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Commentary

Il ruolo anti-crisi delle organizzazioni finanziarie: dagli emergenti alle economie avanzate

30 giugno 2011

Negli episodi di crisi finanziarie che negli ultimi due decenni sono stati frequenti (Messico 1995; Russia e Brasile 1998; paesi asiatici  1997-1998; Turchia 2000; Islanda e paesi dell’Est europeo 2008-2009; Irlanda, Grecia e Portogallo nel 2010-2011) è noto il ruolo di finanziatore di ultima istanza del Fondo monetario in appoggio a programmi di aggiustamento macroeconomico e strutturale. Meno conosciuti sono  gli interventi pure assai importanti in tali crisi sia per volume di risorse che per apporto tecnico nella formulazione dei programmi di ristrutturazione economici e finanziari della Banca mondiale e delle banche di sviluppo regionali. 

A un giudizio superficiale potrebbe apparire che nelle crisi il Fondo monetario è più “efficiente” e i suoi interventi più decisivi. In effetti la realtà è più complessa. 

Il punto essenziale è che nelle crisi finanziarie i paesi subiscono l’effetto negativo di massicce fughe di capitali e perdono l’accesso alle risorse finanziarie dai mercati dei capitali privati (prestiti bancari, accesso alle emissioni di obbligazioni, spesso anche riduzione del credito commerciale per finanziarie le importazioni). In tali situazioni, il bisogno di sostegno finanziario dagli organismi multilaterali pubblici è assai elevato, e le risorse del Fondo monetario, che per la sua funzione di monitorare gli andamenti macroeconomici è di solito il primo a intervenire nelle crisi, sono in genere non sufficienti. I paesi colpiti hanno quindi la necessità di sollecitare anche l’appoggio della Banca mondiale e delle banche regionali di sviluppo, e anche di creditori ufficiali bilaterali come il Giappone (molto attivo nella crisi asiatica) e gli Stati Uniti (sostegno al Messico nel 1995). Nel caso della crisi asiatica, dove i fattori principali che fecero scoppiare le crisi nei vari paesi erano debolezze strutturali nei settori finanziari (rapida espansione del credito interno che condusse banche, società finanziarie, merchant banks a essere sopraesposte e sottocapitalizzate, con crediti in sofferenza elevati), l’intervento di supporto  tecnico della Banca mondiale, nel disegnare e mettere in opera rapidamente piani di ristrutturazione finanziaria, fu specialmente importante a sostegno dei programmi di stabilizzazione macroeconomici, e la Banca creò una unità speciale per potere rispondere più rapidamente ai bisogni di sostegno.  

Quanto alle dimensioni relative dell’intervento del Fondo e degli altri organismi multilaterali, i dati mostrano che nel caso del Brasile e della crisi asiatica il supporto dei prestiti Banca Mondiale ed altre banche di sviluppo è stato di circa l’80% di quello del Fondo. Nel caso del Brasile (1998) lo stand by del Fmi equivalente a 18 miliardi di US$ è stato affiancato da prestiti Banca mondiale e banche di sviluppo regionali per 9 miliardi. Nel caso della Corea (1997-1998) l’appoggio è stato di 21 miliardi di US$ dal Fondo e 14 miliardi da Banca mondiale e banche di sviluppo regionali. Una proporzione simile è stata conseguita nel sostegno a Indonesia nel 2007 e Tailandia nel 1997 (si veda Tabella). 

Nella crisi finanziaria più recente, del 2008-10, di nuovo il Fondo monetario ha assunto un ruolo di leadership nell’organizzare sostegno finanziario a paesi in difficoltà (Islanda, Est europeo, Pakistan) ma l’intervento della Banca mondiale in volume è stato  pure assai importante, sopratutto nella forma di development policy lending. Beneficiari di prestiti importanti a sostegno di riforme sono stati l’Egitto, l’Indonesia, il Brasile e l’India, che non hanno fatto ricorso al Fmi, oltre che Ungheria, Messico e Romania. In un periodo in cui l’accesso ai mercati è diventato difficile e costoso per i paesi emergenti, i prestiti Banca mondiale sono diventati di nuovo attrattivi, dopo che per anni molti paesi emergenti li hanno evitati per non sottoporsi agli  obblighi di riforme di governance  economica che il loro uso comporta.  

Per la Banca mondiale in questi due anni gli impegni in essere sono aumentati di 30,5 miliardi di dollari, di cui 17 miliardi sotto forma di  development policy lending, che sono prestiti a sostegno di riforme strutturali. In tal modo il livello degli impegni di prestito, che era stato stazionario nel quinquennio fino a giugno 2008 a circa 13,5 miliardi di dollari, è saltato a 44 miliardi a giugno 2010. Per il Fmi, i nuovi accordi approvati nei due anni dal maggio 2008 al maggio 2010 sono ammontati a 25 miliardi di Dsp (38 miliardi di US$), se si escludono le linee di credito a sostegno prudenziale per Messico, Polonia e Colombia (Flexible Credit Line) che hanno funzione di rafforzare  le riserve e si prevede non siano utilizzate. Questo ha portato a fine aprile 2010 il livello dei prestiti in essere a circa 40 miliardi di Dsp, dopo che essi erano scesi a 6 miliardi nel 2007. Coi nuovi prestiti a Irlanda e Grecia negli ultimi 12 mesi ed esborsi addizionali sugli accordi di prestito esistenti, il livello degli esborsi ha raggiunto 72 miliardi di Dsp a fine maggio 2011.

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