Executive Summary
Nell’ultimo quarto di secolo, l’agenda dei temi in discussione al G7 si è allargata in misura significativa. I governi che detengono le presidenze annuali, un tempo “snelle” e incentrate quasi solo attorno all’organizzazione del summit, si ritrovano oggi a dover mettere in piedi una macchina organizzativa notevole, in un percorso che si snoda per gran parte dei dodici mesi dell’anno solare di presidenza.
Il G7 italiano non fa eccezione, con 11 riunioni Ministeriali a contorno del summit principale che si tengono tra marzo e novembre in sette diverse regioni italiane, e con tutta una serie di riunioni preparatorie di sherpa e sous-sherpa, gruppi di lavoro, engagement groups e molti altri eventi di contorno. Malgrado questa grande mobilitazione pubblica, privata e degli attori della società civile, l’esito del vertice non dipende solo dall’azione del paese che detiene la presidenza, ma è anzi spesso condizionato dal contesto politico internazionale in cui questo si svolge.
Quest’anno il summit dei capi di Stato e di Governo del G7 si terrà in condizioni politicamente diverse rispetto a quelle dell’anno precedente. Alcuni dei leader che giungeranno a Taormina potranno rappresentare infatti posizioni dissonanti rispetto a quelle assunte dal proprio paese ai vertici passati, mentre altri saranno nel pieno di campagne elettorali nazionali. Tutto ciò potrebbe non soltanto rendere più complesso il raggiungimento di obiettivi comuni, ma persino rimettere in discussione risultati che parevano acquisiti nei vertici precedenti. D’altra parte, la coincidenza tra la presidenza italiana del G7 e quella tedesca del G20 apre spazi importanti per una maggiore collaborazione tra gli organizzatori dei due vertici.
In questo approfondimento si è cercato di dare spazio non soltanto ai classici temi “principali” dei vertici, come politica estera, commercio internazionale e sviluppo, ma anche al dialogo in tema di energia, ambiente, sanità e inclusione di genere. Su alcuni di questi temi, i Sette hanno opinioni discordanti: in questo caso il ruolo della presidenza italiana sarà quello di trovare almeno un minimo comune denominatore. Su altri – e si tratta dei temi spesso percepiti come “secondari” – sembrano invece esserci spazi più ampi per proseguire nell’opera di collaborazione e dialogo avviata nei G7 precedenti.
Tra le pieghe e ai margini del vertice, inoltre, le occasioni di incontro e collaborazione saranno molteplici. Non va dunque dimenticato che il grande numero di riunioni ministeriali potrebbe giocare un ruolo nello smussare le differenze tra i paesi, riavvicinando posizioni in prima battuta distanti. Il G7, insomma, non ha il semplice scopo di giungere a una dichiarazione finale dei leader, ma anche quello di riunire attorno a un tavolo i rappresentanti delle maggiori economie mondiali, mettendoli nelle condizioni migliori per raggiungere posizioni di compromesso.
In conclusione, i Sette grandi arrivano al vertice di Taormina in un contesto politico fortemente mutato rispetto a quello in cui si era tenuto il summit di Ise-Shima nel maggio 2016. Ma proprio i tanti rischi che si sono andati via via accumulando fanno sì che il vertice possa rappresentare un’occasione importante per ribadire il ruolo della presidenza italiana. Che dovrà essere quello, come dice lo slogan del vertice di quest’anno, di “costruire le basi di una fiducia rinnovata”.