Per Vladimir Vladimirovich Putin, l'India è “una grande potenza, una nazione amica, un'amicizia collaudata”. Con una sintesi giornalistica più efficace, la BBC l'ha definita una “all-weather partnership”, un legame resistente ad ogni condizione.
Molte cose sono cambiate in quella vasta e popolata parte di mondo fra Asia centrale, meridionale e orientale che la geopolitica del XXI secolo chiama Indo-Pacifico. Ma quasi nulla fino ad allora ha intaccato i solidi e antichi rapporti bilaterali fra Urss/Russia e India. Se, andandosene nel 1947, la Gran Bretagna aveva lasciato in eredità al Subcontinente un forte senso democratico, l'India deve all'Unione Sovietica il suo sviluppo industriale.
Fabbriche gigantesche che le riforme economiche iniziate nel 1991 avrebbero poi faticato a smantellare o rimodernare; ma che per quasi mezzo secolo hanno garantito la sopravvivenza e la crescita indiana. Non solo sul piano industriale. Negli ultimi cinque anni le vendite russe di armi sono crollate del 50%; ma negli ultimi 20 hanno comunque avuto un valore da 35 miliardi di dollari.
Il problema della Difesa indiana è di avere troppi sistemi d'arma diversi. La concorrenza alla Russia viene da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Israele. Ma dal fucile mitragliatore Kalashnikov in su, il 60% degli armamenti indiani continuano a restare di costruzione russa e richiedono costanti rifornimenti di parti di ricambio.
La visita di Vladimir Putin a New Delhi, il XXI vertice bilaterale da quando l'Urss è diventata Russia, è stata accompagnata da diversi accordi economici: entro il 2025 i due paesi contano con un po' di ottimismo di aumentare gli scambi commerciali da 7 a 30 miliardi di dollari. C'è anche stato un importante scambio d'informazioni riguardo al terrorismo islamico nella regione: i possibili rischi di un rafforzamento dell'Isis, ora che a Kabul governano i Talebani, preoccupa i due paesi allo stesso modo.Forse, tuttavia, il segno più importante del rapporto speciale fra Russia e India è che ogni incontro al vertice fra Putin e Narendra Modi, il premier indiano, è accompagnato da un “2+2 Ministerial Meeting”, dettolo in gergo diplomatico: un dialogo approfondito fra i ministri degli Esteri e della Difesa del due paesi.
Questo privilegio l'India lo concede solo a Stati Uniti, Giappone e Australia, i soci del QUAD: nato come un sistema di protezione civile contro gli tsunami, il QUAD si è trasformato in un fronte diplomatico pronto ad essere anche militare, per contenere l'espansionismo cinese.
Ed è qui che si ferma la straordinarietà dell'antico rapporto russo-indiano. Dai tempi dello “specialissimo legame” fra Indira Gandhi e Leonid Breznev, l'Indo-Pacifico è cambiato. L'amicizia resta ma gli interessi di fondo sono cambiati da quando la Cina ambisce ad essere la potenza egemone di questa grande regione. Nell'incontro con Subrahmanyam Jaishankar, il ministro degli Esteri di New Delhi, il russo Sergej Lavrov ha accusato gli Stati Uniti di “cercare di coinvolgere l'India in un gioco anti-cinese”. Si riferiva al QUAD.
Ma se l'India ha deciso di rinunciare alla sua antica e orgogliosa indipendenza dalle alleanze, è perché in quel forum a quattro ha deciso di entrarci lei. La battaglia dell'anno scorso con i soldati cinesi lungo la valle di Galwan, nel Ladakh, ha cambiato radicalmente la postura indiana sul confine himalayano, i rapporti con Pechino e la direzione delle amicizie.
La Russia ha legami importanti con la Cina: sono tali soprattutto in chiave anti-americana, autocrazie contro democrazie. Ma due giganti con 4.100 chilometri di frontiera comune faticano ad essere anche alleati veri. È interessante che Mosca venda armi all'India e Pechino al Pakistan.
Narendra Modi tiene all'amicizia della Russia di Putin: è evidente. È utile anche essere parte dei BRICS, il forum multinazionale con Brasile, Russia, Cina e Sudafrica. Ma la priorità è ormai l’America di Joe Biden: più di un inesistente fronte dei paesi non allineati, all'India di oggi serve un ancoraggio con i paesi democratici per affrontare la vera sfida di oggi e di domani: la Cina di Xi Jinping.