«Ho perso la fiducia nel presidente Santos e sto valutando l’opportunità di continuare o meno ad appoggiare il processo di pace tra il governo colombiano e le FARC». Con queste parole il presidente venezuelano Nicolás Maduro, eletto il passato mese di aprile, ha commentato l’incontro tra il leader dell´opposizione del suo paese, Henrique Capriles, e il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, avvenuta a fine maggio a Bogotá.
Per non essere da meno, il presidente dell´Assemblea venezuelana ha accusato il governo colombiano di aver incontrato un “fascista assassino” e addirittura il ministro degli Esteri di Caracas non ha avuto dubbi nel dichiarare che a Bogotá si sta preparando «una cospirazione contro la pace in Venezuela», aggiungendo che quest’incontro rappresenta la classica goccia che fa traboccare il vaso della pazienza venezuelana.
La durezza di queste parole ha sorpreso molti analisti, che ricordano come le relazioni tra i due paesi siano state cordiali fin dai tempi dell’elezione di Santos nell’agosto 2012 e non si siano deteriorate neppure dopo la morte di Chávez e l’elezione di Maduro, contestata dal partito dell’opposizione di Capriles a causa di possibili, anche se non dimostrati, brogli elettorali.
E allora perché tanta asprezza nelle affermazioni proveniente da Caracas?
È probabile che parte della ragione vada cercata nelle divisioni interne al chavismo dopo la morte del líder supremo, e in particolare nel difficile rapporto tra il presidente Maduro e Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Venezuelana e numero due del Partito, entrambi interessati ad assumere l’eredità politica di Chávez. La loro posizione rigida e rivendicatoria contro il governo colombiano potrebbe allora essere vista in quest’ottica: gridare forte contro il nemico esterno come faceva il loro predecessore, così da essere considerati dall’opinione pubblica interna e dagli elettori come “più chavisti di Chávez”.
Nella difficile situazione economica che sta vivendo la Repubblica Bolivariana, caratterizzata da una generale scarsezza di prodotti di prima necessità in molte zone del paese e da una conseguente crescente tensione sociale, è dove, secondo molti analisti, va cercata l’altra parte della spiegazione. La dirigenza venezuelana starebbe cioè cercando di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica interna verso un nemico esterno che possa distrarre i cittadini venezuelani dalla crisi.
Il governo colombiano ha, per tutta risposta, cercato di gettare acqua sul fuoco: sia il presidente Santos sia il capo della delegazione di pace del governo, Humberto de la Calle, si sono affrettati a reiterare la loro volontà di non intromettersi nelle vicende interne di altri paesi e l’intenzione di mantenere relazioni cordiali con Caracas. Del resto, il governo colombiano non ha alcun interesse a lasciare alto il livello dello scontro, considerando il ruolo di primissimo piano giocato dal Venezuela nel delicato processo di pace tra Bogotà e la guerriglia marxista-leninista delle FARC. In questo senso, il venir meno dell’appoggio venezuelano sarebbe un durissimo colpo alla sostenibilità di tutto il processo di pace che è nato, lo scorso novembre, anche grazie agli auspici del governo della Repubblica Bolivariana, allora guidato dal presidente Hugo Chávez.
Oltretutto, dopo l’intesa raggiunta il mese scorso dalle parti sul tema “agrario” – la distribuzione delle terre nelle regioni colombiane violentate dal conflitto – esiste un rinnovato ottimismo nell’opinione pubblica colombiana riguardo al risultato delle negoziazioni. L’obiettivo, neanche troppo nascosto, del presidente Santos è quello di raggiungere un accordo su tutti i nove punti del processo di pace entro la fine di quest’anno, così da potersi presentare alle prossime elezioni presidenziali di giugno 2014 con un risultato storico da giocarsi in campagna elettorale. Il percorso è comunque ancora lungo visto che i negoziatori del governo e delle FARC hanno iniziato soltanto questa settimana il dialogo sul secondo punto chiave dei negoziati: la partecipazione degli esponenti della guerriglia alla vita politica del paese.
Neppure al governo venezuelano conviene però esasperare i toni delle scontro, vista la forte dipendenza commerciale del paese dalla Colombia, che esporta in Venezuela prodotti manifatturieri fondamentali per l’economica nazionale in questo periodo di crisi, come alcuni alimenti processati e macchinari industriali.
Ci sono quindi ragioni puntuali e specifiche di carattere politico e commerciale per credere che la crisi generata dalla visita di Capriles a Bogotá sia già rientrata. Rimane però la preoccupazione del governo colombiano per la sproporzione tra l’azione compiuta da Santos e la reazione di Maduro. In questo senso, la domanda che molti si fanno è quale sarà la prossima goccia che farà traboccare il vaso venezuelano. E che ripercussioni potrà avere sullo storico processo di pace colombiano e sulla stabilità della regione.