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Commentary

Il Qatar ieri, oggi e domani: luci e ombre di un paese in estrema contraddizione

27 novembre 2013

Negli ultimi anni il Qatar è stato al centro della cronaca poiché, al di là della designazione come paese ospitante dei Mondiali di calcio 2022, l’incredibile decollo economico e il ruolo d’intermediario in importanti episodi di politica internazionale lo hanno reso l’esempio di un modello di modernizzazione mediorientale. Inoltre, le recenti denunce da parte delle più influenti Organizzazioni non governative quali Amnesty International e Human Rights Watch hanno puntato i riflettori sul piccolo Emirato a causa dei maltrattamenti subiti dagli addetti ai lavori degli stadi. L’obiettivo di questo commentary è quello di esplorare luci e ombre di questo paese, partendo da un’analisi economica per giungere alle riflessioni riguardanti il futuro.

In seguito alla scoperta del petrolio (1939) e dei giacimenti di gas naturale (1971), il Qatar ha conosciuto uno sviluppo economico pari a nessun altro paese. Si calcola che dal 2007 il suo Pil pro capite sia diventato il più alto al mondo; nel 2010, in seguito all’aumento del prezzo del petrolio, il Pil aumentò ulteriormente, fino a raggiungere – nel 2012 – i 191 miliardi di dollari (ponendo il Qatar al 59° posto a livello mondiale) accanto a un Pil pro capite pari a 103,900 dollari (fonte: Banca Mondiale). 

Il sistema economico e il carattere rentieristico del paese permettono lo sviluppo e il mantenimento di un sistema di Welfare molto generoso. I servizi pubblici sono gratuiti per i cittadini, dalla sanità all’istruzione pubblica, e gli incentivi per le abitazioni e i pubblici impieghi sono tra i più alti del Golfo – fattori che rendono la nazionalità qatarina una delle più ambite e difficile da acquisire. 

La forte dipendenza economica dalle risorse non rinnovabili ha spinto il governo del Qatar a ricercare nuove fonti di guadagno e d’investimento. Inizialmente si è puntato sulla comunicazione: nel 1996 veniva infatti aperto il primo ufficio di Al Jazeera a Doha, canale che coprì i maggiori conflitti negli anni Novanta. Nel 2004 si puntò sul Qatar Science Technology Park – divenuto free zone nel 2006. Un anno dopo il governo investì in un programma di sviluppo il quale sarebbe stato diretto dal General Secretariat of Development Planning (Gsdp). In seguito a questo progetto è stato lanciato il programma nazionale “Vision 2030” – un classico dei paesi del Golfo, come il Bahrain con il simile “Vision 2030” – il quale contiene le linee guida dello sviluppo del Qatar, tra le quali spiccano uno sviluppo sostenibile e una maggiore diversificazione economica. 

Nel 2009 si è calcolato che soltanto un individuo su sette fosse cittadino del Qatar su una popolazione pari a poco più di 2 milioni (2013) distribuiti su un’area di 11.571 km². Dopo la scoperta del petrolio e a causa di una popolazione non sufficientemente numerosa per il ritmo accelerato dello sviluppo economico nazionale, fu necessario attrarre lavoratori specializzati soprattutto nel settore della costruzione di infrastrutture (come edifici e strade) da impiegare in patria. È evidente come il Qatar dipenda ancora dalle risorse umane esterne al paese per il suo sviluppo economico, fattore che lo rende debole da questo punto di vista. Il governo ha dunque investito su un progetto di “qatarizzazione” nel settore privato per incentivare le aziende e le società private ad assumere una quota fissa di cittadini. Nonostante l’ambizione di questo piano, i qatarini tendono a preferire gli impieghi pubblici a quelli privati, dove i benefit e le pensioni non possono ancora concorrere con il settore pubblico. 

Guardando al futuro, la società qatarina di oggi è dominata da due grandi dilemmi. Il primo paradosso e problema è costituto dal fatto che i suoi membri vor-rebbero vedere diminuire il flusso migratorio verso la loro penisola senza tuttavia rinunciare al ritmo senza sosta con cui il paese sta crescendo economicamente. 

La seconda grande difficoltà con la quale il Qatar si deve misurare è legata alla diversificazione delle entrate. A tale proposito sono stati stanziati ingenti investimenti in settori quali le infrastrutture (i mondiali di calcio del 2022 sono ormai alle porte), la sanità, il turismo e la compagnia nazionale Qatar Airways. Inoltre, si punta a un abbassamento delle tasse sulle importazioni (rimanendo intorno al 5% o meno) e sullo sviluppo di un sistema eco friendly sul quale verrà dirottato il 2,8% del Pil (tra il 2016 e il 2030) per la ricerca. L’ingente commissione ordinata dalla Qatar Airways per l’acquisto di 50 Boing 777X mostra come la strategia fondata sulla diversificazione degli investimenti prosegua nella realizzazione dei propri obiettivi. Il modello inaugurato negli anni ’90 relativo alla diversificazione delle entrate – anche guardando all’inevitabile esaurimento delle risorse non rinnovabili – sembra dunque funzionare e il Qatar, insieme agli Emirati Arabi (che tuttavia non detengono le stesse potenzialità energetiche), si sta distinguendo in campi sempre più alternativi, come le infrastrutture, il turismo e il finanziario. Dove altri stati non stanno riuscendo a “lanciare” queste ultime opportunità d’investimento, il Qatar sta guadagnando consensi e apprezzamenti a livello internazionale.

Il paese, inoltre, non è al centro dell’attenzione mondiale soltanto per quanto riguarda la sua straordinaria prestazione economica, ma anche per il ruolo di mediatore internazionale che ha assunto in questi ultimi vent’anni. Tra gli anni 1996 e 1997 Israele permise l’apertura dell’ufficio commerciale del Qatar nel suo territorio (concessione che venne a sua volta ricambiata) inaugurando così un iter di intese esclusivamente commerciali tra i due paesi. 

Recentemente si è distinto per le sue prese di posizioni in Afghanistan, fungendo da intermediario nei negoziati tra la Nato e i talebani, offrendo in seguito la possibilità di aprire una sede ad hoc a Doha. Nel 2006, periodo in cui occupava un seggio all'interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sfruttò la sua posizione per mettersi in luce durante il conflitto tra Israele e Libano. Infine, in Siria, dove inizialmente aveva appoggiato il regime di Assad, è stato uno degli stati più attivi e volenterosi in sede di negoziati e in termini decisionali. Tuttavia, la sua delicatissima posizione tra il Medio Oriente e l’Iran, lo costringono ad azioni di massima cautela, soprattutto in ambito diplomatico e militare. Nonostante quest’ultima impasse, il credito dato alla stabilità interna e il vantaggio di non aver avuto a che fare in prima persona con le ripercussione della Primavera Araba hanno fatto sì che ancora grande sia la fiducia internazionale nei confronti del Qatar.  

Pare dunque che il modello di sviluppo qatarino incentrato sulla diversificazione degli investimenti stia funzionando. Ma, al di là del successo, molte sono le ombre proiettate sul Qatar.

Nonostante la tesi per cui a uno sviluppo economico possa corrispondere anche un’apertura alla partecipazione politica da parte della società civile, l’emirato dovrà affrontare numerose sfide. Oltre a trattarsi di un sistema ancora molto centralizzato, nel quale la distinzione tra Emirato e Stato non è ancora molto chiara, il generoso sistema di Welfare non potrà tenere a bada le richieste democratiche ancora per lungo tempo e, nonostante una coesa opposizione non sia mai esistita, non vuol dire che avvenimenti futuri non ne permetteranno il consolidamento. Le numerose questioni irrisolte legate alla standardizzazione delle leggi relative ai residenti e lavoratori stranieri – soprattutto quelli originari dell’Asia – in conformità con i Trattati Internazionali relativi al lavoro, costituiscono un ostacolo verso un futuro di sviluppo economico sano e costruttivo. Ed è proprio quest’ultimo aspetto a essere stato richiamato all’attenzione mondiale dalle principali organizzazioni di diritti umani: da Amnesty International allo Human Rights Watch numerose sono state le voci di dissenso dopo i numerosi incidenti registrati durante la costruzione delle strutture che ospiteranno i Mondiali di calcio 2022.

Il mondo, ma soprattutto i cittadini del Qatar, credono nel loro potenziale di sviluppo, sviluppo che sicuramente continuerà a dare vita a nuove forme d’investimento alternativo. La giovane società qatarina vanta un’istruzione universitaria sempre più valida – grazie all’apertura di campus universitari americani e inglesi – e uno slancio imprenditoriale senza precedenti. Una regolazione delle leggi relative ai lavoratori immigrati e uno sviluppo sostenibile faranno del modello qatarino una soluzione vincente. 

Martina Azzalea, Università degli Studi di Torino.

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