Gli scenari più plausibili circa l'evoluzione (o involuzione) della Russia sono di tipo inerziale. Tuttavia questo genere di sviluppi può a volte verificarsi in modo repentino lasciando spazio a contraccolpi a sorpresa. È stato il caso ad esempio dell'occupazione della Crimea nel 2014, dell’azzeramento del conteggio dei mandati di Putin e dell'avvelenamento di Alexei Navalny nel 2020, o infine dell'avvio dell’”operazione speciale" nel 2022. Anche nel conflitto in corso, abbiamo assistito a più di una scossa improvvisa. Per la popolazione russa, oltre che l'avvio della guerra stessa, il secondo colpo è stato quello legato alla dichiarazione di mobilitazione parziale. Per la popolazione ucraina, all'incubo degli attacchi di terra si è aggiunto quello della guerra missilistica.
Nondimeno, è errato pensare che l'andamento lento ed inerziale degli eventi possa avere conseguenze meno pesanti. I grandi risultati dei sondaggi, il sentimento dominante così come la situazione socioeconomica sono tutte condizioni destinate a degradarsi, lentamente e in maniera inerziale. Sarà un processo di erosione ad esempio quello che il prossimo anno divorerà il tessuto sociale e statale della Russia di Putin: lo sgretolamento degli indicatori socioeconomici, fra cui il reddito disponibile reale della gente comune; il lento deteriorarsi della percezione dei consumatori; la disgregazione del mercato del lavoro, accompagnata da una sostituzione tecnologicamente regressiva delle importazioni e dalla primitivizzazione dell'economia e, di conseguenza, dei posti di lavoro, fenomeni che sommati fra loro porteranno alla diffusione di uno stato di ansia e malcontento. Ma sarà un processo lento e di adattamento, senza crolli, disastri o proteste di massa.
Il nuovo anormale
La violenza, il militarismo, la sacralizzazione dello Stato, la glorificazione della morte per la patria, i sentimenti imperialisti, l'orgoglio per le pagine oscure e mitologiche della storia, tutto questo sta diventando una forma di norma sociale incoraggiata. L'obbedienza anticipatrice, l'indifferenza, l'incapacità di pensare in modo autonomo, prendendo in prestito opinioni dalla televisione e dai funzionari ("chi è in alto sa cosa dice"), tutto questo è diventato un fenomeno di massa. E nonostante l'elevato livello di ansia e il fatto che la stanchezza della guerra inizi già a farsi sentire e nonostante sempre più persone negli ultimi mesi si mostrino favorevoli all'avvio di negoziati pacifici, questa tendenza, ovvero il culto della popolazione russa verso l'obbedienza e l'indifferenza, continuerà ad essere presente anche nel corso del 2023.
Esiste una differenza tra chi sostiene in maniera aggressiva Putin e la sua "operazione" e chi invece esita o non manifesta opinioni e si comporta in maniera opportunistica solamente per vivere in una condizione di relativa pace. Ma esiste anche una differenza tra queste due categorie e il 20% circa della popolazione che non sostiene apertamente né Putin né la guerra. Infine è evidente una differenza di natura generazionale: gli anziani, in particolare le donne (di fatto in Russia molti uomini non arrivano nemmeno ad un'età rispettabile), inclini a ripetere i mantra dei talk show televisivi del Cremlino, si dimostrano più propensi a sostenere qualsiasi iniziativa portata avanti dalle autorità, mentre i giovani lo sono meno. Ma nel complesso, proprio in virtù della struttura demografica della società, sono le generazioni più anziane a decidere per conto dei più giovani come questi devono vivere e per cosa (o per chi) devono morire. Sono loro ad aver votato per Putin, sono loro a sostenere in maniera massiccia l'autoritarismo e la guerra, sono sempre loro ad esprimersi in favore della mobilitazione militare e dell'inasprimento della legislazione nei confronti dei cosiddetti agenti stranieri, della comunità LGBT, ecc.
Tutti questi fattori continueranno ad essere validi anche il prossimo anno, per effetto di inerzia. Una parte importante della popolazione ha scelto di comportarsi come se si trovasse in uno stato di occupazione: con cautela e conformandosi alla norma. E la Russia continuerà a perdere giovani sani e istruiti, negli anni migliori dal punto di vista dello sviluppo economico: persone che cercheranno di fuggire da una nuova possibile mobilitazione o che, consapevoli della mancanza di prospettive in Russia, cercheranno istruzione e lavoro all'estero.
Ostaggi di un autocrate
Putin ha costruito uno "stato di guarnigione" autoritario: uno stato caratterizzato da elementi di totalitarismo, pensato per rispondere ai propri bisogni di sicurezza militare in cui parte della società è costretta a condividere la responsabilità della guerra; gli insegnanti costretti a indottrinare i bambini e gli ideologi a scrivere corsi ideologici speciali per gli studenti. A questo si aggiunge il fatto che per molte categorie di cittadini il cui lavoro dipende dallo Stato, il silenzio non è più considerato sufficiente ed è di fatto imposto loro di esprimere sostegno pubblico verso il regime; la mobilitazione parziale ha trasformato praticamente ogni uomo in un potenziale soldato di Putin.
Questo modello non ha suscitato gravi proteste, salvo per alcuni casi isolati, ed è improbabile che ne possa provocare in futuro. Eppure il crescente stato di ansia tra la popolazione successivo alla mobilitazione, così come l'aumento del numero di persone che sarebbe favorevole ai negoziati di pace, se non è il segnale di un sempre più diffuso malcontento, sicuramente è la manifestazione di una certa stanchezza nei confronti della guerra. Nel 2023 Putin dovrà rivedere più volte i messaggi rivolti alla popolazione, alternando periodi di calma ad altri di mobilitazione, soprattutto da un punto di vista emozionale, ma probabilmente anche in senso militare. Ad oggi questi messaggi non sono stati formulati. Ma diventeranno necessari in quanto proprio nel 2023 inizieranno i preparativi per la principale campagna di mobilitazione del 2024, le elezioni presidenziali russe. La loro cancellazione non avrebbe alcun senso in quanto rappresentano strumento utile a dimostrare alle masse esitanti che la stragrande maggioranza dei compatrioti sostiene ancora il dittatore, e che il modo migliore per sopravvivere in questo sistema è accettarlo come un dato di fatto.
È improbabile che si assista a una spaccatura nelle élite russe. Almeno non pubblicamente. Nessuna cospirazione è possibile fintanto che i membri dell'establishment temono Putin e, cosa più importante, fintanto che l'uno teme l'altro. Sono tutti ostaggi dell'autocrate, si ritrovano con lui sullo stesso sottomarino, da cui o si riemergerà insieme o si affonderà insieme. E per questo, tanto vale servirlo. O almeno fingere lealtà.
Nel 2023, Putin continuerà a sostenere l'idea di una "maggioranza mondiale", che abbracci Asia, Africa e America Latina, regioni geografiche che presumibilmente lo sostengono. Tuttavia, essendo prigioniero di questa illusione, si limiterà ad alienare le ex repubbliche sovietiche (in particolare il Kazakistan) e ad aumentare la dipendenza della Russia dalla Cina.
Eventuali nuove ondate di mobilitazione militare, legge marziale, chiusura del paese, uso di armi nucleari, inasprimento della repressione di massa nel paese, sono tutte opzioni più o meno plausibili per il 2023. Per le generazioni future, questi problemi saranno risolti dagli anziani, che rappresentano la fascia di età predominante al vertice della piramide del potere. Ciascuno di questi eventi potrebbe arrestare il flusso relativamente regolare che caratterizza l'attuale scenario inerziale, ma le ipotesi sul loro verificarsi sono contraddette da argomentazioni di tipo razionale. È altrettanto vero che solo un anno fa erano state molte le argomentazioni razionali contro una possibile invasione dell'Ucraina. E non hanno avuto ragione.