futuro comune” [6]. Questa iniziativa esemplifica il nuovo approccio delle politiche di cooperazione internazionale con cui i paesi africani, assistiti dai partner del G20 e dalle istituzioni finanziarie internazionali, potranno sviluppare ed implementare accordi di investimento su misura (“Compacts with Africa”) per la crescita sostenibile, lo sviluppo infrastrutturale e l’occupazione giovanile (pilastri della partnership). Le novità di questo approccio risiedono proprio nel ruolo di regia lasciato ai paesi africani, i decisori ultimi del processo, e in quello dei privati, per quanto questa sia ormai una tendenza andata consolidandosi negli ultimi anni nel mondo della cooperazione allo sviluppo. L’obiettivo principale è quello di facilitare gli investimenti dei privati, offrendo garanzie finanziarie che riducano considerevolmente il livello di rischio per gli investitori interessati ai mercati africani. Gli aiuti pubblici allo sviluppo esterni saranno ancora necessari, soprattutto come catalizzatori, affiancati da alternative in via di definizione come i “big bond per l'Africa” [7]. La conferenza di giugno ha inaugurato questi accordi, offrendo una prima piattaforma in cui i diversi attori dell’iniziativa hanno potuto entrare in contatto. Ad oggi i paesi africani che hanno manifestato interesse nell’iniziativa sono Costa d’Avorio, Marocco, Ruanda, Senegal, Tunisia, Ghana ed Etiopia.

In linea con questa iniziativa si è mossa anche l’Unione europea – oggi il principale investitore straniero e partner commerciale dell’Africa, oltre che fonte del 50% degli aiuti pubblici allo sviluppo destinati all’Africa e principale fonte di rimesse africane [8]. A maggio la Commissione ha proposto un quadro d’azione per un nuovo Piano di Investimenti Esterni [9] che rilanci la partnership EU-Africa anche in vista del quinto summit programmato per novembre 2017.  L’obiettivo è quello di creare prospettive per gli africani e, così facendo, far fronte a quelle sfide globali – incluso il fenomeno migratorio – nell’unico modo possibile, ovvero condividendo rischi e opportunità. Per incoraggiare gli investimenti del settore privato e la creazione di occupazione in Africa, il Piano sostiene una piattaforma per il dialogo tra i rispettivi settori privati (Sustainable Business for Africa - SB4A) e l’erogazione di 3,3 miliardi di euro di risorse pubbliche in grado di sbloccare entro il 2020 capitali privati per un totale di 44 miliardi di euro.

E l’Italia? A Roma, da qualche anno a questa parte, una certa componente della diplomazia e del governo italiano ha rilanciato con vigore i rapporti con il continente africano [10]. Nel 2016 l’Italia è diventata una delle prime dieci fonti di investimento estero in Africa (4 miliardi di dollari, 20 progetti [11]), dopo aver recuperato numerose posizioni negli ultimi anni. Nello specifico in quest’anno di presidenza G7 il governo italiano ha provato a porre lo sviluppo dell’Africa come tema trasversale della sua presidenza. All’Africa è stato dedicato il focus regionale del Summit dei Think Tank – promosso dal Ministero degli Affari Esteri e organizzato dall'ISPI – e una serie di leader africani hanno partecipato al Summit di Taormina nel consueto “Africa outreach”, una tradizione dei Summit G7 avviata proprio dall’Italia al Summit di Genova del 2001 e da allora sostenuta dalle successive presidenze. Al centro della crescita africana, anche l’Italia ha inserito il settore privato. Sul fatto che i piani di investimento debbano svolgere un ruolo sempre più centrale nelle strategie di sostegno allo sviluppo dell’Africa – l’idea alla base del Piano Marshall tedesco – c’è quindi accordo totale. Anzi, come sostiene il vice-ministro degli Affari esteri Mario Giro, era stata proprio l’Italia, tramite la propria rappresentanza a Bruxelles [12], a proporre per prima questa nuova strategia europea fondata sulla sinergia tra cooperazione allo sviluppo, il commercio estero e gli investimenti privati. Era quindi prevedibile che l’Italia avrebbe accolto con favore l’iniziativa dei “Compact with Africa” lanciata a Berlino lo scorso giugno dalla Germania. Dopotutto, l’Italia è particolarmente esposta al fenomeno migratorio africano ed è pertanto in tutto il suo interesse ricercare soluzioni ai problemi strutturali che originano questa e altre crisi.  

Per essere di successo, però, è necessario che a questo rinnovato impulso (tedesco) per l’Africa le prossime presidenze del G20, le istituzioni finanziarie internazionali, e, come già accade con il Piano Marshall tedesco per l’Africa anche le singole grandi economie globali, garantiscano quella continuità di sostegno politico ed economico essenziale per far sì che questa iniziativa non rimanga anch’essa un potenziale inespresso.

 
Tiziana Corda, ISPI Research Assistant
 
[1] http://www.monrovia.diplo.de/contentblob/4246600/Daten/4317323/Afrika_Leitlinien_Engl.pdf
[2] http://www.dw.com/en/germanys-marshall-plan-for-africa-unveiled/a-37178506
[3] Dati tratti da http://unctadstat.unctad.org
[4] http://www.saiia.org.za/speeches-presentations-other-events-materials/1165-thomas-silberhorn-t20-africa-conference-speech/file
[5] http://www.bundesfinanzministerium.de/Content/EN/Bilderstrecken/Media_Centre/Graphics/g20-compact-with-africa.html?notFirst=true&docId=123082#photogallery 
[6] https://www.project-syndicate.org/commentary/german-g20-investment-framework-for-africa-by-wolfgang-schauble-2017-06
[7]  Proposti dall’ex Ministro delle Finanze della Nigeria Ngozi Okonjo-Iweala e Nancy Birdsall del Center for Global Development, i Big Bond per l’Africa puntano a sfruttare i bassi tassi di interesse per generare nuove risorse: «donors would borrow against future aid flows in capital markets. That way, they could exploit current low interest rates at home, as they generate new resources. Donors would pass on the interest cost to African countries, reducing their own fiscal costs. For African countries, the terms would be better than those provided by Eurobonds. In fact, as audacious as it may sound, passing on the interest costs to recipient countries could actually bolster their debt sustainability. According to a study of eight countries by the African Development Bank’s Policy Innovation Lab, a 3% interest rate in US dollar terms would be lower than the marginal cost of commercial borrowings undertaken by several African countries over the last five years. Moreover, far longer maturities and grace periods, compared to market finance, would ease growing pressure on foreign-exchange reserves». Per saperne di più: https://www.project-syndicate.org/commentary/africa-regional-infrastructure-investment-bond-by-nancy-birdsall-and-ngozi-okonjo-iweala-2017-04
[8] Gli investimenti diretti esteri dell'Unione europea verso l'Africa ammontano a 32 miliardi di euro. Il 33,5% dell’import totale africano proviene dalla UE mentre il 41% dell’export totale africano è diretto verso l'UE.  Nel 2015, le rimesse degli africani presenti nell’Unione e dirette verso l'Africa sono state di 21 miliardi di euro (36% dei flussi di rimesse globali verso l’Africa), la stessa quota degli aiuti pubblici allo sviluppo africano da parte dell’Unione e dei suoi Stati membri (il 50% degli aiuti totali per l'Africa). Cf. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017JC0017&from=EN
[9] Ibidem. 
[10] Dapprima con una nuova legge sulla cooperazione nel 2014 (125/2014), poi con l’approfondimento di relazioni politiche e diplomatiche (forum Italia-Africa 2016, visite di stato di Renzi e Mattarella in Africa sub-sahariana, apertura nuove ambasciate).
[11] http://www.ey.com/Publication/vwLUAssets/ey-attractiveness-program-africa-2017-connectivity-redefined/$FILE/ey-attractiveness-program-africa-2017-connectivity-redefined.pdf
[12] https://www.agenzianova.com/a/58ee75fb48b8b5.09127777/1527089/2017-03-16/cooperazione-viceministro-esteri-giro-a-nova-strategia-totalmente-nuova-per-l-aiuto-allo-sviluppo-europeo-2/linked

VAI AL WATCH
 

Ti potrebbero interessare anche:

L'espansione diplomatica di Israele in Africa
Matteo d'Avanzo
Scuola Normale Superiore e INALCO
UE: new deal, old money
Africa: Papa Francesco e le altre guerre
Africa: nuove sfide per Pechino
Elisa Gambino
University of Manchester
Africa: tour de force
UE: la recessione che non c'è?

Tags

g20 UE migrazioni sviluppo Africa
Versione stampabile

AUTORE

Tiziana Corda
ISPI Research Assistant

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157