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Commentary

Il nuovo corso della Realpolitik nella partita diplomatica tra Iran e Stati Uniti

02 ottobre 2013

Alla luce dei recenti avvenimenti sviluppatisi nella cornice diplomatica della settimana inaugurale della sessantottesima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha visto una ripresa dell'interazione negoziale tra Iran e Stati Uniti, a pochi mesi dalla elezione a presidente della Repubblica Islamica di Hassan Rohani, è sorto un intenso dibattito sulla verosimiglianza dell'apertura politica esercitata da Rohani stesso e dal suo staff, in primis il ministro degli esteri Yavad Zarif. Ci si domanda, in sintesi, quali siano i margini di manovra da entrambe le parti, quali i dossier che potrebbero finire sul tavolo della contrattazione e, soprattutto, verso quale orizzonte potrebbe indirizzarsi il dialogo USA-Iran, se ancorato solo alle macro questioni del nucleare, della Siria e della questione palestinese, o inquadrato in un più vasto ridisegno degli equilibri geopolitici dell'area. 

La svolta parziale nell'approccio di Teheran, benedetta a quanto pare anche dalla Guida Suprema e, a breve termine, non ostacolata dalla corrente più radicale legata anche ai vertici della Guardia della Rivoluzione, assomiglia più a  un mutamento di tattica che a una drastica revisione del progetto nazionale iraniano: esso infatti rimane fermo nell'obiettivo della sopravvivenza della Repubblica Islamica, da perseguire sia attraverso un'attenta riformulazione della propria diplomazia economica, sia nell'impiego tout-court di tutti le componenti classiche di una strategia nazionale comprensiva: innovazione militare, stabilità delle alleanze, equilibrio interno, mantenimento della reputazione internazionale.

Una politica iraniana pragmatica e "flessibilmente eroica", per utilizzare un termine caro a Khamenei, ha sempre ben presente che i contrafforti della deterrenza di Teheran si contestualizzano geograficamente in tre cerchi concentrici: l'arco internazionale, quello regionale e il fronte interno. Tuttavia, i mutamenti geopolitici innescati dalla guerra in Siria, dalla pressione esercitata dalle sanzioni internazionali sul sistema economico iraniano, dagli equilibri d'area sempre più fragili e mutevoli, grazie ai processi politici scaturiti dalla cosiddetta Primavera araba, hanno reso la proiezione geo-strategica iraniana, essenzialmente la sua prima linea difensiva, incerta e problematica. 

La proiezione temporale degli interessi iraniani necessità di un restyling: lo si deduce in primo luogo dalla situazione siriana: ormai avviata a uno stallo conflittuale con l'esasperazione delle faglie etniche/religiose e il frazionamento del fronte ribelle, la condizione di Damasco preoccupa il governo iraniano su più fronti: il sostegno economico e militare si fa via via più gravoso e incerto nel risultato, la possibilità di una permanenza di lungo periodo di Al Assad al vertice è divenuta difficilmente avverabile. A Teheran rimane unicamente la possibilità di agire nei destini siriani o sostenendo indefinitamente le milizie sciite/alawite (Shabiha) che continuerebbero lo scontro anche in caso di crollo del governo Assad, o partecipando attivamente a livello internazionale al tavolo di contrattazione politica dei destini siriani: in sintesi, verosimilmente l'auspicata Ginevra II.

Dalle conferenze, meeting, interviste, dichiarazioni di questi ultimi giorni, sembra che lo spiraglio negoziale apertosi tra Stati Uniti e Iran si focalizzi proprio sulla necessità di una maggiore inclusione iraniana a livello regionale e internazionale: lo chiedono a gran voce sia Rohani sia Zarif, quando esternano la volontà di partecipare a un gioco diplomatico non a somma zero che certifichi il ruolo iraniano di potenza dell'area del Vicino e Medio Oriente e che tenga conto della conclamata capacità iraniana di temperare le proprie istanze ideologiche con le esigenze più pragmatiche. 

Da parte americana, pur con numerose reticenze e difficoltà dovute in primis alle resistenze e diffidenze israeliane circa il tono e l'intensità dell'apertura di dialogo (e Obama dove sostenere questa settimana il peso della presenza a New York di Netanyahu per l'Assemblea Generale), permane la certezza di non dover ripetere gli errori delle amministrazioni Bush, desiderose di chiudere in un angolo Teheran, stretto tra i bastioni del nuovo Iraq e del pacificato Afghanistan. Bilanciare le richieste israeliane, per la verità molto eterogenee, denotando anche posizioni più concilianti come quelle di Meir Dagan, ex capo del Mossad, Efraim Halevy, anch'egli ex Mossad e Dan Mendor, ministro veterano, con le richieste iraniane dell'apertura di un tavolo di negoziato a breve scadenza sul dossier nucleare, potrebbe apparire arduo. Eppure gli interessi contrapposti trovano decisi punti di contatto: a Obama e alla sua amministrazione l'apertura del fronte diplomatico iraniano conviene sia per stemperare i toni dell'incertezza della politica americana in Siria, sia per allargare il piano della discussione agli equilibri complessivi dell'area, dall'Afghanistan, dove Iran e Stati Uniti temono la revanche talebana dopo la ritirata statunitense e NATO a partire dal 2014 (anno anche di elezioni, a Kabul) alla questione palestinese, nella quale Teheran potrebbe venire meno alla propria campagna di sponsorizzazione in campo sunnita, togliendo il sostegno ad Hamas. 

Si tratta di bilanciare richieste e tempistiche, purtroppo ristrette, sia per esigenza del governo Rohani, "messo alla prova" dall'ala dura del regime, sia per le pressioni a Obama da parte dei Paesi del Golfo e soprattuto dell'alleato più scomodo del momento, l'Arabia Saudita. La faglia saudita/iraniana è uno degli elementi più critici per l'area, per via delle molteplici proxies attivabili dai due contendenti; gli USA, tuttavia  èpotrebbero essere disposti a un approccio a più fasi sul dossier nucleare iraniano, comunque suffragato da decise e necessarie politiche di apertura da parte di Teheran, che tenga conto delle paure arabe ma che allo stesso tempo  èsia consapevole del ruolo oramai stabile e conclamato di Teheran nel dettare gli indirizzi politici anche di un presunto alleato americano, quell'Iraq che ha vissuto negli ultimi anni una guerra nascosta e silenziosa tra Iran e Stati Uniti.

L'inclusione nell'agone regionale, nell'idea iraniana e, forse, statunitense, renderebbe meno necessaria la deterrenza di una minaccia nucleare da parte di Teheran, permettendo, così suonano anche le parole del segretario di stato, John Kerry, di migliorare drasticamente il rapporto con Washington. Piccoli segnali come la nomina dell'arabo iraniano moderato, ammiraglio Shamkhani, gradito ai sauditi e agli Emirati, a segretario del Consiglio Nazionale Supremo di Sicurezza e la designazione di Zarif, l'artefice della collaborazione tra Stati Uniti e Iran in Afghanistan subito dopo l'11 settembre, a ministro degli Esteri, sono segnali da interpretare positivamente in quanto indicativi di distensione, finora certamente solo a parole. L'Iran, nella sua visione geopolitica sempre più orientata a est, ha tutta la convenienza a una parziale intesa con gli americani nel settore afghano: depotenzierebbe il ruolo del Pakistan, ormai stretto amico anche della Cina, grazie al porto di Gwadar, e permetterebbe una maggiore via libera per il progetto economico Indo-iraniano di Chabahar, con forti ricadute positive su Kabul.

Nel gioco diplomatico che avrà una prima fase concreta nella riunione del gruppo dei 5+1 con l'Iran a Ginevra, tra il 15 e il 16 ottobre prossimo, s’inizierà a intravvedere lo  sviluppo dei toni del negoziato: si vedrà quindi se la necessità di prestigio politico avrà imposto un distacco della questione siriana da quella del nucleare iraniano, unicamente nominale nella pratica, e se il piano di inclusione di Teheran eventualmente preparato da Washington troverà d'accordo il governo Rohani e la Guida Suprema, sulla base dei seguenti punti fermi: riconoscimento del prestigio iraniano in cambio di una realpolitik di Teheran che possa ridurre i punti di frizione regionale. La partita è aperta.

Stefano Lupo, Research Fellow presso IranProgress.
 
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