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Dopo il Summit

Il G20 straordinario sull’Afghanistan

12 ottobre 2021

Il G20 straordinario sull’Afghanistan, voluto dall’Italia, dà mandato alle Nazioni Unite per coordinare la risposta e gli aiuti e scongiurare il collasso dell’economia del paese.

 

A due mesi dalla caduta di Kabul nelle mani dei Talebani il G20 si riunisce per affrontare la situazione in Afghanistan, sull’orlo del baratro economico e umanitario, dopo il ritiro degli ultimi contingenti della missione internazionale a guida Usa. Fortemente voluto dall’Italia, presidente di turno dell’organismo che riunisce le 20 principali economie del mondo, il vertice straordinario si è svolto in modalità virtuale. Oltre ai rappresentanti del G20, vi hanno partecipato anche Spagna, Paesi Bassi, Qatar e i rappresentanti di Fondo Monetario Internazionale e Banca mondiale. Inoltre, nonostante i tentativi di composizione del premier italiano Mario Draghi i presidenti cinese e russo, Xi Jinping e Vladimir Putin, protagonisti fondamentali per gli equilibri della regione, non hanno aderito all’incontro, inviando dei funzionari e mostrando, secondo alcuni, una presa di distanze dall’iniziativa. Sebbene non abbia realizzato tutte le ambizioni relative al vertice, all’Italia va riconosciuto il merito di aver ottenuto di convertire il G20 da foro essenzialmente economico a consesso che allarga il suo raggio di azione alle questioni geopolitiche e strategiche che influenzano anche l’economia globale. “Dal mio punto di vista questo incontro è un successo – ha detto Draghi durante la conferenza stampa al termine dell’incontro –. È la prima risposta multilaterale alla crisi afghana. Il multilateralismo sta tornando come schema di lavoro dei paesi del mondo”.

 

 

Il dilemma della comunità internazionale?

Tre i dossier sul tavolo dei partecipanti: la crisi umanitaria, da scongiurare anche perché innescherebbe migrazioni incontrollate, la lotta al terrorismo, evitando quindi che l'Afghanistan torni ad essere un santuario delle organizzazioni jihadiste, e il sostegno alle organizzazioni umanitarie perché riescano a prestare soccorso alla popolazione. Ma nel cercare di perseguire i suoi obiettivi, sintetizza efficacemente Giuliano Battiston, la comunità internazionale riunita virtualmente a Roma affronta un dilemma di fondo: “Trovare il modo di sostenere la popolazione, […] senza legittimare un governo arrivato al potere con la forza e che nega i diritti fondamentali dei cittadini, in particolare delle donne”. Se sotto il profilo dei diritti umani infatti, la situazione è già molto preoccupante, quella economica e sociale rischia addirittura la catastrofe annunciata: dopo la conquista talebana di Kabul infatti, miliardi di dollari di fondi della Banca centrale afghana all’estero sono stati congelati e il governo, privo di riserve di denaro, ha dovuto imporre un rigido controllo dei capitali. Il paese dipende per il 40% della sua economia da aiuti esterni e da agosto ad oggi l’inflazione, alimentata dalla peggior carestia degli ultimi decenni, è aumentata del 30%. Se l’attuale tendenza non sarà invertita, l’Onu avverte che la quasi totalità dei 38 milioni di abitanti del paese, più precisamente il 97%, rischia di scivolare sotto la soglia di povertà, dove attualmente vi si trova il 72%.

Diplomazia parallela?

Intanto, sulla crisi è comunque già attiva una diplomazia parallela per aprire un dialogo con il nuovo regime di Kabul. Oggi i rappresentanti dell’Unione europea hanno incontrato a Doha in Qatar emissari dei Talebani. L’incontro segue quelli avvenuti nei giorni scorsi con una delegazione tedesca e una americana. “Non possiamo aspettare e vedere che succede. Dobbiamo agire adesso” ha chiarito l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell mentre la portavoce Nabila Massrali ha chiarito che si tratta di “colloqui tecnici e che non costituiscono in alcun modo un riconoscimento del governo ad interim”. Sul fronte regionale, molti paesi dell’area nutrono perplessità sulle conseguenze di breve e medio periodo determinate dal nuovo status quo afghano. Se “la conclusione della guerra afgana”, spiega Emanuele Giordana, “resta una vittoria personale del premier pachistano” Imran Khan, anche Pechino è costretta, “a causa della geografia”, a lavorare con il nuovo governo, che secondo Raffaele Pantucci sarebbe pronta a riconoscere, pur di non farlo per prima. Più che le opportunità, in Cina prevalgono le preoccupazioni per l’instabilità del paese. Preoccupazioni che tuttavia non sono bastate a trovare finora una risposta comune. Né a garantire quei fondi di cui la popolazione afghana ha bisogno.

 

Il ritorno del multilateralismo?

Poco prima dell’inizio del vertice, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterrez sollecita la comunità internazionale a fare presto: l'economia afghana non può più aspettare: "Le banche stanno chiudendo e i servizi essenziali come la sanità sono stati già sospesi in alcuni luoghi". Serve liquidità, subito, per evitare il collasso. Per ora a destinazione è arrivato soltanto un terzo degli aiuti promessi. “L’intenzione di aumentare gli stanziamenti c’è, come dimostra l’annuncio dell’UE di devolvere 1,2 miliardi di euro. Ma c’è bisogno che l’Onu, a cui è stato dato mandato, coordini le iniziative e faccia la regia di un aiuto comune” ha precisato il premier italiano Mario Draghi che, intervenendo in conferenza stampa dopo il vertice ha risposto ad alcune domande dei giornalisti. Sul riconoscimento del governo dei Talebani, “è troppo presto” e contravverrebbe ai principi della comunità internazionale “poiché ciò che avevano promesso non è stato mantenuto” ha detto, precisando subito dopo che le promesse tradite dai Talebani non possono tuttavia diventare un pretesto con cui i paesi ricchi abdichino alle proprie responsabilità. “Quello che dobbiamo evitare è il collasso dell’economia afghana. E poi c’è il rischio di una crisi umanitaria che sta per dilagare, perché l’Afghanistan non ha nessun sostegno dal resto del mondo […]. È un dovere dei paesi più ricchi del mondo evitare la catastrofe”.

 

Il commento

Di Giuliano Battiston, giornalista e ricercatore

Il multilateralismo celebrato dal presidente del consiglio Mario Draghi c’è solo sulla carta, ed è parziale. L’assenza del presidente cinese Xi Jinping e di quello russo Vladimir Putin inficiano la rappresentatività delle posizioni prese sull’Afghanistan oggi. La comunità internazionale fatica a trovare una posizione comune, al di là delle dichiarazioni generiche sulla necessità di aiutare il popolo afghano e sull’esigenza che i Talebani rispettino i diritti fondamentali, specie quelli delle donne, prima che si possa parlare di un eventuale riconoscimento del loro regime. Priva di una strategia condivisa, la comunità internazionale sembra essere unita dal tentativo di scongiurare i pericoli, quantomeno da ciò che è percepito come tale: il terrorismo e i flussi migratori. E il miliardo di euro in aiuti annunciato dall’Ue tamponerà solo una parte dei gravi problemi dell’Afghanistan.

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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Giancarlo Aragona
ISPI Senior Advisor

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